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Monterotondo, Marilena: "Vi racconto mia figlia e la sindrome di Rett", raccolta fondi domenica in piazza

Da domenica prossima, 15 marzo, e poi il 22 e il 29 marzo, a inizio della Passeggiata, in viale Bruno Buozzi, sarà allestito uno stand dell’associazione UNIRETT onlus. I volontari e i genitori dei bambini affetti da Sindrome di Rett forniranno...

Da domenica prossima, 15 marzo, e poi il 22 e il 29 marzo, a inizio della Passeggiata, in viale Bruno Buozzi, sarà allestito uno stand dell’associazione UNIRETT onlus. I volontari e i genitori dei bambini affetti da Sindrome di Rett forniranno informazioni e raccoglieranno fondi, tramite la vendita di campane di cioccolato, in occasione della Pasqua.

"A nome dell'associazione UNIRETT Unione Italiana Rett onlus ringrazio il Comune di Monterotondo nella persona dell’Assessore Alessandro Di Nicoladichiara Jolanta Saran, presidente dell’Associazione “È la seconda volta che la città di Monterotondo ci ospita e, conoscendo ormai la generosità dei cittadini, siamo certi del grande successo che avrà la vendita delle campane”.

“Quello di "mettersi in piazza" è un modo semplice e diretto per avvicinare la nostra realtà a chi può, con un semplice gesto, sostenere il nostro grande progetto, cercare ogni giorno di far stare sempre meglio le bambine e ragazze Rett e regalare loro una vita più "normale" possibile” ha concluso. Trenta le famiglie che nel Lazio fanno parte dell’associazione, tra cui quella di Marilena e Paolo, genitori di una bimba di sette anni, colpita dalla Sindrome di Rett, che vivono a Monterotondo da circa cinque anni. Marilena, con grande disponibilità, ha raccontato a noi di lanotiziah24 la storia di sua figlia. Dagli aspetti più semplici della vita quotidiana, alla comunicazione delle emozioni, nulla è più dato per scontato. La sensibilità è il filo conduttore della comunicazione tra genitori e figlia: lo sguardo, il perno. Trasportandoci nella vita quotidiana della sua famiglia, Marilena, 44 anni, di origini pugliesi, ci ha raccontato come sono cambiate le cose, dal momento della diagnosi a oggi. Che cos’è la Sindrome di Rett e come si manifesta?

La sindrome di Rett è una malattia dello sviluppo neurologico che si manifesta prevalentemente nei primi due anni di vita. La malattia, di origine genetica, nella sua forma più classica riguarda solo le bambine e colpisce una bambina su diecimila. Non ci sono cure, ma è importante dare alle bambine continui stimoli attraverso le terapie.

Come avete capito che vostra figlia era stata colpita dalla Sindrome di Rett?

Avevo notato alcuni atteggiamenti che m’insospettivano: nella fase dai sei agli otto mesi non si girava da sola nel letto, non afferrava, non reagiva agli stimoli come tutti gli altri bambini. Il pediatra ci disse che era “per pigrizia” fino a quando, a seguito di un banale ricovero per altre cause, facendo degli accertamenti, i medici hanno iniziato a capire che qualcosa non andava. Quando avete avuto la certezza?

Quando ci siamo trasferiti a Monterotondo, dalla Puglia, per motivi lavorativi. Il Professor Leuzzi, in neuropsichiatria, in via dei Sabelli, a Roma, ha capito subito che si trattava della Sindrome di Rett. La bambina aveva compiuto due anni.

Com’è cambiata la vostra vita da allora?

C’è stato un periodo durissimo, durante il quale si è manifestato il picco della malattia: mia figlia non si voleva mai staccare dal mio corpo. La perdita dei movimenti di mani e piedi e anche la mancanza del linguaggio, solo alcuni dei sintomi. Il peggiore era di non riuscire ad assimilare il cibo: molti alimenti, ma soprattutto i liquidi, le provocavano continui problemi gastrointestinali. È stato un periodo tremendo. Adesso la piccola mantiene il contatto visivo, sorride, riusciamo a comunicare attraverso dei segnali tutti nostri e grazie a delle illustrazioni visive. Nonostante questo, però, non riesce a camminare e non comunica attraverso il linguaggio, inoltre è continuamente a rischio di crisi epilettiche. Con il tempo avete verificato dei piccoli miglioramenti, cosa ha permesso a sua figlia di non peggiorare?

Le terapie mirate, come quelle di neuro-cognizione, ad esempio. Mia figlia fa tantissime ore di terapia a settimana, quelle passate gratuitamente dalla Asl sono poche, per fortuna io e mio marito lavoriamo e quindi abbiamo la possibilità, seppur con tanti sacrifici, di coprire le spese che riguardano terapie specifiche. Altri genitori, con la stessa problematica, si trovano anche senza lavoro, quindi impossibilitati a offrire alle proprie figlie il supporto necessario per stare meglio. Da qui nasce l’idea della Onlus.

L’impressione di molti genitori, con figli affetti da sindromi rare, è quella di sentirsi abbandonati, voi condividete questa sensazione?

Gli intoppi burocratici, per ricevere le attenzioni necessarie, a livello nazionale, sono molti. Il servizio sanitario è scarso. Noi sentiamo di dover ringraziare molto il Comune di Monterotondo, che ci è sempre stato molto vicino, attraverso l’assistenza a domicilio, ma non solo. Ringraziamo la maestra di mia figlia, Chiara Coltella, che è una persona splendida. La neuropsichiatria di Tor Vergata e il Centro dell’Ospedale S.Alessandro, nella figura del direttore della clinica, che ci ha dato gli spazi per poter fare delle terapie riabilitative, ma c’è ancora molto da fare. Qual è la cosa che vi dà forza?

Per quanto possibile, noi genitori cerchiamo sempre di mantenerci sereni, pur soffrendo interiormente, per trasmettere serenità a nostra figlia e vederla sorridere.

E’ importante cercare di non alimentare la rabbia, perché la bambina, dotata di una sensibilità molto più sottile, ne risentirebbe, senza alcun beneficio. di Marta Rossi 2015_PASQUA di SOLIDARIETA' UNIRETT-SantAlessandro INVITO

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