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Cronaca

'Infettavano' mail e chiedevano danaro per sbloccarle, incastrati e arrestati dalla Guardia di Finanza

A finire in carcere Peter Palladini e Giampiero Di Palma; obbligo di firma per altri cinque

Un sistema perfetto, consolidato, senza sbavature, che ha consentito a sette persone residenti a Frosinone di poter incassare in maniera illegittima, migliaia di euro. Due le persone fine in cella, Peter Palladini e Giampiero Di Palma  mentre, per le altre cinque, il Gip ha concesso come misura cautelare l'obbligo di firma. Tutti devono rispondere di associazione per delinquere finalizzata all'estorsione, alla frode informatica ed all'autoriciclaggio: è stato anche disposto il sequestro di tutti i beni riconducibili al gruppo, in particolare i conti correnti su cui transitavano i soldi frutto delle frodi.

Indagine del Nucleo Polizia Valutaria e Gruppo Antifalsificazione Monetaria

A scoprire e smantellare un gruppo criminale che richiedeva "riscatti" in bitcoin sono stati gli investigatori Nucleo Speciale di Polizia Valutaria e del gruppo Gruppo antifalsificazione monetaria diretti dal tenente colonnello Calogero Sciabetta in stretta collaborazione con il procuratore capo di Frosinone, Giuseppe De Falco che ha seguito le indagini in prima persona. I 'sette uomini virus' avevano studiato e messo in atto in modo alquando ingenioso di "sequestrare" i computer e poi chiedere un riscatto per restituire i dati. La mente, secondo quanto ricostruito dagli investigatori delle fiamme gialle, era un esperto di informatica: Peter Palladini, di 41 anni. Era lui che individuava la mail da 'infettare' con un virus e la bloccava. Poi, con un messaggio a finestra che compariva sullo schermo, invitava la vittima ad accedere ad un sito attraverso il quale, dietro il pagamento anche di 400 euro, poteva 'liberare' il pc dall'intruso. A gestire la parte 'commerciale' era invece, come emerge dalle indagini, Giampiero Di Palma, classe 1980, nato a Frosinone ma residente a Prossedi.  

Un 'modus operandi' perfetto e difficile da dimostrare

Il pagamento da parte dell'ignara vittima, però, doveva essere effettuato solo in bitcoin, la valuta virtuale che rende più difficile il tracciamento della transazione. Sono state una quarantina di carte ricaricabili utilizzate dal gruppo per far transitare i soldi. In anno i sette frusinati avrebbero incassato, secondo quanto accertato dalle Fiamme Gialle, oltre un milione di euro in un anno. Le analisi della Finanza hanno quindi ricostruito tutte le fasi della frode: prima alcuni componenti riuscivano a inserire nei pc degli utenti prescelti il virus denominato "criptolocker" con il quale bloccavano l'uso dello strumento informatico; poi, per poter nuovamente utilizzare le funzioni del device i proprietari erano costretti a pagare un riscatto che veniva accreditato su carte di credito ricaricabili intestate a dei prestanome. I finanzieri hanno anche ricostruito i successivi movimenti di denaro che, dalle carte ricaricabili, confluiva prima su conti correnti nazionali e, successivamente, all'estero.

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