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Vaccino Covid, nel Lazio prima dose di Moderna al 70% dei detenuti. Nel carcere di Cassino al 92%

La casa circondariale della città martire risulta tra quelle con la maggior percentuale di vaccinazioni. Calo dei casi di positività. Il garante Anastasìa: “Significativo successo della campagna vaccinale, ora riparliamo di attività trattamentali e colloqui”

Al 70% dei detenuti del Lazio è stata somministrata la prima dose del vaccino Moderna. Si parla di 3.954 su 5.648 reclusi nei 14 istituti di pena regionali. Tra quelli con la maggiore percentuale di vaccinazioni c’è anche la casa circondariale di Cassino (Frosinone): prima inoculazione al 92.1% dei carcerati, ovvero 164 su 178.

Meglio soltanto il Mammagialla di Viterbo (98.5%, 589 su 598) e a seguire il carcere di Rebibbia (87.7%, 286 su 326). Si registra, al contempo, un netto calo dei casi di positività: restano 14 positive presso Rebibbia femminile, un contagiato al nuovo complesso di Civitavecchia e un altro a Rieti.  Questi i dati trasmessi nelle scorse ore dal Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria (Prap) di Lazio, Abruzzo e Molise al Garante dei detenuti laziali Stefano Anastasìa.   

Anastasia: “Successo della campagna vaccinale, ora riparliamo di trattamenti e colloqui”

“Si tratta di un significativo successo della campagna vaccinale predisposta dalla Regione Lazio - commenta Stefano Anastasìa, Garante delle persone private della libertà per le Regioni Lazio - Ancora può crescere, in occasione delle seconde somministrazioni previste in questo mese di maggio”.

“A questo punto - volta pagina - si apre il tema della ripresa in condizioni di sicurezza delle attività trattamentali e dei colloqui in presenza con i familiari. Attendiamo al più presto indicazioni in tal senso da parte dell’Amministrazione penitenziaria”.

“Una lezione che ci ha insegnato l’emergenza è la necessità di sfruttare la tecnologia in carcere, per le comunicazioni con familiari e avvocati, per l’assistenza sanitaria e per le attività di formazione e reinserimento sociale”, aggiunge poi ricordando lo stanziamento di 600 mila euro a favore delle attività digitali in carcere.  

“Si possono intensificare le relazioni familiari e migliorare l’assistenza sanitaria - afferma in conclusione - C’è tutta la questione dell’istruzione e della formazione: la didattica a distanza, la formazione professionale, l’idea che il carcere possa svolgere una funzione rieducativa utilizzando la tecnologia. Occorre realizzare infrastrutture di rete per consentire le comunicazioni a distanza con istituti scolastici, servizi, patronati e tutte le realtà che ormai lavorano interamente in rete”.

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