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La nota

Le cartelle esattoriale del Consorzio di Bonifica possono essere impugnate

Il segretario SICeT Cisl, Giulio Sacchetti spiega come gli agricoltori ed i cittadini oggetto della tassazione possono evitarne il pagamento molto spesso non commisurato al beneficio ottenuto

Le cartelle esattoriali per la richiesta dei contributi da parte dei Consorzi di bonifica stanno diventando un problema in tutta Italia. Non c’è proprietario di terreni o fabbricati, ubicati nelle aree di un qualsiasi Consorzio di bonifica della Penisola, che non sia stato raggiunto dalla pretesa del pagamento di tributi che, molto spesso, o sono richiesti in maniera non commisurata al beneficio ricevuto dall’agricoltore, oppure non hanno alcuna legittimità, mancando il beneficio. 

"Anche il SICeT (Sindacato Inquilini Casa e Territorio della CISL) si sta interessando del problema e, alla domanda se sia possibile reclamare l’annullamento della cartella esattoriale per la richiesta di questi contributi, quando il proprietario del terreno non abbia ricevuto alcun beneficio, risponde in maniera affermativa. A questo interrogativo, negli ultimi anni – ha precisato il Segretario Generale Giulio Sacchetti –  le commissioni tributarie hanno dato le risposte più diverse, portando molte volte il problema all’attenzione della Corte di Cassazione (Sezione Tributaria Civile). A tal riguardo l’indirizzo giurisprudenziale (Cass. ord. n. 9511 del 18.04.2018) sembra sia favorevole al contribuente, a condizione che siano rispettati i criteri di ripartizione dell’onere della prova (Cass. n. 19322 del 18.07.2019). Per il SICeT, in concreto, i contributi consortili non sono dovuti automaticamente, lo sono solo quando gli immobili sono ubicati nell’area territoriale del Consorzio di bonifica e traggono un effettivo vantaggio dalle attività consortili. In pratica, solo quando il bene è all’interno del perimetro di contribuenza (cioè la porzione di comprensorio che gode di un beneficio derivante dall’attività di manutenzione, di bonifica e gestione delle opere idrauliche del  territorio) il Consorzio può pretendere il pagamento dei contributi. In questo senso si era già pronunciata la Cassazione (Cass. Sez. Unite, sent. n.11722 del 14/05/2010), precisando che «la cartella esattoriale, attraverso la quale il Consorzio procede alla riscossione dei contributi, deve sicuramente contenere gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione» (Cass. S.U. n. 26009 del 30/10/2008). Da qui deriva il seguente principio di diritto: «Quando la cartella esattoriale non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria .…essa deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione; tale motivazione può essere assolta per relationem, ovvero richiamando un altro atto che costituisca il presupposto dell’imposizione, atto del quale, tuttavia, debbono comunque essere specificamente indicati gli estremi, anche relativi alla pubblicazione dello stesso su bollettini o albi ufficiali che eventualmente ne sia stata fatta a sensi di legge, affinché il contribuente ne abbia conoscenza o conoscibilità (l’atto di rinvio, quando si tratta di atti dei quali il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione o pubblicazione, non deve essere necessariamente allegato alla cartella - secondo una interpretazione non puramente formalistica dell’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, il cosiddetto Statuto del contribuente -, sempre che ne siano indicati nella cartella stessa i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione)». 

Concretamente, quindi, quando la cartella esattoriale per la riscossione dei contributi di bonifica fa riferimento, nella motivazione, ad un ‘piano di classifica’, approvato dalla competente autorità regionale, serve la contestazione di tale piano da parte del contribuente; in mancanza della confutazione, in sede di impugnazione della cartella, i vantaggi si possono automaticamente presumere e i contributi si devono versare. In assenza dell’indicazione perimetrale, invece, il Consorzio che pretende il pagamento del tributo deve provare i benefici effettivamente ottenuti dal proprietario del bene interessato dalle opere di bonifica effettuate. Questo principio è stato confermato anche dalla sentenza della Corte Costituzionale, n. 188 del 10 ottobre 2018, con la quale è stato sancito definitivamente che la legittimità dell’imposizione fiscale deve derivare, non soltanto dalla fruizione meramente astratta dell’attività di bonifica dei consorzi,  ma dalla fruibilità concreta, da parte dei proprietari, conseguente alla stessa imposizione solo in presenza di un beneficio fondiario per l’utente. 
Il contribuente, in ogni caso, è sempre ammesso a provare in giudizio l’insussistenza del beneficio fondiario (sia sotto il profilo della sua obiettiva inesistenza, sia in ordine ai criteri con cui il Consorzio abbia quantificato il contributo), anche se non abbia impugnato dinanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (e cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione) e, se riuscisse a provare l’illegittimità del pagamento richiesto, il giudice tributario potrebbe anche disapplicare il ‘piano di classifica’ e annullare la cartella esattoriale emessa allo scopo (Cass. n. 8079 del 23.04.2020). Resta ferma, ovviamente, la possibilità da parte del giudice tributario di avvalersi dei poteri ufficiosi di accertamento, previsti dall’art. 7, d.lgs. n. 546 del 1992 (per esempio disponendo una CTU), ove ritenesse necessaria una particolare indagine. Su questa materia, in ogni caso, sarebbe auspicabile un intervento legislativo che riporti equità tra i contribuenti, mantenendo a carico degli agricoltori quanto effettivamente speso in loro favore e ponendo a carico della collettività i costi relativi ai benefici ambientali. In altri termini, il tributo dovrebbe essere imposto soltanto ai proprietari di fondi che ricevano un beneficio effettivo e tangibile dalle opere consortili, mentre l’attività di monitoraggio e tutela ambientale dovrebbe essere finanziata dalla fiscalità generale".

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