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Colleferro, Giunta comunale monogenere superata dalla legge di riforma degli enti locali

L’Italia nei prossimi cinquant’anni potrebbe aver raggiunto la effettività parità tra i sessi e non dover più ricorrere alle quote di genere, che oggi sono uno strumento legislativo indispensabile per favorire il raggiungimento dell’uguaglianza...

L’Italia nei prossimi cinquant’anni potrebbe aver raggiunto la effettività parità tra i sessi e non dover più ricorrere alle quote di genere, che oggi sono uno strumento legislativo indispensabile per favorire il raggiungimento dell’uguaglianza tra i sessi. Proprio in questi giorni, in vista delle elezioni europee ed amministrative del 25 maggio 2014, sono state introdotte nuove norme in materia di rappresentanza di genere, che incideranno in maniera significativa sulla composizione degli organi degli enti locali e sul sistema di elezione del Parlamento europeo.

Esse consentiranno alle candidate che si impegneranno di essere realmente elette consigliere e/o nominate assessori.

La prima importante novità è contenuta nella legge, approvata il 7.4.2014, n. 56, c.d. Delrio, sull’ abolizione delle province: "Nelle Giunte dei Comuni con popolazione superiore a 3 mila abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misure inferiore al 40 per cento con arrotondamento aritmetico".

La norma fissa in termini perentori la soglia "minima" del 40 per cento sotto la quale la Giunta comunale non può scendere. Il legislatore ha così tradotto in norma il principio di proporzionalità e di effettività sulla parità di genere, finora affermato solo per via giudiziaria.

La seconda novità è contenuta nella legge approvata il 9 aprile 2014 sull'elezione del Parlamento europeo, che ha introdotto alcune garanzie per rafforzare la rappresentanza di genere sulla falsariga della normativa dettata dalla legge n. 215/2012, di cui si parlerà più avanti; un regime transitorio solo per il voto del 2014 ed una più decisa disciplina per quelle del 2019.

Ricordiamo che le elezioni europee si svolgono ogni cinque anni in tutti i Paesi dell'Unione; il sistema elettorale è proporzionale con soglia di sbarramento del 4 per cento, con possibilità di voto di preferenza (da una a tre); i seggi sono assegnati nel collegio unico nazionale, a liste concorrenti presentate nell'ambito di cinque circoscrizioni (molto ampie).

Le nuove norme prevedono che nelle liste di candidati presentate da ciascun partito nessuno dei due sessi sia rappresentato in misura superiore ai due terzi; in caso di violazione si applica una riduzione dei rimborsi elettorali.

Sono, comunque, inammissibili liste che non prevedono la presenza di candidati di entrambi i sessi, ecc. Il sistema transitorio prevede, solo per il 2014, la cd. tripla preferenza di genere: nel caso in cui l’elettore decida di esprimere tre preferenze, queste devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l’annullamento della terza preferenza. Questa norma di garanzia scatta solo se l’elettore manifesti tre preferenze; infatti se decide di esprimerne due può attribuirle a due candidati dello stesso sesso.

Dal 2019 è previsto che per assicurare l'equilibrio di genere nella composizione delle liste elettorali i candidati dello stesso sesso non possono essere superiori alla metà; i primi due candidati della lista devono essere di sesso diverso; in caso di violazione si arriva alla cancellazione e ricusazione della lista.

A livello comunale per l’elezione di Sindaco e Consiglio comunale si applica la Legge 23.11.2012, n. 215, che ha introdotto la cd. quota di lista (nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi, con un sistema di penalizzazioni in caso di violazione per Comuni fino 5 mila abitanti) e la cd. doppia preferenza di genere (anziché una, come previsto dalla precedente normativa purché di sesso diverso, pena l’annullamento della seconda preferenza, ferma restando sempre la possibilità di esprimere una sola preferenza). Anche nei Comuni fino a 15 mila abitanti è previsto che le liste dei candidati assicurino la rappresentanza di entrambi i sessi. La legge n. 215/2012 prevede inoltre che negli Statuti comunali siano introdotte norme per “garantire” - non semplicemente “promuovere” - la presenza di entrambi i sessi nelle Giunte e negli organi collegiali non elettivi del Comune, compreso l’obbligo di adeguare Statuti e regolamenti entro sei mesi. Proprio quest’ultimo obbligo, scaduto il 26 giugno 2013, risulta totalmente disatteso dall’Amministrazione comunale di Colleferro che non ha adeguato il proprio Statuto, neanche dopo l’ordinanza del Consiglio di Stato del 12 novembre 2013, cui è ricorso il Sindaco Cacciotti contro la sentenza del TAR Lazio proposto dal gruppo Consulta le Donne. Il Tribunale amministrativo ha infatti accolto il ricorso presentato dal gruppo Consulta le Donne contro la Giunta comunale di Colleferro formata da soli uomini. La questione sarà decisa il 15 aprile dal Consiglio di Stato, ma il nuovo quadro normativo delineato dalla riforma degli enti locali ha modificato radicalmente la situazione a livello nazionale, facendo di fatto venire meno la pregnanza della questione di rilievo locale. Le modifiche costituzionali nel 2001 dell’art. 117 (“Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.”) e nel 2003 dell’art. 51 vanno oltre il principio della parità formale a favore dell’uguaglianza sostanziale ed hanno aperto la strada all’accettazione e all’adozione di misure attuative da non confondere con le c.d. quote rosa. Su questo punto la sentenza n. 4/2010 della Corte costituzionale ha stabilito che: «Il quadro normativo, costituzionale e statutario, è complessivamente ispirato al principio fondamentale dell’effettiva parità tra i due sessi nella rappresentanza politica, nazionale e regionale, nello spirito dell’art. 3, secondo comma, Cost., che impone alla Repubblica la rimozione di tutti gli ostacoli che di fatto impediscono una piena partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica del Paese. Preso atto della storica sottorappresentanza delle donne nelle assemblee elettive, non dovuta a preclusioni formali incidenti sui requisiti di eleggibilità, ma a fattori culturali, economici e sociali, i legislatori costituzionale e statutario indicano la via delle misure specifiche volte a dare effettività ad un principio di eguaglianza astrattamente sancito, ma non compiutamente realizzato nella prassi politica ed elettorale.» Non vi è dubbio che le “Le sentenze e le leggi sono importanti perchè aiutano a far compiere passi avanti, ma il vero progresso nelle relazioni umane si realizza attraverso la cultura, nelle sue infinite forme..” (comunicato stampa del gruppo Consulta le Donne del 26.10.2013). Ina Camilli del gruppo Consulta le Donne volantino 40di100

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