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Tutto torna sempre, il romanzo ispirato al delitto Mollicone

Il blog di Angela Nicoletti ha un debutto d'eccezione: non un'inchiesta 'scottante' ma con la pubblicazione, a puntate, del libro 'Tutto Torna Sempre': un romanzo ispirato al delitto di Serena Mollicone. Un romanzo che prende spunto da storie vere, da spaccati di quotidianità e dalla vita che spesso, per passione verso una professione, diventa come una catena. La triste e drammatica storia della diciottenne di Arce diventa quindi lo spunto per dar voce alla fantasia di una giornalista che da anni segue questa vicenda, Angela Nicoletti. La cronista di Frosinonetoday ha pubblicato il romanzo nel 2009 quando ancora, e in tempi non sospetti, l'assassino della studentessa liceale figlia del maestro Guglielmo era solo un giallo irrisolto. Nel suo lavoro di giornalista d'inchiesta, Angela Nicoletti, racconta impressioni e da forma, seppur sotto l'aspetto della narrazione, ad ipotesi e sospetti riguardanti la morte di Serena. Perchè a volte un libro giallo può essere fonte di fraintendimento, di interpretazione. Eppure nello scritto che pubblicheremo in capitoli, una volta a settimana, c'è molto dell'attuale evoluzione investigativa della vicenda. La prefazione porta la firma di Gigi Di Fiore, storico inviato de Il Mattino mentre la copertina è nata dalla matita di Francesca Renzi, artista verolana di grande talento. Buona lettura

Prefazione di Gigi Di Fiore

REALTÀ E ROMANZO
La scelta narrativa del romanzo lascia sempre a chi scrive grande libertà creativa. Non costringe alla noia del dato preci-so e inequivocabile, non imprigiona nelle note, nei riferimenti storici, nei nomi. Una scelta agile, che regala alla scrittura flu-idità e passione emotiva. Tanto per fare un esempio illustre recente, è stata la scelta espositiva di Roberto Saviano che, per raccontare la sua lettura dei fenomeni criminali campani, ha optato per la narrazione romanzata. Come a dire: ispirazione al reale, ma più verosimiglianza che verità assoluta. Il che, naturalmente, non vuol dire falsità delle vicende narrate, ma trasposizione emotiva e passione nelle aggettivazioni, in alcuni particolari, in alcuni episodi.
Anche Angela Nicoletti, cronista puntuale e rigorosa, abituata a macinare chilometri per raccogliere notizie come da vecchia scuola giornalistica, ha scelto il romanzo per reinterpretare, ispirandosene, una delle vicende di cronaca più rilevanti da lei seguite: il delitto di Arce. Vicenda terribile, sanguinosa, drammatica. Come può esserlo l’assassinio di una diciottenne, Serena Mollicone, ritrovata in una zona del Frusinate nel mezzo di uno scenario da serial killer. Delitto ancora più drammatico perché fino a questo momento rimasto senza colpevoli. Come ogni delitto insoluto, le ipotesi sono state tante, i sospetti, soprattutto perché il lo sfondo ambientale è una piccola realtà della provincia di Frosinone come la storica cittadina di Arce, diffusi.
Quando l’omicidio di un giovane, o in questo caso una giovane, resta senza verità almeno giudiziaria, il dolore della famiglia, dei parenti, degli amici diventa assoluto. E si accompagna ai mille perché sospesi, alle ricostruzioni continue e ripetute di quei momenti, di quegli attimi fatali, di quelle ultime ore. Dal 2001, il delitto di Arce è stato ricostruito più volte anche da felici trasmissioni televisive come “Chi l’ha visto”, dove un cronista tenace come Enrico Compagnone ha speso ore del suo lavoro a scandagliare testimoni, a scoprire frammenti di verità, a fornire piste. Non è servito, l’investigazione giornalistica non riesce sempre a fornire prove utili alle inchieste. Ma l’importante è che della morte di Serena, quella ragazza dal sorriso rimasto impresso nella mente di tutti attraverso le sue foto, anima pulita in una zona dove non tutto era trasparente come hanno accertato più indagini giudiziarie, si parli. Che non si perda il ricordo di chi è morta forse per aver visto qualcosa, forse per aver parlato troppo, forse per aver infastidito con le sue osservazioni di ragazza pulita.
Non c’è una verità, purtroppo. Ci sono solo tentativi di arrivarci. Il lavoro di Angela Nicoletti non è un romanzo sul caso di Arce. Ne è liberamente ispirato, perché una giovane giornalista, donna come quella ragazza uccisa, racconta il delitto di una donna. Con sensibilità tutta femminile. Per far riflettere, per far capire quanto dramma resti dietro un omicidio senza perché certi. Che la vittima si chiami Serena, o altro nome, poco importa. Conta che il dolore di chi resta, di chi ha conosciuto la vittima, non rimanga strozzato. Che trovi spiegazioni, o ipotesi plausibili come è avvenuto, per esempio, nel recente caso di Elisa Claps a Potenza. E ben vengano a far riflettere su questi drammi individuali, che diventano collettivi perché notizie commentate e conosciute da tutti, lavori, seppure romanzati. Trasfigurazioni della realtà, ma dalla realtà ispirati, come quello di Angela Nicoletti.
Gigi Di Fiore
(scrittore e inviato de Il Mattino di Napoli)

Primo capitolo

La vicenda è liberamente ispirata al delitto di Arce. Come giornalista seguo da anni il caso che presenta una lunga serie di lati oscuri.
La morte di Serena Mollicone, appena diciottenne, a tutt’oggi rimane un mistero.
Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale.
La perdita di una madre
“Arrivederci amore”, erano le otto di mattina di un giorno d’inizio settembre. Seduta nel banco, appena entrata in classe Sofia sentiva riecheggiare le parole sussurrate pochi istanti prima da sua madre Olga.
Al suono della campanella l’ansia per quell’avventura era già svanita, disciolta nell’atmosfera elettrica e festosa del primo giorno di scuola. Nell’atrio affollato da vecchi e nuovi compagni di classe aveva anche ritrovato i sorrisi e i racconti vacanzieri delle amichette. Tre mesi trascorsi spensieratamente tra spiagge, tuffi e passeggiate in bicicletta. Aveva quasi dodici anni Sofia, e l’ingresso in prima media certo non la spaventava.
Amava studiare e sentiva che così facendo i suoi grandi occhi verdi avrebbero allargato il loro orizzonte ed esplorato e imparato mille nuove cose.
Lo sguardo ora spaziava oltre la finestra dalla quale intravedeva quasi per intero il paesino, stretto e inerpicato sulla collina, dove aveva trascorso serenamente il breve arco della sua vita. Da quel punto poteva scorrere il tragitto fino al portone di casa. Un percorso breve che quella mattina aveva fatto sottobraccio alla sua mamma ma che lei era intenzionata a compiere da sola.
Voleva sembrare più grande, anche se era alla continua ricerca di baci e carezze genitoriali. Forse perché era la più piccola tra una sorella e un fratello che già frequentavano il liceo.
Attraverso lo schermo di vetro di quella vecchia finestra immaginava sua madre mentre preparava il pranzo, mentre metteva in ordine la sua stanza. Era proprio quel legame così forte, indissolubile a farla sentire protetta.
Nella sua innocenza di bambina felice null’altro poteva presagire, sennonché che di lì a poco sarebbe diventata protagonista di quel grande gioco che è la vita. Senza paura. Era certa che nonostante fossero densi d’imprevisti, esperienze ed emozioni, anche i prossimi dieci mesi sarebbero volati via velocemente. Un giorno non lontano avrebbe mostrato orgogliosamente a mamma e papà quella prima pagella, piena di bei voti e di giudizi lusinghieri.
Sogni ad occhi aperti di un’adolescente romantica.
Non avrebbe mai potuto immaginare che di lì a poco, una malattia l’avrebbe lasciata improvvisamente orfana. Un male che non perdona le avrebbe strappato dagli occhi il viso tanto amato di Olga. Non aveva ancora appreso che il destino è capace di scagliarsi contro una persona, una vita, in modo cieco e inesorabile, lasciando dopo e dietro di se il muto dolore di chi resta.
Mammina cara, dove sei? Aiutami tu resta a accanto a me, aiutami ad affrontare le difficoltà della vita.
Il dialogo quotidiano, quello che aveva con la madre – seppure questa non ci fosse più – avrebbe aiutato la ragazzina prima e l’adolescente poi, a superare ostacoli e momenti difficili. Fu così che Sofia nonostante tutto, raggiunse il traguardo dei diciotto anni.

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