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Cronaca

Muore dopo una lunga malattia senza riuscire ad abbracciare il figlio di 12 anni per l'ultima volta

La triste storia di una mamma deceduta nelle ore scorse a Frosinone

Una storia di violenze familiari terminata con il dolore di una mamma che nonostante la malattia non ha potuto riabbracciare il suo figlio più piccolo perché era stato affidato al padre. La storia di una donna morta questa notte nella sua casa a Frosinone, dopo una lunga degenza in un hospice a Cassino, per un cancro avanzato che non le ha dato scampo, la giovane mamma che ha chiesto invano fino all’ultimo in Tribunale di poter riabbracciare un’ultima volta suo figlio, collocato presso il padre.

Questa mattina le operatrici e avvocate del centro antiviolenza ‘Fammi rinascere’, che le sono state accanto fino all’ultimo insieme alla figlia della donna, le hanno dedicato un post. “Non ti hanno permesso di riabbracciare per l’ultima volta il tuo amato figlio, un dolore che ha aggravato ancor di più la tua salute cagionevole – scrivono le operatrici e le avvocate -“.

Le ultime volontà di questa mamma quando venne ascoltata furono: “Vorrei che I. (la figlia maggiore) rimanesse con me perché questo è il suo desiderio e deve essere rispettato, e vorrei che anche M. (il figlio più piccolo) rimanesse con me, perché è un suo desiderio, anche se io ho adesso delle difficoltà; anche perché è più di un anno che non vedo mio figlio”.

La storia di questa giovane mamma, gravemente malata, inizialmente in cura al Gemelli, era arrivata su alcune testate nazionali. Era stata ricoverata mesi e infine era tornata a casa per le cure palliative. Accanto a lei sempre presente la figlia maggiore. Attendevano insieme che arrivasse a darle un bacio il figlio dodicenne che “il padre, medico che opera in Puglia da cui la donna si è separata dopo una vita di maltrattamenti, dalle feste natalizie di gennaio 2022 non ha più riportato a sua madre, violando ben due ordinanze del giudice”, come ha ricordato all'agenzia Dire il legale del procedimento penale della donna, Francesca Ruggeri.

“Nell’ultima udienza di dicembre 2021 nonostante la richiesta di affido esclusivo alla mamma, la signora sapendo che non poteva farcela per le sue condizioni di salute che si erano aggravate, acconsentiva che temporaneamente il figlio rimanesse con il padre. Prendeva così il piccolo per le vacanze di Natale a Frosinone e lo riportava poi al padre. Era gennaio 2022 e il bambino, proprio quando la mamma si aggravava ancora, non è stato mai più riportato dal papà a vederla”, violando quanto deciso dal Tribunale sulle visite.

Questa mamma, già gravemente malata, ha dovuto sostenere una ctu (consulenza tecnica d’ufficio), ad aprile 2022, che ha stabilito, ricorda sempre Ruggeri, “che in virtù della conflittualità (anche qui nessuna traccia dell’accusa di violenza) il bambino potesse stare dal padre e che dovesse essere portato dalla mamma una volta al mese, cosa mai avvenuta”, ha ricordato.

L’avvocata Ruggeri racconta alla Dire la storia di questa mamma come un caso tipico in cui nel procedimento civile di separazione non viene ‘vista’, anzi strenuamente negata, la violenza denunciata nel penale, anche quando l’uomo finisce rinviato a giudizio. Complice forse il fatto che la vita da prigioniera di questa mamma non le avesse lasciato ferite sul corpo, o fratture, o lividi. Nel civile quanto depositato nel penale non ha contato nulla sull’affido dei minori, tanto meno è stata presa in considerazione la frattura del rapporto tra i due fratelli, nemmeno dalla ctu.

“Ed ora– scrivono ancora le operatrici del centro antiviolenza - domandiamoci quanto dolore, oltre quella della malattia che gravava su di lei, possa esserci stato nel cuore di questa mamma che si è vista costretta nel limbo di un’attesa di una giustizia lenta che non ha tenuto in considerazione le sue condizioni psicologiche. Quelle di una mamma che voleva per l’ultima volta riabbracciare il proprio figlio”.

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