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L’appello degli infermieri: il tempo di vestizione deve essere retribuito

Lo conferma anche una sentenza della corte di cassazione del 2020 che però non trova attuazione

E’ stato sottoposto alla nostra Associazione dei Consumatori il caso di una infermiera che presta la propria attività in un ospedale della provincia di Roma.

La stessa, ormai da anni nell’ambito ospedaliero, ci rappresenta la sua condizione lavorativa che, come quella di tanti altri colleghi (compresi medici ed OSS) include anche il tempo trascorso per le operazioni di vestizione (prima dell’inizio del turno) e svestizione (dopo la fine del turno).

Il cosiddetto “tempo tuta” rappresenta un “comportamento integrativo” dei doveri lavorativi, e tali adempimenti vengono svolti nell’interesse superiore dell’igiene pubblica.

Soprattutto in un periodo come quello che si sta vivendo, di sicuro il tempo impiegato dal personale sanitario per la cd. vestizione non è di poco conto!

La Cassazione con l’ordinanza 8622/2020- nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - afferma che “l'attività di vestizione è un comportamento integrativo dell'obbligazione lavorativa principale ed è funzionale al corretto espletamento dei doveri di diligenza preparatoria.

Costituisce, infatti, un'attività svolta non soltanto nell'interesse dell'Azienda datrice, ma anche dell'igiene pubblica, imposta dalle superiori esigenze di sicurezza.

Per la sentenza, inoltre, l’attività di vestizione risulta funzionale anche ai fini del corretto espletamento dei doveri deontologici della presa in carico dei pazienti e della continuità assistenziale”.

Secondo la giurisprudenza, il personale sanitario ha diritto alla retribuzione per il tempo necessario ad effettuare le operazioni di vestizione/e svestizione.

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