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Cronaca Alatri

Processo Morganti, l'avvocato Pavia: "Si è trattato di un vero linciaggio e non di una rissa"

Il legale di parte civile nella sua replica ha puntato l'indice su Franco Castagnacci che avrebbe impedito all'amico di Emanuele di soccorrerlo istigando gli altri a colpire il ragazzo

Processo Morganti, il pubblico ministero recplica alle difese che nella scorsa udienza avevano evidenziate lacune nelle investigazioni e testimoni inattendibili. Ieri in aula il pm Vittorio Misiti ha ribattuto a tutte le contestazioni sollevate. Si tratta di quattro persone Mario e Franco Castagnacci, Paolo Palmisani e Michel Fortuna che debbono rispondere di omicidio volontario. Va da sè che le indagini sono state svolte con dovizia di particolari. Secondo la pubblica accusa i test che sono stati  portati in aula dalla procura sarebbero più che attendibili. 

Secondo i legali difensori non esistono prove certe

Secondo gli avvocati Bruno Giosuè Naso e Cristhian Alviani che hanno controreplicato al pm questo è un processo dove non esistono prove certe. E senza prove schiaccianti deve subentrare quello che viene definito il ragionevole dubbio. Di diverso avviso la procura che avrebbe portato avanti l'inchiesta senza trascurare il benchè minimo particolare. Una tesi avallata dall'avvocato di parte civile Enrico Pavia (video in basso) il quale ha sostenuto che non si può assolutamente trasformare il reato di omicidio volontario in rissa aggravata in quanto la sera del 24 marzo del 2017 momento in cui Emanuele Morganti venne colpito a morte, nessuno degli imputati era stato refertato in ospedale. Segno questo che c'era stato un linciaggio vero e proprio nei confronti di una sola persona.

L'istigazione di Franco Castagnacci 

Secondo il legale dovrebbe essere rivista anche la posizione di Franco Castagnacci per il quale i pm hanno chiesto 24 anni di carcere. Nelle sue deposizioni a detta del legale sarebbero state riscontrate molte falsità riguardanti il fatto che aveva fermato  Gianmarco Ceccani, amico del cuore di Emanuele, perché temeva che potesse farsi male scavalcando un muro di cinta.   Quel muretto, così come risulterebbe da un sopralluogo era troppo basso ed il  ragazzo avrebbe potuto scavalcarlo e soccorre così il suo amico. Invece, Castagnacci glielo aveva impedito. Ma c'è di più: l'uomo avrebbe incitato coloro che stavano  picchiando Emanuele e ad ammazzarlo. A verbale sarebbero state messe le parole pronunciate in dialetto che volevano dire: "uccidetelo". La sentenza è prevista per il 26 luglio

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