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Cronaca

Frosinone, la provincia dei sogni e dei bisogni

Mentre si ravviva il clima elettorale per il rinnovo del consiglio della Provincia che una proposta di riforma istituzionale vorrebbe abrogare o modificare sia nelle competenze che nell' estensione geografica, appaiono sui giornali dati statistici...

Mentre si ravviva il clima elettorale per il rinnovo del consiglio della Provincia che una proposta di riforma istituzionale vorrebbe abrogare o modificare sia nelle competenze che nell' estensione geografica, appaiono sui giornali dati statistici preoccupanti ed allarmanti.

Si descrive un paese in ginocchio per l’aumento vertiginoso dei poveri e per l'incremento del disagio sociale che riguarda un numero sempre maggiore delle nostre famiglie.

Pensionati alla fame costretti ad una vita di stenti per rincorrere le tasse da pagare o per dare una mano ai giovani familiari sempre più distanti dal lavoro e più isolati da un futuro che dovrebbe offrire speranze e certezze.

Siamo una provincia dalle mille risorse, culla di artisti, intellettuali e capitani d’industria eppure incapace di crescere, demotivata, sfiduciata e che neppure tenta di spiccare il volo.

Una politica assistenziale ha dilaniato non solo il territorio ma ha soprattutto contagiato il modo di pensare e di vivere di intere comunità che hanno troppo spesso rinunciato a difendere la propria dignità e a tutelare gli interessi del territorio per abbandonarsi a conquiste solitarie e personali che hanno generato un sistema debole e malato.

Le graduatorie nazionali ci vedono agli ultimi posti in tema di inquinamento e qualità della vita, una disoccupazione dilagante e con i piccoli centri che risultano sempre più abbandonati a se stessi e con un trend della natalità sempre più negativo.

Aumentano purtroppo gli investimenti delle organizzazioni mafiose che trovano un terreno fertile per ripulire i proventi delle attività illecite e bruciano le aziende sane e le imprese oneste che non possono competere con un mercato truccato dal lavoro nero e dai capitali illegali.

E la politica dove si colloca? i partiti si alleano per contare le forze in campo,preparano l’assalto alla ‘Provincia ‘ pensano già ai futuri schieramenti e a suddividere il territorio in un ipotetico scacchiere dove collocare i giovani rampanti e gli inossidabili garanti di un sistema che non riesce a cambiare cultura di governo e rapporti con la gente. Battaglie interminabili con Acea, guerra aperta con l’asl, un nuovo fronte si sta aprendo con il gestore del gas e intanto il territorio agonizza perché non abbiamo le risorse per risanare gli errori del passato e le idee per immaginare una nuova frontiera per il futuro. La politica è schiava dei suoi leader e sotto ricatto di un pezzo importante della cosiddetta classe media che chiede solo per sé, vuole assunzioni e carriere garantite in cambio del voto. Questa terra ha poche speranze se la politica rinuncia a guidare il cambiamento e si adegua all’orizzonte grigio e d anonimo del presente, questa terra non avrà futuro se l’ unico modello di sviluppo è rappresentato dai centri commerciali e dallo sfarzo delle luci natalizie. Abbiamo conosciuto il progresso tecnologico e lo sviluppo quando abbiamo portato le scuole, gli ospedali, le strade e la luce nelle campagne, ora stiamo cercando di percorrere un cammino inverso portando dapprima i servizi lontano dai piccoli centri e poi obbligando la gente ad abbandonare la terra e le case dei loro genitori. Qualcosa non funziona soprattutto se il cittadino perde la fiducia nello Stato e lo Stato anziché colmare questo gap si rinchiude nei suoi riti bizantini cercando di sopravvivere senza il dialogo e sul consenso popolare. La classe politica della Ciociaria può essere di esempio, se a partire dalle tante disgrazie che affliggono il nostro territorio, torna a pensare in grande e ad agire in piccolo. Un territorio sempre più alla deriva e allo sbando deve essere la cartina tornasole dei suoi amministratori e se i risultati sono deludenti occorre porsi qualche domanda e fare qualcosa in più. Soprattutto non bisogna rimanere attaccati alle poltrone.

Dott. Arturo Gnesi

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