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Cronaca Arce

Omicidio Mollicone, l'intervista a Marco Mottola e l'ira di Maria Tuzi: "Dica la verità, mio padre era un uomo perbene"

Uno degli indagati per la morte della giovane di Arce parla ai microfoni di 'Quarto Grado' e nel suo 'non dire' sembra prendersi gioco della moralità del brigadiere suicida

Per la prima volta Marco Mottola, uno dei tre indagati (insieme al padre ed alla madre) per l'omicidio di Serena Mollicone, parla ad un microfono. Parla e si scagiona ma non risparmia, nel suo 'non dire', un passaggio rivolto al brigadiere morto suicida, Santino Tuzi. La dichiarazione del sottufficiale morte nel 2008 ha consentito alla Procura di poter arrivare, oggi, a raccogliere importanti elementi di prova che potrebbero portare ad un processo per omicidio volontario ed occultamento di cadavere. Il brigadiere Tuzi, tre giorni prima di morire, ha riferito al magistrato di aver visto Serena Mollicone il primo giugno del 2001. L'ha vista in caserma ad Arce dov'è arrivata poco dopo le 11.30. Tuzi riferisce che fino alle 14.30, orario in cui lui smonta dal servizio, non l'ha più vista uscire.

Il depistaggio continua?

Al microfono della brava Chiara Ingrosso un Marco Mottola sfuggente e dalle risposte vaghe, parlando di Tuzi lascia intendere di essere a conoscenza di alcuni particolari sul carattere e sul modo di lavorare dell'uomo Non solo. Alla domanda della cronista: "hai mai avuto sospetti su Tuzi?", Marco Mottola rispondere 'so alcune cose ma preferisco non andare oltre perchè parliamo di una persona che non c'è più'. Per la famiglia Tuzi è un altro tentativo di depistaggio. Un atteggiamento, quello assunto dall'indagato per l'assassinio di Serena, che ha mortificato e indispettito i familiari del bridagiere e in particolar modo di Maria Tuzi che da quasi dieci anni si batte, insieme al maestro Guglielmo Mollicone per arrivare alla verità. Per arrivare a capire cosa possa essere accaduto in quella caserma e cosa possa aver indotto il padre a togliersi la vita dopo aver rilasciato quella testimonianza importantissima e custodita per sette anni.

L'appello a dire finalmente la verità

"Mio padre era un uomo perbene e se per tutto quel tempo non ha parlato forse l'ha fatto per tutelare noi. Ma non consento a nessuno di infangare la sua memoria. Se Marco Mottola è a conoscenza di fatti riguardanti papà e inerenti l'omicidio di Serena, lo deve dire altrimenti stia zitto. Dovrebbe raccontare la verità. E non limitarsi a far intendere cose non vere. Forse ancora e dopo sedici anni non si è reso conto che sono morte due persone e che da sedici anni due famiglie vivono con un dolore costante nel cuore e nella mente". 

Due morti e un'unica indagine

Il procuratore capo Luciano d'Emmanuele, prosegue a marcia spedita nella ricerca della verità e in settimane c'è stata l'ennesima, importantissima novità: i due fascicoli - quello inerente la morte della diciottenne e quello che riguarda il suicidio del brigadiere - sono diventati un'unica indagine. La perizia della tanatologa Cristina Cattaneo e gli accertamenti dei carabinieri del Ris, hanno consentito ai magistrati del pool composto dal sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo e dal collega Alfredo Mattei, di arrivare a considerare le due morti 'strettamente collegate tra di loro'. Gli esami svolti sulla porta e nell'alloggio in uso all'allora comandante della caserma dei carabinieri, l'ex maresciallo Franco Mottola, e successivamente sul corpo di Serena escludono che la ragazza, prima di morire, possa essere entrata in contatto con il brigadiere Tuzi.

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