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Rifiuti, nasce l’idea per il consorzio di comuni per l’organico, ma quanto ci costa conferire in discarica?

Dopo le dichiarazioni di Salvini si è tornato a parlare degli impianti di termovalorizzazione ma bisogna avere le idee chiare sui costi di gestione attuale del ciclo dei rifiuti in Ciociaria

E’ bastata una dichiarazione del vice premier Matteo Salvini sugli impianti di termovalorizzazione per far tornare alta l’attenzione sul tema dei rifiuti in tutta la penisola. Tema che però è sempre al centro del dibattito politico amministrativo in Ciociaria e nelle zone a sud di Roma dove sono presenti due grossi impianti, uno in funzione quello di San Vittore ed uno che verrà riconvertito a Colle Sughero a Colleferro.

Nei giorni scorsi è arrivata la proposta del sindaco di Anagni Daniele Natalia della creazione di un consorzio tra i Comuni per gestire i rifiuti organici ha trovato accoglimento da parte di Domenico Sacco primo cittadino di Roccasecca cittadina ciociara dove è presente una discarica.

Il cambio dello statuto della Saf

“In questi mesi siamo piombati in un’emergenza, quella del conferimento dell’umido, per certi versi annunciata – spiega Sacco - ma paradossalmente sottaciuta da chi avrebbe dovuto sollevare il problema. L’hanno sottaciuta per evitare i problemi con i quali ci stiamo confrontando ora e che incidono anche in termini di costi sui cittadini. Ma ormai conosciamo alla perfezione quali sono le dinamiche sottese alle decisioni assunte dalla SAF: paradossalmente di proprietà di tutti i Sindaci, che però non hanno mai avuto il controllo né sulla gestione né sulle scelte da adottare. Eppure la soluzione è a portata di mano ed a mio avviso nasce proprio in seno allo statuto SAF. Chi lo ha redatto all’epoca ha pensato bene di prevedere il Comitato di Rappresentanza dei Sindaci con ampi poteri consultivi, di controllo e di proposta sulla gestione e sul consiglio di amministrazione della società. Comitato composto da 11 membri tra cui i Sindaci delle città più grandi e quelli di Comuni sede degli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti. Se ne è parlato, ne ha fatto cenno anche il Presidente della Provincia Antonio Pompeo ma non è mai stato costituito ed il potere che gli attribuisce lo statuto spiega anche il motivo. Bene, ripartiamo da qui. Facciamo in modo che siano i Sindaci a decidere cosa devono fare gli impianti della SAF spa. Più volte la politica ha fatto appello all’assunzione di responsabilità da parte dei primi cittadini: questa è la maniera per condividere tali responsabilità. E soprattutto possiamo iniziare a cautelarci dalla tempesta finanziaria che si abbatterà sulla TARI di tutti i Comuni – e quindi sulle tasche dei cittadini – per l’aumento tariffario retroattivo della SAF spa e per i maggiori costi, pressoché doppi, del conferimento della frazione organica; ricadute economiche che sembravano scongiurate dopo la rassicurazione che per il 2015 e 2016 l’aumento retroattivo sarebbe stato contenuto, ma che in realtà sono ben maggiori di quanto dichiarato”.

La piattaforma per il Forsu

Del resto in queste ultime settimane il CdA della SAF spa sta presentando il nuovo Piano Industriale nel quale dichiara l’intenzione di avviare la realizzazione di una piattaforma di trattamento anaerobico/aerobico della FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano). Ma solo a partire dal 2022, quando invece occorre intervenire ora, in tempi brevi.

Il piano regionale dei rifiuti è ancora quello della Polverini

Il Piano Regionale dei rifiuti vigente è ancora quello dell’epoca Polverini. Sebbene più volte e da più parti sia stata evocata la necessità di aggiornare quel piano esso resta sempre lì, immutabile. Questo nel tempo ha generato diversi problemi nell’individuazione degli impianti, nella gestione delle discariche e delle aree destinate al trattamento e il conferimento dei rifiuti in tutto il Lazio, oltre – ovviamente – aver generato tanta confusione e forse anche aumenti di prezzo. Lo testimoniano le fonti più disparate (a parte i dati di fatto). Quali sono gli strumenti e gli impianti su cui una Regione dovrebbe poter contare per arrivare ad una corretta pianificazione? (Nella seguente tabella sono indicati solo gli impianti considerati dal piano 2012 ma ci sono altri impianti attivi al momento)

La classificazione degli impianti

Sul sito di “Arpa Lazio” troviamo la classificazione dell'impiantistica sulla quale il piano rifiuti del Lazio dovrebbe contare per la gestione dell’intero ciclo. Lo schema che ci troviamo è il seguente:

Discariche per RU non pericolosi

Trattamento meccanico biologico

Termovalorizzatori/ gassificatori

Albano Laziale (RM)

Non in esercizio

Albano Laziale (RM)

Colleferro (RM)

Bracciano (RM)

Non in esercizio

Colfelice (FR)

Roma Malagrotta (RM)

Civitavecchia (RM)

Aprilia (LT)

(Rida Ambiente)

San Vittore del Lazio (FR)

Colleferro (RM) In attività dall’8 ottobre 2018

Roma Malagrotta 1

Guidonia Montecelio (RM)

Non in esercizio

Roma Malagrotta 2

Borgo_Montello(LT)

(EcoAmbiente S.r.L.)

Non in esercizio

Roma Rocca Cencia (RM)

Borgo_Montello(LT)
(Ind.Eco S.r.L.) Non in esercizio

Roma Salaria (RM)

Roccasecca (FR)

Viterbo (VT)

Viterbo (VT)

Malagrotta (RM) Non in esercizio

La prima cosa che salta alla vista è la difficoltà di conferire rifiuti in discarica vista la scarsità di siti disponibili. Non è un tema banale, poiché la discarica è il terminale finale di una quantità di rifiuti che provengono dagli impianti di trattamento che, a seconda della loro efficienza ed aggiornamento tecnologico, sono in grado di garantire un riutilizzo energetico del rifiuti trattato che va (con le odierne tecnologie) da un 10 ad un 50-60% circa del rifiuto totale. Fatto 100, in breve, i vari impianti possono riconvertire, attraverso l’incenerimento solo una parte tratta e depurata da sostanze gravemente inquinanti fino 50% o poco più, il resto va in discarica. Tra l’altro delle tre discariche ipoteticamente attive la discarica di Frosinone, gestita dalla società “Mad” è al momento in attesa di ampliamento. Di fatto – quindi – sul territorio laziale esistono solo due discariche attive: quella di Civitavecchia e quella di Viterbo.

Ma quanto costano le discariche?

In una discarica, sostanzialmente si conferiscono dunque i residui di lavorazione di impianti che trattano i rifiuti per cui i costi di gestione di una discarica sono tutto sommato ridotti se paragonati ad un impianto di trattamento che ha invece la potenzialità di convertire in energia almeno parte del rifiuto trattato e in sostanza sopperisce allo stesso tempo alle mancanze della raccolta differenziata, spesso in maniera più efficace della raccolta differenziata alla fonte (ovvero dal cassonetto). Se però si guardano i prezzi che vengono indicati dalla Regione per far interrare rifiuti nelle discariche attualmente in funzione nel Lazio certi parametri economici ed industriali saltano incomprensibilmente. Ecco per esempio che a fronte di un impianto di trattamento, le discariche vengono a costare molto di più. Questo elemento è talmente evidente che ha spinto una società di Aprilia (Lt), la Rida Ambiente che gestisce un impianto di Tbm tra i più grandi del centro Italia a rivolgersi al Tribunale Amministrativo del Lazio contro la stessa Regione per l’assegnazione della tariffa alle discariche (alle quali la Rida stessa deve conferire, facendo quindi aumentare il costo del suo stesso servizio).

La discarica di Frosinone e le regole ad hoc

Nel 2014 l’Unione Europea multava l’Italia in merito al ciclo dei rifiuti e in particolare indicava il Lazio come responsabile di una violazione piuttosto grave di direttive europee sancite nel 1999 e nel 2008: il trattamento di rifiuti (e non solo il mero tritamento) prima del conferimento in discarica. Praticamente in tutta Europa era finita l’era del “tal quale”, ovvero del rifiuto privo di trattamento che così come veniva caricato nei camion dei netturbini veniva sversato in discarica. In tutta Europa meno che nel Lazio a quanto pare, perché il deficit di trattamento meccanico e biologico contestato all’Italia dell’EU veniva rilevato tanto nel SubATO (sub-ambito territoriale ottimale) di Roma, in cui si trova la discarica di Malagrotta, quanto nel SubATO di Latina, presso la discarica di Borgo Montello. Oggi il “setaccio” come strumento potrebbe essere stato cambiato, ma il risultato in alcune discariche del Lazio sembra non essere troppo diverso. Questo se si considera che alcune autorizzazioni per impianti di discarica avrebbero solo cambiato le regole, derogando però in alcuni casi con conseguenze di difficile prevedibilità. Il dettaglio sul quale bisogna soffermarsi per comprendere se le linee di indirizzo sono state rispettate è “l’indice respirometrico”. Ma questo non accade in tutte le discariche del Lazio, almeno non in tutte. Perché ce ne sarebbero alcune esentate da questo limite, avendo la potenzialità di superarlo di ben 3 volte passando da 1000 a 3000 ml O2, il tutto attraverso una procedura che in realtà non si può nemmeno definire una deroga, ma è una “autorizzazione ad hoc”, che si decide caso per caso. Dal 2010, per esempio, la Mad di Roccasecca (Frosinone) ha fatto richiesta (regolarmente) di questa concessione ottenendola sempre puntualmente, anche di recente dalla Regione Lazio. Ma quali potrebbero essere gli effetti di un eccessivo utilizzo di queste deroga ambientali per i rifiuti conferiti in discarica? Il primo effetto potrebbe essere ambientale, ovviamente. Ma questo, sebbene ci siano delle serie contestazioni di parte politica nel Comune in cui è sito la discarica in questione non può essere dimostrato. Certo se gli ispettori europei o gli ambientalisti tenessero presente questo punto delle attività sul territorio ciociaro ecco che il discorso sarebbe ben diverso.

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