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Cronaca Cassino

Traffico illecito di rifiuti, la Procura Distrettuale Antimafia chiude le indagini

L'operazione 'Maschera' messa a segno dai Carabinieri Forestali di Frosinone vede coinvolti nomi eccellenti del panorama imprenditoriale e politico della provincia.

Traffico illecito di rifiuti, truffa aggravata e frode pubblica questi i reati che la Procura Distrettuale Antimafia di Roma, che ha concluso le indagini, contesta a 31 persone, tra imprenditori (i fratelli Navarra di Ferentino e la Ferone srl di San Vittore del Lazio), politici e liberi professionisti residenti o con attività in provincia di Frosinone. Parliamo dell'operazione 'Maschera', messa a segno dai Carabinieri Forestali del comando provinciale di Frosinone e coordinata in prima battuta dalla Procura di Cassino. L'inchiesta - coordinata dagli uomini del colonnello Giuseppe Lopez e del maggiore Vito Masi, ha seguito due filoni investigativi ben precisi.

Il codice Cer

Il primo vede al centro delle verifiche lo smaltimento di ingenti quantità di rifiuti pericolosi, declassificati a non pericolosi, avvenisse all'interno della società Mad di Roccasecca (indagati il titolare Valter Lozza e diversi collaboratori). Un modus operandi che avveniva attraverso l'utilizzo del codice Cer (Codice Europeo Rifiuti) a “specchio” sugli scarti che avrebbe dovuto indicare la non pericolosità dei rifiuti. Le indagini dei Forestali unitamente alle analisi effettuate da Arpa e CTU, successivamente nominati anche dalla Procura di Roma, avrebbero accertato non solo una presunta superficialità nelle analisi eseguite (motivo per cui la Procura ritiene ci sia stata la complicità dei laboratori di analisi privati) ma anche la conseguente classificazione errata. Una probabile “declassificazione” degli scarti da pericolosi a non pericolosi avrebbe consentito alle società di smaltire all'interno della Mad di Roccasecca ingenti quantità di rifiuti. Questo a vantaggio delle ditte che ne avrebbero tratto un enorme profitto derivante dalla differenza dei costi di smaltimento. 

La frode sui costi

Il secondo filone investigativo ha fatto finire sotto la lente della Distrettuale Antimafia il recupero dei Rifiuti Solidi Urbani da parte della Saf Spa (in questo caso a finire sotto inchiesta sono stati i vari presidenti che si sono succeduti nel tempo e il direttore Roberto Suppressa). Le indagini hanno fatto emergere un probabile scarso e/o inefficace trattamento dei rifiuti urbani sia indifferenziati che differenziati. Ciò avrebbe determinato una maggiore quantità di rifiuti conferiti alla Mad (con maggiori costi di smaltimento da parte della Saf) e di conseguenza gli odori nauseabondi derivanti dalla scarsa bio-stabilizzazione e anche una maggiore produzione di percolato. Motivi questi che avrebbero determinato anche l’attribuzione di codici errati Cer ai rifiuti gestiti. In riferimento alla produzione di compost, i consulenti della Procura di Roma ritengono che la SAF avrebbe recuperato una parte insignificante dei rifiuti organici provenienti dai comuni della provincia di Frosinone, che invece hanno versato un corrispettivo alla Società Ambiente Frosinone Spa affinché tali rifiuti venissero recuperati. Tale ipotesi spiegherebbe i reati di truffa aggravata e frode in pubbliche forniture a danno dei 91 comuni della provincia di Frosinone. Una presunta frode che avrebbe consentito agli indagati di trarre un profitto dal valore di oltre 26 milioni di euro. Il colleghi difensivo degli indagati è rappresentato dagli avvocati Sandro Salera, Paolo Marandola, Marco Pizzutelli, Maurizio Frasacco, Danilo Iafrate, Piero Frattarelli, Enrico Porretti, Gianluca Ubertini e Stefania Ielo.

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