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Cronaca Arce

Delitto Mollicone, Dna per due donne residenti in Polonia

Il magistrato ed un pool di carabinieri in trasferta vicino Varsavia per interrogare e prendere le impronte digitali a coloro che, qualche giorno dopo la morte di Serena, sono improvvisamente sparite da Arce

Diciassette anni di silenzio e la sparizione improvvisa da Arce, nei giorni successivi all'omicidio di Serena Mollicone. Due donne residenti in Polonia, e che per un lungo periodo hanno vissuto nel paese della studentessa uccisa nel giugno del 2001, sono state sottoposte al test del Dna ed al prelevamento delle impronte digitali. Una trasferta, quella del magistrato della Procura di Cassino e di un pool di carabinieri, che si è resa necessaria a fronte di nuovi elementi emersi nel corso delle indagini. 

I fatti

Il sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo accompagnata da due investigatori dei carabinieri e da un esperto di genetica del Reparto Investigazioni Scientifiche, è volata nell'Est Europa. Qui, in una cittadina situata ad un centinaio di chilometri da Varsavia, risiedono due donne che per diverso tempo hanno vissuto in Italia e nella comunità di Arce. Perchè proprio in Polonia? Cosa possono aver nascosto per così tanto tempo le due donne? Il loro ruolo quale potrebbe essere stato? Quesiti che necessitano di una risposta e che solo l'esito degli accertamenti potrà dare. Un elemento certo è che la Procura non si è mossa a caso. Il cerchio inizia a stringersi sempre più nonostante la proroga di due mesi concessa dal Gip. 

Il frammento di vernice

Microscopici frammenti di vernice sono stati rinvenuti sul nastro adesivo che avvolgeva le mani ed i piedi di Serena Mollicone. Con lo stesso scotch l'assassino ed i suoi probabili complici hanno sigillato il sacchetto di plastica infilato poi sulla testa della diciottenne di Arce che è morta soffocata, dopo una lenta agonia. Su quel lembo di materiale potrebbero essere state lasciate tracce di DNA.

La perizia

Per questo motivo lo scorso mese di maggio il procuratore capo Luciano d'Emmanuele e il sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo, magistrato titolare dell'inchiesta, hanno convocato tutte le parti: gli avvocati dei cinque indagati, l'avvocato della famiglia Mollicone e i carabinieri del Reparto Investigazioni Scientifiche di Roma. Un faccia a faccia a cui ha fatto seguito il conferimento dell'incarico ad un esperto di genetica. Il luminare, unitamente ai periti di parte, dovrà quindi esaminare quei frammenti vernice. In realtà i biologici dell'Arma dei Carabinieri sono riusciti ad isolare non solo la vernice ma anche altri elementi sui quali vige il massimo riserbo. Quindi l'incarico servirà a comprovare quanto già i carabinieri del comando provinciale di Frosinone, coordinati dal colonnello Fabio Cagnazzo, sospettano.  

Gli indagati

La Procura ha concentrato l'attenzione su una rosa di sospettati. Cinque le persone che sono indagate: l'ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, Franco Mottola, la moglie Anna ed il figlio Marco. Nei loro confronti il capo di imputazione è pesantissimo: omicidio volontario. Nei guai sono finiti anche l'ex vice comandante della stazione dei carabinieri, il luogotenente Vincenzo Quatrale che deve rispondere oltre che del reato di 'concorso morale in omicidio' anche di 'istigazione al suicidio'. I magistrati credono che l'indagato non avesse messo in atto le dovute cautele necessarie ad evitare la morte volontaria del brigadiere Santino Tuzi. Ultimo indagato, ma per favoreggiamento, risulta essere l'appuntato Francesco Suprano. Per gli inquirenti potrebbe essere stato colui che avrebbe sostituito la porta dell'alloggio di servizio contro la quale Serena ha sbattuto violentemente la testa. Un urto provocato da un cazzotto o da uno schiaffo. 

I complici

Nel quadro probatorio disegnato dagli inquirenti non meno rilevante potrebbe essere la figura di eventuali complici che potrebbero aver aiutato gli indagati a spostare il corpo della povera studentessa liceale dalla caserma al bosco di Fonte Cupa. Per 'trasferire' la ragazza dalla struttura militare al luogo dove poi è stata ritrovata morta potrebbero aver utilizzato un furgone contenente polvere di cemento o gesso. Questo tipo di materiale, infatti, è stato rinvenuto sugli abiti indossati da Serena. Un elementi emerso a distanza di tanti anni e grazie agli strumenti utilizzati ed agli accertamenti effettuati dall'anatonomopatologa Cristina Cattaneo che per oltre un anno e mezzo ha 'studiato' il corpo di Serena riesumato e trasferito presso l'Istituto di Medicina Legale di Milano. 
 

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