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Valle del Sacco, Retuvasa fa il punto sulle bonifiche delle zone inquinate

“Di questo passo, nonostante le promesse della politica, le bonifiche non avranno mai fine”

La Valle del Sacco e la zona di Colleferro sono da troppo tempo conosciuti ai più per la vicenda dei rifiuti pericolosi interrati nelle zone inseguito  definite ARPA 1 ed ARPA 2 sulle quali è iniziata una complessa e molto lunga operazione di bonifica che va avanti da moltissimi anni. A che punto è ora la situazione ce lo spiega RETUVASA, una delle associazioni ambientaliste più attive della zona, che ripercorre gli ultimi mesi.

La nota

“La Relazione della Commissione Bicamerale della XVII Legislatura sul traffico illecito di rifiuti e sulle Bonifiche dei Siti di Interesse Nazionale (SIN), approvata il 28 febbraio scorso – spiegano gli esponenti di RETUVAS - riproduce un quadro ancora più allarmante della precedenteaffermando come “abbia dovuto registrare una serie di problemi in buona parte sovrapponibili a quelli allora evidenziati”. Nella precedente relazione si metteva in luce l’estrema lentezza delle operazioni di bonifica, se non addirittura la stasi, un chiaro fallimento da attribuire alla vischiosità e pesantezza delle procedure. La situazione secondo quanto riportato dall’audizione del Ministro Galletti per questa Commissione riporta da un lato numeri migliorativi, ma nel contempo valuta che lo strumento della Conferenza di Servizi, nonostante sia stato semplificato, risulti essere ancora lento e spesso non risolutivo in particolare per l’approvazione dei progetti di bonifica”.

La logica del risultato

“La Commissione conclude che bisogna perseguire non più una logica procedurale, ma una logica “di risultato” che è capace di coniugare una maggiore interlocuzione con i soggetti privati con competenze tecniche e giuridiche condividendo il tutto con i soggetti presenti nei siti, interlocutori pubblici e cittadini. Alla luce di ciò vengono forniti alcune indicazioni:  migliore definizione dei protocolli e delle linee guida, organizzazione puntuale dei dati a disposizione e relativa omogeneizzazione e conoscenza pubblica, valutazione economica complessiva, applicazione degli strumenti giuridici per giungere ad accordi di programma, coinvolgimento dei cittadini per condividere con loro le scelte di bonifica, rilettura della funzione svolta dalle conferenze di servizi per ridurne numero e tempi di svolgimento. Il punto sulle conferenze di servizi è particolarmente critico poiché costituiscono il luogo, la procedura dove convergono e si confrontano tutti gli interessi ed i punti di vista delle parti coinvolte. Nella nostra esperienza come associazione abbiamo riscontrato l’assenza di strumenti che permettano la condivisione efficace e tempestiva delle informazioni tra le parti coinvolte, in grado di supportare il confronto, anche conflittuale, in definitiva le indicazioni per un cambio di strategia per cercare di dare una spinta maggiore alle bonifiche che riguardano il 3% del suolo nazionale”.

SIN Bacino del Fiume Sacco

“Come è noto i SIN -  continuano i membri di RETUVASA - erano 57 prima dell’entrata in vigore del Decreto Clini nel gennaio 2013 che ne ha ridotto il numero a 39. La sentenza del TAR del Lazio a luglio 2014 ha reintrodotto il “Bacino del Fiume Sacco”, dopo di che con un procedimento durato due anni ne è stata ridefinita la perimetrazione. Sono state necessarie numerose Conferenze di servizi alle quali hanno partecipato associazioni ed enti territoriali, partecipazione che ha reso ancora più evidente la mancanza di un supporto organizzativo adeguato. A maggior ragione, visto l’impegno profuso nella fase di ridefinizione della perimetrazione, riteniamo necessario intervenire su alcune valutazioni espresse dalla Commissione in merito al SIN “Bacino del fiume Sacco”.

Gli interventi

Nella precedente gestione e struttura del SIN ci si era concentrati esclusivamente sulla contaminazione da Betaesaclorocicloesano (Beta-HCH), oggi non è più così. La nuova perimetrazione, oltre all’area industriale di Colleferro, le fasce ripariali del fiume Sacco (100mt. a destra e sinistra) e le aree di esondazione, va ad includere tutte le aree industriali fino al Comune di Falvaterra, quindi in sequenza verso sud Anagni, Ferentino, Frosinone, Ceccano, Ceprano con la presenza di altri marker contaminanti sostanzialmente differenti per ogni area se non per ogni azienda inserita all’interno del SIN, segno evidente dello stato di abbandono nel tempo da parte degli enti di controllo. Il 23 febbraio scorso siamo stati ricevuti in audizione dal MATTM insieme ad altre Associazioni del territorio e abbiamo puntato il dito su alcune situazioni che nella relazione della Commissione vengono riportate in modo sommario e sconnesse.

Il primo in assoluto è la questione della bonifica del sito denominato ARPA2 nell’area industriale di Colleferro, uno dei due siti contenente centinaia di fusti tossici, che hanno poi determinato l’avvelenamento del fiume Sacco da Beta-HCH. E’ accertato che su ARPA2 sono presenti sostanze pericolosissime e che deve ancora essere fatta la Messa in Sicurezza di Emergenza (MISE) come in altre aree del comprensorio. Siamo alquanto perplessi per il fatto che che sia la Commissione che il Ministero sembrano ignorare che per ARPA2 c’è un progetto di bonifica approvato e con fondi a disposizione, ereditati dalla contabilità speciale della vecchia gestione Commissariale.

I fondi

La Regione ha richiesto al MATTM un parere il progetto ARPA2 considerato organo competente in quanto il progetto era stato redatto in vigenza di commissariamento. Senza parere del MATTM non si può dare esecutività ed iniziare i lavori. La gara era stata assegnata e per quanto riguarda i fondi, sull’importo totale di 8,7mln di euro necessari per chiudere nel sarcofago i rifiuti tossici come per il sito gemello ARPA1, l’80% era a carico della SE.CO.SV.IM., l’immobiliare proprietaria dell’area  in cui si trovano i rifiuti, secondo un accordo di programma che segue il principio di chi “inquina paga”, stipulato con la vecchia gestione commissariale del SIN. Sono in stallo anche gli interventi puntuali definiti per altre parti dell’area industriale di Colleferro, come i pozzi di barrieramento idraulico necessari alla protezione della falda acquifera, costruiti dalla stessa SE.CO.SV.IM. per un importo di 4,5mln di euro e mai messi in funzione. La commissione non fornisce alcuna spiegazione ed il MATTM durante la nostra audizione non ha dato risposte esaurienti alle nostre domande, ma è stato preso l’impegno ad acquisire maggiori informazioni. Se non si sblocca ARPA2 resta in sospeso anche l’intervento sul cumulo di rifiuti industriali nell’area denominata Chetoni Feniglicina, una collina antropica di circa 25.000 mc che dovrebbe andare ad essere stoccata proprio in ARPA2. Di conseguenza non può avere inizio la riqualificazione dell’ex area industriale. Teniamo presente che i lavori di completamento dell’intervento su ARPA2 richiedono almeno 3 anni (secondo il cronoprogramma dei lavori all’atto del bando di gara). Lo stesso cadere dalle nuvole è avvenuto per il famigerato depuratore di Anagni, tanti soldi pubblici spesi da 20 anni a questa parte con l’ASI affidataria dell’impianto che non si decide a metterlo in funzione. Anche su questo è stato chiesto un intervento. Qualche giorno dopo, il 28 febbraio, l’ex Ministro Galletti risponde ad una interrogazione parlamentare indicando che il depuratore dovrebbe entrare in funzione entro fine 2018, ricordando che per l’Italia è in procedura d’infrazione, la 2014/2059, anche per l’agglomerato di Anagni.

Le priorità

Nel frattempo il 12 ottobre scorso erano state stabilite delle priorità, preliminari e parziali, che potranno essere utilizzate da ministero e Regione per l’individuazione degli interventi più urgenti. Il criterio utilizzato è stato quello di individuare le aree pubbliche e quelle private per cui sono state concluse le procedure di sostituzione in danno, in pratica soldi che vengono anticipati dallo Stato e successivamente recuperati a danno dei colpevoli. In aggiunta anche l’individuazione delle aree private con gravi compromissioni ambientali di cui però non sono ancora state concluse le procedure in danno. Il risultato ha messo in evidenza la situazione di Ceprano con i siti Europress e ex Olivieri, la cartiera di Ferentino, la discarica delle Lame di Frosinone, la ex Polveriera di Anagni, Bosco Faito con la ex Snia BPD di Ceccano, molte aree industriali di privati non valutate come ad esempio quelle di Ceccano e di Patrica.

I fondi pubblici

“I fondi a disposizione per il SIN sono circa 36mln di euro, per l’area industriale di Colleferro ed il fiume Sacco: 10mln derivanti dalla contabilità speciale della vecchia gestione commissariale da utilizzare per interventi programmati (vedi area di Colleferro), 10mln in dotazione al MATTM divisi per le annualità 2016-2017 e ancora non utilizzati in quanto il SIN era in fase di perimetrazione, 16mln di euro stanziati dalla Regione Lazio con i fondi del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC). Dal FSC dovrebbero essere prelevati anche i fondi inseriti nella delibera del Presidio Salute e Ambiente (PresSA) e della nuova sorveglianza epidemiologica, del maggio 2017, fondi mai erogati per cui la sorveglianza sanitaria è ferma al palo.

Il Protocollo d’Intesa e la Cabina di Regia.

Di questi 36mln di euro si era parlato nel periodo precedente le elezioni regionali del Lazio. con comunicazioni entusiaste dell’ex assessore all’Ambiente Mauro Buschini che si vantava di avere sbloccato tali fondi tramite il “protocollo d’intesa per la bonifica e la reindustrializzazione del sito di interessa nazionale Valle del Sacco” stipulato il 21 marzo 2018 e della durata di due anni, tra Ministero dell’Ambiente (MATTM), Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), Regione Lazio, l’Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa (Invitalia).

Di fatto nel protocollo d’intesa questi fondi non vengono assolutamente menzionati.

Viene istituita una Cabina di Regia che dovrebbe integrare azioni e risorse derivanti dalla istituzione dell’Area d Crisi Complessa e dalla gestione delle bonifiche in area SIN. Le logiche di investimento fanno riferimento generico al programma Industria 4.0 ed alla economia Circolare, oltre alla sempre presente industria chimico-farmaceutica. Il precedente è l’accordo di programma per l’area di crisi riferita alla Videocon: 70mln di euro sono finiti nelle casse della farmaceutica con un costo  altissimo per ogni posto di lavoro. Il precedente sul territorio per l’economia circolare è il progetto di Saxa Gres e Saxa Grestone  per la realizzazione di ceramiche e sanpietrini che integrano le scorie degli inceneritori, che questo esempio di ‘economia circolare’ dovrebbe rendere eterni. 

Soldi pubblici verranno erogati ancora una volta in assenza di un progetto integrato per lo sviluppo del territorio, in assenza di una partecipazione di tutte le parti sociali, della cittadinanza attiva, condizione per valorizzare le vocazioni e le risorse del territorio ed un uso ottimale dei fondi impiegati.

La cabina di regia doveva essere istituita entro 30gg dalla firma del protocollo d’intesa, ma da nostra interlocuzione con il MISE non risulta ancora nessun atto.

In conclusione

“Allo stallo nelle operazioni di bonifica e nel rilancio dello sviluppo economico e sociale del territorio si risponde con la solita operazione di centralizzazione, incapace di costruire i necessari strumenti di condivisione delle conoscenze e di costruzione partecipata dei processi decisionali.

Il risultato è scontato, protagonisti saranno i soliti noti, le coalizioni di interessi le cordate che monopolizzano ogni decisione importante per il territorio. Una situazione che allo stato attuale delle cose non lascia dubbi: la bonifica di questo passo non avrà mai termine”.

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