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Acquisto ex Banca d'Italia, Riggi e Scasseddu contrari: "Ecco perché abbiamo votato no"

“Bilancio del comune sempre più povero, però l'amministrazione decide di aumentare le spese, acquistando la sede dell'ex Banca d'Italia. Un comune che ha difficoltà a garantire servizi necessari ai cittadini non può pensare al superfluo”

Ventuno voti a favore, due contrari alla delibera per l'acquisizione di Palazzo Munari, ex sede della Banca d'Italia e prossimamente nuova casa del Comune di Frosinone. Il Consiglio comunale del capoluogo ha dato il via libera all'acquisizione durante la seduta del 24 febbraio. Ventitrè in aula, solo due dell'opposizione si sono opposti alla delibera, Daniele Riggi e Fabiana Scasseddu, entrambi consiglieri indipendenti. Il loro No ha una motivazione ben precisa: evitare una spesa che il comune di Frosinone non può permettersi di affrontare e che andrebbe a gravare sulle spesa corrente, quella destinata ai servizi ai cittadini. In sintesi, nonostante tutti i vantaggi derivati dall'opzione di acquisto del rent to buy, sicuramente innovativa e all'avanguardia, che permette notevoli agevolazioni per l'acquisizione di un palazzo di prestigio del centro storico, resta il problema di fondo: il piatto piange e non è opportuno affrontare una spesa così consistente soprattutto se allo stato attuale l'Ente non è in grado di garantire i servizi essenziali. 

I motivi del No di Riggi e Scasseddu

"Il nostro comune nei prossimi due anni e mezzo dovrà affrontare la fase finale del piano economico decennale di rientro dal debito, per evitare il dissesto economico della città. - spiegano i consiglieri Riggi e Scasseddu in una nota congiunta - Dal 2013 in poi, cittadini e lavoratori dei servizi pubblici hanno dovuto accettare misure di austerità durissime per risanare il bilancio della città: aumento delle aliquote sulle tasse locali, servizi più costosi ma ridotti e meno efficienti, meno risorse per la manutenzione ordinaria e straordinaria della città, blocco delle assunzioni di nuovi dipendenti comunali. Bisogna anche tener conto del fatto che in questi anni la condizione economica e finanziaria del nostro Paese si è ulteriormente aggravata, quindi è probabile che nei prossimi anni oltre ai tagli necessari per ripagare il nostro debito dovremo sostenere altri tagli per risanare il debito nazionale. In questo clima di incertezza e timore, purtroppo, solo una cosa è certa: la situazione dei servizi pubblici nella nostra città ha toccato il fondo.

Meno finanziamenti e più tasse

Non possiamo ignorare alcuni fatti obiettivi accaduti in questi anni, - sottolineano - che ci sono stati testimoniati anche in consiglio comunale: lavoratori di alcuni servizi comunali costretti a lavorare poche ore al mese con stipendi da fame; livello minimo di alcuni servizi non più garantito, basti pensare al caso degli assistenti sociali sotto organico; drastica riduzione del servizio scuolabus e del numero di asili nido comunali e, contemporaneamente, aumento del costo delle tariffe; chiusura totale o parziale di strutture destinate ad attività di carattere sportivo e culturale. Insomma, i cittadini frusinati, che pagano tasse per poter beneficiare di servizi alla persona proporzionati ai costi sostenuti, in questi anni hanno visto le tariffe aumentare e i servizi offerti diminuire, subendo oltre al danno anche una clamorosa beffa. Una situazione, drammatica, aggravata, ulteriormente, dalle politiche di austerità economica e finanziaria dei governi nazionali che, negli ultimi anni, hanno ridotto i finanziamenti agli enti locali e, contemporaneamente, imposto tasse più elevate.

Rischio tagli ai servizi

Appesantire con ulteriori spese il nostro bilancio, in una fase in cui il piano di rientro dal debito non è ancora terminato e all'orizzonte c'è la minaccia di nuovi tagli ai servizi, è, a nostro avviso, una scelta poco prudente e, soprattutto, contraddittoria. Una scelta, per certi versi, anche provocatoria, perché arriva dopo che si è chiesto ai cittadini e ai lavoratori di accettare sacrifici e austerità per risanare le casse del nostro comune. L’acquisizione e la gestione della sede dell’ex Banca d’Italia, inciderà, soprattutto, sulla spesa in conto corrente del nostro bilancio comunale, in altre parole la “spesa quotidiana” dell'ente, che contiene i beni e i servizi da destinare alla cittadinanza. In una città in pieno declino, molto spesso agli ultimi posti nelle classifiche sulla qualità della vita, dove non ci sono più risorse economiche sufficienti per fronteggiare l’emergenza ambientale e sociale che colpisce i cittadini, l’amministrazione, e in generale la politica, non possono permettersi il lusso di pensare al superfluo quando non si può garantire il necessario".

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