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Martedì, 23 Aprile 2024
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Come io lo vedo: gratis non è "lavoro"!

Leggiamo sempre più spesso del problema della disoccupazione, e tra i giovani questa si attesta intorno al 40%. Tutti si indignano, parlano di rilancio, di opportunità, di futuro prospero per le nuove generazioni.

Leggiamo sempre più spesso del problema della disoccupazione, e tra i giovani questa si attesta intorno al 40%. Tutti si indignano, parlano di rilancio, di opportunità, di futuro prospero per le nuove generazioni.

In realtà, in un periodo di Crisi come questo i giovani sono buoni, più che altro, per offrire “manovalanza” a basso costo o, delle volte, addirittura gratuitamente. Vengono sfruttati nei campi più disparati, cercati per “concedere loro” di impegnarsi in un’attività che avrà come unica retribuzione la possibilità di fare esperienza e che, a detta dello “sfruttatore”, potrà essere l’opportunità per entrare in un campo lavorativo che poi terrà sempre le sue porte serrate.

E la cosa diventa paradosso quando questi vengono considerati inesperti per essere retribuiti ma si chiede loro un tipo di attività svolta in modo altamente professionale. Ma mi chiedo, tutti questi pseudo imprenditori e dirigenti di società che pretendono ragazzi preparati, competenti e dinamici, su quale principio ritengono che le loro prestazioni lavorative non meritino una giusta retribuzione?

Magari queste persone sono anche quelle che vanno a fare la morale dicendo che i giovani non hanno voglia di impegnarsi ed è per questo che sono disoccupati. La verità è che, in questo caso particolare, i giovani sono stanchi di sentirsi sfruttati da chi pensa che la loro attività non valga neanche un rimborso spesa, un minimo salariale che gli permetta di fare esperienza e formarsi, ma anche di avere quel minimo di indipendenza economica e di gratificazione che un compenso può dare.

Che poi non si chiede nulla che non sia un principio sancito dalla nostra Costituzione, che all’articolo 36 recita: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.”

Alessandro Verrelli

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