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Valle del Sacco, in quattro rischiano il carcere per l’inquinamento da Beta-HCH

Nelle ore scorse il Pm Paoletti ha chiesto due anni di carcere per i vertici della Caffaro, i responsabili del consorzio servizi e l’ex direttore della Centrale del latte di Roma

Dopo quasi 15 anni di battaglie legali e di manifestazioni in strada finalmente i colpevoli dell’inquinamento della Valle del Sacco, l’ampia zona tra il nord della provincia di Frosinone ed il sud di quella di Roma con oltre 200 mila abitanti distribuiti su 19 comuni, potrebbero avere un nome ed un cognome. Nelle ore scorse, infatti, il Pm Luigi Paoletti – come scrive il quotidiano la Repubblica – ha chiesto la condanna a due anni di reclusione per Carlo Gentile (legale rappresentante della Caffaro srl di Colleferro), Giovanni Paravani (responsabile tecnico del consorzio Servizi Colleferro), Renzo Crosariol (responsabile depurazione delle acque) e Giuseppe Zulli (Ex direttore della centrale del latte di Roma).

La cronistoria dell’inquinamento

Una storia che ebbe inizio nel 2005 con il ritrovamento di oltre 20 bovini adulti morti ai bordi del Rio Santa Maria tra i comuni di Colleferro ed Anagni e dopo le analisi gli ispettori della Asl trovaro tracce di beta-HCH, un sottoprodotto del pesticida lindano vietato dal 1978 e pericolosissimo per la salute pubblica che causa di seri problemi a livello neurologico, cardiocircolatorio, endocrino, immunitario, riproduttivo e renale, nel latte e nelle acque del sottosuolo.

15 anni di battaglie e la creazione del Sin

La zona venne delimitata e fu inserita nel Sin la zona che doveva essere bonificata al più presto. “Oggi il Sin bacino del fiume Sacco – spiega Rita Ambrosino, presidente del circolo di Legambiente di Anagni – si estende per 6.172 ettari fra le province di Roma e Frosinone lungo il percorso del Sacco; attraversa tre importanti agglomerati industriali (Anagni, Frosinone, Ceprano) che includono 19 siti a rischio di incidente rilevante secondo la legge “Seveso”. Bisogna chiarire – aggiunge – che nel protocollo d’intesa firmato a marzo di bonifica in senso stretto si parla solo per l’area della Caffaro di Colleferro: gli altri sette siti del Sin individuati da Arpa come prioritari saranno interessati, per il momento, solo da interventi di caratterizzazione e messa in sicurezza.

Le morti non si fermano

A quattro mesi dalla firma dell’accordo, però, si registrano ritardi nel cronoprogramma sottoscritto: agli atti risulta solo il verbale della conferenza dei servizi per gli interventi sull’Italcementi di Colleferro. Pesa come un macigno l’assenza di dati epidemiologici ufficiali e istituzionali: nella provincia di Frosinone non è ancora disponibile la consultazione del Registro dei tumori. Il V rapporto “Sentieri”, presentato lo scorso luglio, resta l’unica “mappa” di aggiornamento del programma di sorveglianza epidemiologica. Il progetto è iniziato nel 2006, quando si affrontò per la prima volta il tema della salute delle popolazioni residenti nei siti contaminati. L’aggiornamento sul Sin del Sacco, si legge nel Rapporto, “comprende per la prima volta anche un’analisi del profilo di salute infantile, adolescenziale e giovanile attraverso i dati di mortalità e di ospedalizzazione. Nelle risultanze, gli autori di “Sentieri” concludono che “la concentrazione media di betaesaclorocicloesano nel siero è risultata pari a 148 ng/g lipidi, che non si discosta da quanto rilevato nelle determinazioni precedenti, ad indicare che la contaminazione umana è persistente”. Ecco perché la bonifica non può più attendere”.

Le richieste di risarcimento danno

Le parti civili, rappresentate tra gli altri dal Ministero dell’ambiente e dalle associazioni Raggio Verde e Retuvasa, hanno chiesto ingenti risarcimenti per i danni patrimoniali e morali subiti. Ben 26 milioni di euro solo il Ministero. A metà novembre parleranno le difese e poi verrà emessa la sentenza. Dopo le richieste del Pm Paoletti a breve potrebbe arrivare una prima sentenza su questa drammatica vicenda di inquinamento amabientale che ha sconvolto un’intera zona ed ancosa oggi, a distanza di quasi 15 anni, ancora sta avendo gravi conseguenze per la salute di molti, sfortunati, abitanti della zona.

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