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Cronaca

Clan Mallardo: maxi-sequestro ai danni di un noto commercialista. Beni anche in Ciociaria

I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria anno sottoposto a sequestro, tra le province di Napoli, Caserta, Frosinone e Latina, 89 fabbricati, 10 terreni, 8 quote societarie, 2 autovetture e numerosi rapporti finanziari

Beni in mezzo Lazio e Campania compresa la provincia di Frosinone questo quanto previsto da un provvedimento di sequestro disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli con la Guardia di Finanza di Napoli che ha eseguito un provvedimento di sequestro di un ingente patrimonio, patrimonio in oltre 20 milioni di euro, riconducibile al noto commercialista Alfredo Aprovitola (classe '69) e al suo nucleo familiare. I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria partenopeo hanno sottoposto a sequestro, tra le province di Napoli, Caserta, Frosinone e Latina, 89 fabbricati, 10 terreni, 8 quote societarie, 2 autovetture e numerosi rapporti finanziari.

Originariamente, le indagini della Procura di Napoli avevano evidenziato come le risorse accumulate nel tempo sarebbero state favorite dal rapporto della famiglia Aprovitola con il clan Mallardo. Al riguardo, Domenico Aprovitola, padre di Alfredo, indicato da numerosi collaboratori come il “tesoriere”, veniva considerato un esponente storico del clan Mallardo, riconducendo la sua affiliazione all'epoca della fondazione dell'organizzazione stessa. Il figlio Alfredo, laureato in Economia e Commercio, occupandosi della gestione delle varie attività imprenditoriali riconducibili al clan, avrebbe assunto l'incarico di commercialista delle varie attività imprenditoriali soprattutto nei settori immobiliare ed edilizio.

Le evidenze investigative emerse nel corso degli anni, avrebbero fornito elementi determinanti circa la partecipazione di Alfredo Aprovitola al sodalizio criminale egemone nella zona di Giugliano in Campania; a queste si sono aggiunte le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, con indicazioni chiare e circostanziate della possibile gestione dei capitali illeciti del clan da parte dello stesso. L'Aprovitola avrebbe anche svolto un ruolo attivo nelle attività estorsive poste in essere da soggetti affiliati all'organizzazione criminale.

Arrestato dagli stessi finanzieri del GICO nel 2012 per estorsione aggravata dal metodo mafioso e nel 2013 per concorso esterno in associazione camorristica, Aprovitola, a conclusione delle numerose attività investigative eseguite nei confronti del clan Mallardo, è stato condannato a 7 anni di reclusione per estorsione dalla 4^ Sezione Penale del Tribunale di Napoli con sentenza emessa nel settembre 2020. Le ulteriori indagini di natura economico-patrimoniale, epilogate con l'esecuzione degli odierni sequestri, hanno fatto emergere un'incapienza patrimoniale del nucleo familiare di Alfredo Aprovitola, risultato privo di fonti lecite di guadagno in grado di giustificare il valore economico del patrimonio accumulato nel tempo.

La sentenza definitiva

Dopo 12 anni arriva l'assoluzione "definitiva" della Corte di Cassazione per il commercialista di Giugliano in Campania (Napoli) Alfredo Aprovitola, ritenuto per anni dalla DDA di Napoli un colletto bianco al servizio di una delle organizzazioni criminali campane più "longeve" e potenti, il clan Mallardo, facente parte con i Contini e i Licciardi della cosiddetta Alleanza di Secondigliano.

Già la Corte di Appello di Napoli, il 10 marzo 2022, aveva assolto Aprovitola dall'accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso, che in primo grado gli era costato sette anni di carcere.
Un'accusa basata sulla denuncia di due esponenti del clan Mallardo divenuti collaboratori di giustizia (Tommaso e Rosario Froncillo, padre e figlio) che raccontarono ai magistrati anticamorra come il commercialista avesse imposto nel loro bar la fornitura del caffè Seddio, marchio la cui titolarità, come emerso da alcune sentenze irrevocabili, è riconducibile al clan Mallardo. I Froncillo riferirono peraltro di essere i gestori del bar, ubicato in un immobile di proprietà del commercialista.
I legali di Aprovitola, gli avvocati Giulia Bongiorno e Mario Griffo, valorizzando un'intercettazione, hanno dimostrato che, in realtà, fu il commercialista a subire l'imposizione in quanto il bar era gestito quasi del tutto dai lui, il quale pagava fornitori e bollette, nonostante con i due Froncillo vi fosse un contratto di gestione. La circostanza ha indotto i giudici a ritenere illogico che Aprovitola, come effettivo gestore del locale, potesse fare un'estorsione a sé stesso e quindi a respingere, perché "inammissibile", il ricorso degli inquirenti.

 

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