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Valle Del Sacco

Ospedale di Colleferro tra carenza di personale, gestione dell'emergenza Covid 19 ed apparecchiature mai arrivate

Il comitato a difesa del nosocomio colleferrino traccia un bilancio dopo le dichiarazioni di Sanna del cambio di Asl e quelle sui lavori al Pronto Soccorso

"Durante l’emergenza della pandemia Covid nella Asl Rm5, a cui appartiene l’ospedale L.P.Delfino di Colleferro, sono venute in superfice e si sono esasperate molte criticità storiche. La quarantena ha demolito le promesse a iosa della Regione Lazio, della Direzione aziendale della Asl Rm5 e dei Comuni del comprensorio. Palestrina “chiuso” e convertito in Centro Covid, Anagni rimasto inutilizzato e il Valmontone Hospital non eroga prestazioni". Con queste parole si apre la nota inviata alla stampa di Gabriella Collacchi, Portavoce e Ina Camilli, Coordinatore del Comitato libero “A difesa dell’ospedale di Colleferro” -  Coordinamento territoriale.

"La politica in questi anni ha minimizzato le problematiche sanitarie e ha tentato di placare le proteste, dandole per risolte e trattandole come argomenti di propaganda elettorale. Carenze, insufficienze e inefficienze che dobbiamo valutare oggi e non al termine della pandemia: non permetteremo che la sanità e il diritto alle cure venga strumentalizzate a fini politici. Non è accettabile che da piazza Italia, a Colleferro, in piena pandemia, non si riferisca di incontri con il Presidente o l’Assessore regionale alla sanità e si scriva sui social “Serve subito più personale”, come se la carenza di organico si scoprisse solo ora o fosse stata causata dall’emergenza del coronavirus.

Mentre il personale rischiava la vita nei reparti Covid, i pazienti non ricevevano indicazioni, venivano lasciati soli dalle strutture sanitarie alla comparsa del virus, non venivano sottoposti al tampone nonostante l’evidenza e per le risposte di negatività dovevano penare. Quando, in alcuni casi, per giorni non si davano alle famiglie notizie dei congiunti ricoverati. L’allarme turn over è stato lanciato da anni in tutte le sedi e spazi pubblici, anni nei quali il personale è stato costantemente sotto pressione, senza che Comuni, Asl e Regione muovessero un dito per bloccare il trend negativo, e adottassero un piano valido a breve, medio e lungo periodo.

Le condizioni di disagio e di stress in cui opera tutto il personale del comparto sanità è un riconoscimento doveroso, ma deve portare alla loro stabilizzazione per migliorare gli standard qualitativi/quantitativi degli addetti e dei degenti. Sono anni che il turn over è bloccato e sarà bene non dimenticare in fretta cosa hanno dovuto affrontare i lavoratori con il Covid 19: il Sindaco Sanna e gli altri Sindaci sanno che il rapporto tra personale e pazienti è fuori legge, ma non hanno spinto in Regione, con il Commissario ad acta per la sanità, Zingaretti, per modificare questo rapporto. Non basta scrivere post sui social o inoltrare una tantum innocenti richieste, dimenticandosi di sollecitarle.

Ora si amplia il pronto soccorso dell’ospedale di Colleferro e a novembre 2018, all’annuncio dello stanziamento di 300.000 €, abbiamo chiesto di sapere chi coprirà i turni giorno/notte e continuiamo a insistere anche con il Sindaco Sanna affinchè si comprenda che la priorità è la dotazione organica.

Non c’è però né nuovo personale, né nuove apparecchiature, che dovevano essere acquistate già 2 anni fa (colonna urologica ecotomografo, jag Laser, Defibrillatori semiautomatici, Defibrillatori alta fascia, elettrocardiografo, Holter ECG, carrelli per emergenza, frigorifero per farmaci, asta cistoclisi, ecografo, ecocardiografo Philips, defibrillatori Biesse medica, carrello elevatore, multifunzione, mammografo per screaning di II livello, portatile per radioscopia, tavolo paziente per apparecchio radiologico, centrale di monitoraggio costituita da una centrale, 4 monitor e 6 telemetrie, monitor multiparametrico).

Ancora oggi in tutta la Asl Rm5 le prestazioni richieste ai Pronto soccorso non possono essere soddisfatte perché non è disponibile un servizio di Radiologia per la diagnostica specialistica, con una risonanza magnetica. Nel 2018 ne erano state promesse tre, per gli ospedali di Colleferro, Palestrina e Tivoli.

I Sindaci non hanno dato “una risposta seria sui servizi ginecologi e pediatrici alla luce della trasformazione in Covid dell’Ospedale di Palestrina”, chiedendone la riassegnazione. Hanno accettato senza protestare la violazione dell’Atto aziendale e la fine del Polo ospedaliero unico Colleferro-Palestrina, a favore di Tivoli, sottraendo servizi, personale sanitario e 80 posti letto, compreso il reparto di ostetricia e ginecologia. Ad oggi non si conosce il futuro dell’ospedale di Palestrina.

Ma sono 5 anni che a Colleferro e ai Comuni montani manca il reparto di pediatria e ginecologia, nonostante sia disponibile una intera Nuova Ala, finita di ristrutturare nel 2015. Eppure si cerca una sede idonea per allestirvi il reparto di oculistica! Così mentre a Palestrina la Regione provvede a finanziare un Centro Covid, a Colleferro la terapia sub intensiva sarà realizzata solo attraverso donazioni di privati!

L’ipotesi poi del Sindaco di Colleferro, condivisa con gli altri Sindaci, di uscire dalla Asl Rm5 ed entrare nell’Azienda 6, deve essere discussa nelle Commissioni e nei Consigli comunali prima di divulgarla sulla stampa. Non è solo una questione di stile istituzionale, che tarda ad essere acquisito, ma di rispetto delle prerogative dei nostri rappresentanti. Così finisce che la proposta di “staccare” Colleferro è un utile diversivo per spostare l’attenzione dai problemi gestionali del Consorzio Minerva a quelli sulla sanità, il campo della prossima campagna elettorale.

Questa proposta non risponde ai bisogni socioassistenziali dei Comuni che chiedono interventi strutturali, potenziamento della medicina territoriale, soprattutto per le fasce più deboli, rafforzamento dei presidi di prevenzione della Asl, ripristino dell’ospedale di Palestrina e dei posti letto per 80 mila utenti, risposta alle richieste di assunzioni per colmare i vuoti in organico e dotazione di strutture sanitarie territoriali, stabili ed organizzate.

La proposta di riorganizzazione della sanità ed anche dei rifiuti in realtà rientra in un poderoso progetto di bilanciamento degli interessi politici ed economici per spostare gli equilibri verso i Castelli romani (NOC, Nuovo ospedale in via Nettunense, una cattedrale nel deserto) e dare una mano al progetto di Zingaretti di riduzione delle Asl e di smembramento della Rm5, ripetendo quello che è avvenuto per l’ARES 118 con l’accorpamento di Tivoli, Monterotondo, Subiaco nella Direzione sanitaria di Lazio nord.

Il progetto è blindare la riorganizzazione geografica della sanità ma è priva di vantaggi per i cittadini, utenti e pazienti, perché non guarda ai loro diritti e non porta più garanzie e più risorse. La Asl Rm6 non è più ricca e i pazienti riceverebbero lo stesso trattamento dalla Direzione centralizzata, in più verrebbero azzerate tutte le problematiche pendenti da anni e si ricomincerebbe a tessere la tela di Penelope nella nuova Azienda, appartenente alla stessa Regione, guidata da un manager scelto dalla medesima Regione: in sostanza non cambierebbe assolutamente nulla in termini di ritorni concreti. Valga per tutti la situazione dell’ospedale di Velletri, del reparto di pediatria e del punto nascita, nonché di quelli di di Anzio-Nettuno: sospesi e accorpati al NOC.

Il progetto infatti non mira a una razionalizzazione del sistema sanitario locale, essendo privo di proposte nuove, di risorse economiche aggiuntive e di un ampliamento dei servizi o di nuovi riconoscimenti a livello universitario, ma è esclusivamente una scelta politica per garantire un percorso clientelare e una continuità di voti a beneficio di un’unica corrente politica".

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