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Il Tar dà torto alla Regione Lazio: non spetta a medici e pediatri l’assistenza domiciliare ai pazienti Covid

Accolto in parte il ricorso di Snami e Cipe. All’Uscar (Unità speciale di continuità assistenziale) la presa in carico dei positivi non ricoverati. Esulta anche lo Snami Frosinone. La Regione, però, ha impugnato la sentenza davanti al Consiglio di Stato

Il Tar del Lazio, accogliendo parzialmente un ricorso presentato territoriali Snami (Sindacato nazionale autonomo medici italiani) e Cipe (Confederazione italiana pediatri), ha annullato il punto 10 dell'ordinanza numero Z00009 emessa lo scorso 17 marzo dal governatore Nicola Zingaretti. Si tratta del punto che, in rinvenuto contrasto con la legislazione nazionale, non ha disposto obbligatoriamente ma eventualmente l'attivazione delle Unità Speciali di continuità assistenziale (Usca) per l’assistenza a domicilio dei pazienti Covid. La Regione, di contro, ha già impugnato tale sentenza davanti al Consiglio di Stato. 

In base alla decisione del Tribunale amministrativo regionale, per ora, non spetta ai medici di famiglia e pediatri la presa in carico dei positivi che non necessitano di ricovero ospedaliero. A esultare è anche il presidente dello Snami Frosinone Giovanni Magnante: "Giustizia è fatta! Medici e cittadini dalla stessa parte per contrastare il Covid - comunica - Il Tar Lazio ha chiarito che la norma nazionale in materia di istituzione delle USCA non lascia alcun margine di discrezionalità operativa agli enti locali".

"In estrema sintesi, secondo la prospettazione del ricorrente - recita la sentenza del Tar - la Regione Lazio non avrebbe ottemperato alla prescrizione di cui all’art. 8 del Decreto Legge 14/2020 (ora art. 4 bis L. 27/2020) che prevede l’istituzione delle Unità speciali di continuità assistenziale – come invece avrebbero fatto tutte le altre Regioni – ma avrebbe istituito un Referente Covid, facendo gravare sui Medici di medicina generale (Mmg) e sui Pediatri di libera scelta (Pls) la cura anche dei pazienti Covid, che opererebbero non in sicurezza per tutti gli altri pazienti".

"La Regione - si legge ancora - si difende sostenendo che nel Lazio c’erano già (a partire dal D.L. 158/2012) 'aggregazioni Funzionali Territoriali o Unità di cure primarie nonché Unità complesse di cure primarie', formate da Medici di medicina generale e Pediatri di libera scelta, che potevano gestire i bisogni di assistenza dei pazienti e che di fatto potevano essere sfruttate per gli scopi stabiliti sin dal D.L. 14/2020".

Secondo il Tar, pertanto, la Regione Lazio “ben poteva istituire l’App Laziodoctor, il Referente Covid e le Uscar", ma avrebbe comunque dovuto dare attuazione alla normativa prevista istituendo nel termine perentorio di 10 giorni) le Usca e non affidare le visite domiciliari alle Ucp (Unità di cure primarie) formate da medici e pediatri. 

In attesa della decisione del Consiglio di Stato, come evidenziato nel ricorso di Snami e Cipe, il Tar ha anche dichiarato che non può essere sottaciuto che la creazione delle Usca ha visto assegnare a ciascuna Regione una adeguata copertura finanziaria specifica complessiva pari ad una spesa di 660 milioni di euro per l'anno 2020, finanziamento al quale accedono tutte le Regioni. Con decreto direttoriale del Ministero dell'Economia del 10 marzo 2020, infatti, la Regione Lazio ha avuto quasi 64 milioni di euro.  

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