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Cronaca

Olevano Romano, con la città metropolitana che fine faranno i piccoli comuni e le loro economie?

"Con la nascita della città metropolitana che fine faranno i piccoli comuni". Questa la domanda che cerca risposta dopo la nuova legge di riforma che vede le aggregazioni di comuni minimo fino a 10.000 con la proposta Del Rio che le Regioni...

"Con la nascita della città metropolitana che fine faranno i piccoli comuni". Questa la domanda che cerca risposta dopo la nuova legge di riforma che vede le aggregazioni di comuni minimo fino a 10.000 con la proposta Del Rio che le Regioni tengono nel cassetto.

E’ questo un segnale molto preoccupante, che deve far riflettere, emerso l’altra sera al Convegno: A.A.A.: Agricoltura, Aree Interne, Aree Metropolitane, Tre nodi cruciali per lo sviluppo locale prossimo venturo, che si è svolto nell’aula Consiliare del Comune di Olevano Romano, alla presenza di diversi amministratori del comprensorio.

Agricoltura, o meglio il vino laziale, con sempre meno produzione e più eccellenza. Infatti, dai 56.000 ettari di terreno lavorati una decina di anni fa, oggi siamo passati a 16.000 ettari, con le cantine sociali sempre più in crisi perché nessuno consegna più l’uva raccolta.

E’ stato il Sindaco Marco Mampieri ad introdurre l’argomento molto delicato, perché con la sparizione delle province e con la creazione dell’Area Metropolitana cosa accadrà per i piccoli comuni? Il dibattito è stato moderato da Paolo Benvenuti (direttore dell’Associazione nazionale Città del Vino). L'avv. Mampieri ha tenuto a precisare che ci vuole più rapporto con il territorio, perché la tradizione senza l’innovazione non porta da nessuna parte e si deve saper raccogliere la sfida della città metropolitana. All’interessante tavola rotonda dove si è parlato del piano di investimenti delle aree interne, vitivinicoltura e agricoltura delle aree metropolitane. Opportunità di criticità del coordinamento tra aree interne, aree metropolitane e agricoltura alla luce da una parte del complesso processo di riordino degli enti locali e dall’altra, della Strategia nazionale delle aree interne, che si intendono quelle aree significative distanti dai centri di offerta di servizi essenziali (di istruzione, salute e mobilità), ricche di importanti risorse ambientali e culturali e fortemente diversificate per natura e a seguito di secolari processi di antropizzazione.

Con il termine Area Metropolitana si intende un sistema economico, funzionale più che una unità insediativa demografico-edilizia; esso può includere anche diverse città e aree urbane . Ciò che importa nella individuazione delle aree metropolitane le cui dimensioni sia territoriali che demografiche e funzionali sono comunque molto più ampie di quelle di un’area metropolitana, le cui dimensioni territoriali demografiche e funzionali sono comunque molto più ampie di quelle di un’area metropolitana, le cui dimensioni sia territoriali che demografiche e funzionali sono comunque molto più ampie di quelle di aree urbana, non è la continuità della edificazione, la quale può risultare interrotta da territori anche ampi, a destinazione agricola o liberi, quanto la presenza di rapporti funzionali, di interrelazioni e scambi fra le diverse attività e funzioni insediate nel suo ambito. Per secoli l’agricoltura italiana è stata una pratica economica delle aree interne, una parte rilevante delle quali ha però subito negli ultimi decenni un forte processo di marginalizzazione segnato dal calo della popolazione, riduzione dell’occupazione e dell’utilizzo del territorio, offerta locale calante di servizi pubblici e privati, riduzione del suolo agricolo, dissesto idro-geologico e degrado del patrimonio culturale e paesaggistico. Un articolato discorso è emerso dal convegno a cui hanno preso parte il Prof. Pietro Barrera ( direttore del centro Didattico Permanente “ Luigi Pinciani” della Provincia di Roma del fatto che l’Area metropolitana non deve avere come principio la riduzione dei comuni, ma deve nascere una federazione dei comuni perché si ha bisogno di costruire infrastrutture e preparare un progetto di sviluppo con le vocazioni del territorio. Cosi deve andare anche alla riforma dei comuni, che in Italia dovrebbe vedere aggregati a non meno di 10.000 abitanti, mentre in francia le federazioni dei comuni, per avere più peso fanno aggregazione di oltre 50.000 abitanti.

Il Prof. Pietro Rostirolla ( Dipartimento scienze Sociali Università degli Studi di Napoli) ha spiegato che i comuni debbono fare sistema unico integrato perché già sono sufficentemente omogenei con strumenti innovativi di pianificazione, ecco perché occore un piano strategico di pianificazione e produzione del cibo. Insomma, un nuovo patto tra città e campagna, tenendo presente che Roma è per il 70 percento città agricola. Quindi si deve mettere a disposizioni il capitale naturale, acqua, bosco, cultura e tutto quello che gira intorno per una gestione più consona del territorio.

Mentre Fabrizio Montepara ( Presidente Res Tipica-Anci e Vice Presidente Associazione Nazionale città del Vino) ha parlato della legge di Riforma dei comuni, presentata recentemente dal sottosegretario del Rio e che le regioni la tengono ferma nei cassetti delle commissioni.

Nella interessante tavola rotonda sono intervenuti anche il Sindaco di Serrone Natale Nucheli, che ha parlato di dover mettere a sistema le realtà locali con quello che c’è: mentre l’assessore all’agricoltura di Paliano Eleonora Campoli ha descritto la crescita della sua città dove stanno nascendo diverse cooperative di giovani. Nella zona mancano persone che sappiano fare progettualità europea, per saper mettere a frutto le opportunità che offre l’Europa. Al convegno era presente anche il Sindaco di Piglio Avv. Mario Felli con l’assessore Thomas ed il Sindaco di Roiate.

Giancarlo Flavi

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