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Federlazio, le conseguenze del Coronavirus sulle imprese della Provincia: fotografia impietosa

I risultati disegnano uno scenario che se fosse accaduto in assenza di pandemia, si poteva definire apocalittico: crollo degli ordinativi, del fatturato, della produzione, dell’export, dell’occupazione come non si erano mai registrati

"L’avvento del Covid-19 ad inizio anno ha sconvolto i già precari equilibri economici esistenti, modificando profondamente il contesto generale nel quale le imprese si trovano ad operare. Per questa ragione abbiamo ritenuto - scrive Federlazio - poco significativo procedere in questa prima parte del 2020 alla nostra consueta indagine congiunturale, che alla fine non avrebbe potuto fare altro che rilevare quanto era già sotto gli occhi di tutti, ovvero una caduta verticale dei principali indicatori di performance delle imprese. Abbiamo preferito invece focalizzare l’attenzione sull’entità del colpo subìto dalle imprese a causa della pandemia, la natura delle misure aziendali adottate, il tipo di sostegno messo in campo dalle istituzioni, le specifiche difficoltà incontrate dalle imprese e infine le loro previsioni sul futuro prossimo.

I risultati disegnano uno scenario che se fosse accaduto in assenza di pandemia, non avremmo esitato a definire apocalittico: crollo degli ordinativi, del fatturato, della produzione, dell’export, dell’occupazione come non si erano mai registrati.

La fotografia che abbiamo scattato è impietosa per la nostra economia provinciale. In sintesi possiamo dire che nella prima ondata della pandemia ben l’80% delle imprese del campione provinciale ha registrato un calo (anche un po’ più accentuato rispetto alla media regionale) degli ordinativi e della produzione, e per una quota compresa tra un quarto e un quinto delle imprese anche in una misura superiore al 50%. Lievemente più bassa (77,8%), e tuttavia in una percentuale assolutamente fuori da parametri accettabili in tempi normali, la quota di quanti hanno dichiarato un calo nel fatturato.

Forte è stato conseguentemente il ricorso alla CIG in deroga, prevista appositamente dalle misure governative, che ha riguardato poco meno dell’80% del campione, le quali nel 60% dei casi l’hanno attivata per oltre la metà dei lavoratori.
Già questi dati rappresentano bene la portata del “terremoto” che si è abbattuto su questo territorio. A ciò si aggiungano poi le storiche inefficienze della burocrazia italica, le quali hanno fatto sì che, nell’opinione di oltre la metà delle imprese intervistate (51,2%), i tempi di risposta delle istituzioni nella erogazione della CIG siano risultati inadeguati.

Nè si può dire che le previsioni per il prossimo futuro formulate dagli imprenditori siano confortanti. In una percentuale che oscilla tra il 62% e il 68%, gli intervistati ritengono che anche il prossimo semestre vedrà una contrazione sensibile dei principali indicatori di performance (ordinativi, produzione e fatturato). Il che fa dire all’88,5% di loro che ci vorrà almeno un anno prima che l’attività aziendale possa tornare ad una situazione di normalità.

A conclusione dell’indagine è stato chiesto agli imprenditori del campione provinciale di indicare quale affermazione, in una lista di quattro, esprimesse più adeguatamente il loro pensiero in ordine a come la pandemia potrà condizionare il futuro della propria azienda. Vediamo che la quota più consistente delle risposte (57,7%) converge su un sentimento di ragionevole speranza, ritenendo che “Ci sarà qualche mese di sofferenza, ma si riuscirà comunque a mantenere più o meno la stessa capacità produttiva e lo stesso numero di addetti”. Al secondo posto, notevolmente distaccati (15,5%), si collocano coloro i quali, più pessimisticamente, si dicono convinti che “Ci sarà una contrazione significativa delle attività per cui si dovrà ridurre sensibilmente l’occupazione”.

Infine, percentuali assai più contenute raccolgono sia l’affermazione più orientata verso la necessità di apportare un profondo cambiamento della strategia aziendale, sintetizzata nell’affermazione “Bisognerà rivedere radicalmente il sistema di produzione per trovare un nuovo equilibrio” (3,8%), sia quella invece più pessimistica, secondo la quale “L’azienda corre il rischio molto concreto di sospendere o addirittura cessare l’attività” (3,8%). Infine, abbiamo rilevato una quota relativamente consistente di “Non so”, pari a circa un quinto del totale (19,2%), che, diversamente da come si fa di solito, vogliamo qui citare proprio perché essa trasmette in modo evidente il senso di incertezza che pervade una fetta non piccolissima di imprese.

Non possiamo esimerci da un’ultima avvertenza. La nostra indagine si è conclusa alla metà di settembre 2020, quando la crisi sanitario-economica sembrava allentarsi. Ma la situazione si sta trasformando giorno dopo giorno e oggi ci troviamo nuovamente al centro della seconda ondata, con misure emanate dal Governo per il contenimento del contagio che sono tornate ad essere molto restrittive. Vedremo nelle nostre indagini successive come tutto questo si sarà scaricato sulle imprese e se quanto abbiamo fin qui affermato dovrà essere rivisto o meno in senso peggiorativo".

“In questo quadro, che senza dubbio potrebbe indurre nell’osservatore sentimenti di scoramento – afferma Roberto Battisti, Direttore della Federlazio di Frosinone – ci piace tuttavia non lasciar cadere quella sfumatura più ottimistica che possiamo cogliere in quella grossa percentuale di imprenditori (88,5%) la quale è dell’avviso che entro un anno probabilmente si potrebbe ripristinare la situazione ex-ante. C’è in questo la caparbietà, la capacità, se vogliamo la speranza, ma soprattutto la volontà di risalire la china da parte degli imprenditori di questo territorio, che non si abbattono e non si vogliono arrendere”.

“Certamente – afferma il Presidente Carmine Polito– molto dipenderà da ‘quando’ e da ‘come’ lo Stato riuscirà ad utilizzare le risorse dell’Unione europea per intervenire sui nodi strutturali e sulle grandi questioni strategiche del Paese. Ma molto dipenderà altresì da quanto le istituzioni più vicine al territorio sapranno assecondare questa voglia di ripartire. Adeguamenti infrastrutturali, sistema delle autorizzazioni, bonifiche ambientali e, più in generale modernizzazione sistemica, saranno fattori che influenzeranno da vicino il grado di reattività del tessuto produttivo locale. Se non vi sarà un colpo d’ala da questo punto di vista, sarà più difficile innescare quel rilancio poderoso di cui tutti abbiamo un’estrema necessità”.

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