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L'inchiesta - Quando le mafie si combattono a 'colpi' di zappa (foto e video)

Viaggio nelle cooperative sociali che, utilizzando terreni e strutture appartenute alla malavita organizzata, offrono una seconda opportunità a chi, dopo aver sbagliato, vuol lavorare onestamente

C'è chi la mafia, la camorra, le organizzazioni criminali le combatte a 'colpi' di zappa. Non con manette, pistole o un carcere di massima sicurezza ma semplicemente raccogliendo pomodori, olive. Potando vigneti. Le mafie, infatti, perdono potere e credibilità ogni volta che, su una tavola italiana, arriva un prodotto coltivato su un bene confiscato. Preparare un pranzo 'libera tutti' è cosa facile: basta comprare la pasta, le farine, le conserve, l'olio, i vegetali, i legumi coltivati sulle terre confiscate alla camorra in Campania oppure bere un bicchiere fresco di 'Placido': il primo vino "antimafia", prodotto in Sicilia nelle terre di Corleone.

La storia di Peppe della Nuova Cucina Organizzata

NCO è sempre stato l'acronimo di Nuova Camorra Organizzata, la seconda potenza criminale al mondo capeggiata da Raffaele Cutolo che negli anni '80 ha provocato una faida sanguinaria e messo in ginocchio l'intera Campania. Un'organizzazione smantellata dallo Stato con centinaia di arresti. Decine i beni confiscati al 'professore' di San Giuseppe Vesuviano ed ai suoi più stretti collaboratori. Tante le iniziative di legalità che hanno consentito di offuscare una pagina nera italiana. E per rafforzare quella volontà di essere nel giusto in una terra sempre al centro di interessi malavitosi, un gruppo di ragazzi capeggiati da Peppe Pagano, giovane attivista di Libera Campania, hanno dato vita al marchio NCO (Nuova Cucina Organizzata). Nell'omonimo ristorante aperto nel paese, che ha dato i natali e voluto la morte, per mano della camorra, di don Peppe Diana, si utilizzano prodotti coltivati sui beni confiscati non solo al clan dei Casalesi ma anche alle famiglie Cutolo, Lubrano, Nuvoletta, La Torre, Esposito Muzzone per citarne alcuni. A preparare una specialissima 'pasta e patate', grigliate di verdure, pizza e tantissime altre prelibatezze, sono ex detenuti, ex degenti del manicomio criminale di Aversa, ex affiliati e ragazzi provenienti dai paesi dell'Africa devastati dalla guerra. Perché il valore, inestimabile, del progetto NCO è quello di restituire dignità e speranza a chi aveva scelto un percorso di vita sbagliato.

'Fuori di Zucca' e la seconda vita di Gennaro

Era destinato all'emarginazione. Gennaro, ex degente del manicomio di Aversa, oggi è un esperto agronomo. La sua testa non è più 'fuori'. Segue un percorso terapeutico ed ha un lavoro che stimola il suo intelletto. Gennaro riesce a far crescere limoni e pompelmi speciali su quello che una volta era un appezzamento di proprietà di 'Sandokan', al secolo Francesco Schiavone. All'interno del clan dei Casalesi lui aveva un ruolo di 'tuttofare'. Quello che non avendo 'tutte le rotelle a posto' veniva trattato come uno schiavetto. Poi l'arresto, il ricovero nella struttura psichiatrica e poi la salvezza. La cooperativa 'Fuori di zucca' dove Pasquale Guadino e i suoi collaboratori sono riusciti a compiere il miracolo: un'ex masseria utilizzata come base e come luogo di rifugio per latitanti trasformata in una fattoria sociale moderna e all'avanguardia. Qui lavorano Gennaro e tanti altri ex detenuti.

Utilizzo beni confiscati

Il 'Civico Sociale' e l'enogastronomia antimafia

Legalità e lavoro. Enogastronomia e rispetto della Legge. Un progetto senza precedenti per il Lazio quello messo in cantiere da Simona Di Mambro e Carmine Mernini, titolari della trattoria della legalità 'Civico Sociale' che dal novembre del 2017 hanno attuato nel loro locale. Un percorso di degustazione e di assaggio di tutto quello che Madre Natura riesce a creare su terre che 'profumavano di morte e dolore'. Oggi, grazie alle cooperative associate al progetto della legalità fortemente voluto da questi due ragazzi, tutto può essere diverso. E chi intraprende un percorso di vita sbagliato ha la possibilità di redimersi e di essere aiutato. “E’ qui alla trattoria della legalità che arriva la risposta dei beni confiscati alla camorra ed alla mafia facendo si che i prodotti, quelli lavorati dalle persone svantaggiate, dagli ultimi come li chiamano in molti, vengono utilizzati e venduti - affermano Simona Di Mambro e Carmine Mernini - articoli su cui nessuno avrebbe mai scommesso mentre da noi sono sempre stati presenti, basti pensare al Pacco alla camorra che ogni Natale prepariamo con all’interno tutte le tipologie di prodotti. Per non parlare di quante persone vengono ad assaggiarli, dalle forze dell’ordine ai magistrati, ai giornalisti, ai cittadini e tutti li trovano ottimi. Questo è un grande riscatto per tutti noi che da anni ci mettiamo il cuore e spesso subiamo atti intimidatori”. Le cooperative presenti nel gruppo del civico sociale sono: Cooperativa sociale Eureka con Cantina Vitematta, Libera Terra, il Fondo Rustico Amato Lamberti della Cooperativa (R) anticamorra e i prodotti dell NCO (Nuovo commercio organizzato), la Cooperativa Al di là dei sogni, la Fattoria Fuori di zucca e tante altre che si occupano di agricoltura sociale e non solo.

I 'Centopassi' di Placido Rizzotto

Il vino Centopassi è stato il prodotto di lancio del percorso enogastronomico del 'Civico Sociale'. Perché rappresenta l’anima vitivinicola di tre Cooperative sociali che operano nell’Alto Belice Corleonese: la Placido Rizzotto - Libera Terra, la Pio La Torre - Libera Terra e la Lavoro e non solo. Le cooperative coltivano i terreni che sono stati confiscati a Cosa Nostra. Terre che si trovavano precedentemente in stato di totale abbandono e oggi sono coltivate per una superficie di oltre 400 ettari, di cui 90 a vigneto. L’esperienza di Centopassi costituisce un’importante occasione di riscatto sociale e contribuisce a valorizzare e promuovere il territorio siciliano e i suoi vitigni autoctoni. 

Da castello dei Casalesi a scuola per disabili

La vittoria dello Stato sulle organizzazioni criminali si chiama 'Madonna dell'Auricola'. Parliamo di un convento risalente al 1500 ed il cui valore è stato stimato attorno di 55 milioni di euro. Da qualche mese è tornato di proprietà del comune di Amaseno in provincia di Frosinone dopo essere stato, per anni, di proprietà di una famiglia di imprenditori legati al clan dei Casalesi. A riconsegnare l'antichissimo edificio alla comunità, è stata un'indagine portata avanti dalla Direzione Investigativa Antimafia di Roma e dal tribunale delle Misure Preventive di Frosinone. Il vice questore Giuseppe Puzzo, che per un lungo lasso di tempo ha indagato sul nucleo familiare al quale è stato confiscato un patrimonio da 150 milioni compreso anche un panfilo, nel giorno della cerimonia avvenuta alla presenza di don Luigi Ciotti, ha parlato di 'vittoria della gente perbene e del sano associazionismo'. Il sindaco di Amaseno, Antonio Como, nell'immensa area e nell'edificio, sta realizzando una scuola alberghiera riservata a portatori di handicap e giovani affetti dalla sindrome di Down.

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