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Martedì, 23 Aprile 2024
La denuncia

"Marco Mottola, il figlio del maresciallo di Arce ha ucciso una ragazza, lo voleva rovinare"

A raccogliere la confidenza, il giorno successivo al ritrovamento del cadavere di Serena Mollicone, fu il professor Fernando Ferrauti, ex responsabile del Dipartimento 3 D dell'Asl di Frosinone che allertò immediatamente i carabinieri ma non venne creduto.

"Il giorno successvo al ritrovamento del cadavere di Serena Mollicone, lunedì 4 giugno, due tossicodipendenti che erano miei pazienti, mi rivelarono che ad Arce era stata uccisa una ragazza e che l'autore del delitto era Marco Mottola, il figlio del maresciallo dei Carabinieri. Io rimasi stupito da quelle parole e per questo immediatamente allertai i carabinieri. Qualche giorno dopo venne a trovarmi un ufficiale al quale nuovamente riferii la confidenza ricevuta da due giovani, due fratelli, residenti a Ferentino. Sono stato ascoltato altre volte, ma senza che mi venisse fatto firmare alcun verbale. Poi non ho saputo più nulla fino a quando una notte, alle quattro, non vennero a bussare i carabinieri, a casa mia e di mia madre, per una perquisizione. Successivamente ho saputo che per giorni ero stato 'sorvegliato'. Un fatto questo che ha profondamente segnato la vita di tutti noi". Il professor Fernando Ferrauti, ex responsabile del Dipartimento 3 D dell'Asl di Frosinone, è un fiume in piena davanti alla Corte d'Assise del tribunale di Cassino. E' stato ascoltato come testimone delle parti civili ed ha ricostruito quello che ai tanti presenti in aula è sembrato un fatto assurdo, quasi surreale.

Come avrebbero potuto sapere i fratelli ferentinati, quello che poi sarebbe divenuto motivo di accusa per 'omicidio volontario', venti anni dopo? Per quale motivo gli inquirenti dell'epoca non ascoltarono le parole del professor Ferrauti? Domande alle quali nessuno è stato in grado di dare una risposta. Certo è che anche il medico stimato per la sua grande professionalista, ha dovuto patire come molti altri, l'onta dell'ingiusto sospetto.

L'udienza è iniziata con la deposizione del medico legale, collaboratore dell'antropologa forense Cristina Cattaneo. L'esperta, in collegamento streaming dall'Australia, ha illustrato alla Corte aspetti inerenti la confermazione delle larve rinvenute sul cadavere della studentessa ed ha precisato che la stessa vittima è deceduta nella giornata del 1° giugno. 

A testimoniare anche Marco Malnati, compare di Santino Tuzi, il brigadiere morto suicida nel 2008. L'uomo nel corso della sua deposizione, seppur costellata di 'non ricordo' e 'forse', ha riferito due aspetti importanti: che Santino Tuzi gli avrebbe riferito che a riportare il cellulare di Serena a casa sarebbe stato il maresciallo Mottola. Non solo. Tuzi gli raccontò che prima della morte della studentessa, Marco Mottola rimase coinvolto in un incidente stradale ad Arce e che nella sua auto venne trovata droga. Agli atti venne verbalizzato solo l'incidente. Il pubblico ministero Maria Beatrice Siravo si è riservata di trasmettere il verbale della testimonianza di Malnati in procura per 'falsa testimonianza'. L'uomo è stato anche denunciato per 'oltraggio al pubblico ministero' perchè, durante la deposizione, ha insultato il magistrato che nel 2008 indagò sul suicidio di Tuzi.

La giornata si è conclusa con le parole di Maria Tuzi che per quasi due ore ha ricordato alla Corte i momenti successivi alla morte del papà. "Oggi posso dire con certezza che mio padre non si è suicidato per amore. La sua morte è strettamente collegata a quanto era a sua conoscenza. Io per anni mi sono fidata di ciò che mi raccontarono i carabinieri. Ad aprire la mia mente fu una trasmissione in cui era ospite il maestro Guglielmo. Nel sentire le sue parole decisi di andare a trovarlo. Da allora la mia vita è stata basata sul cercare la verità. Mio padre non voleva altro che andare in pensione e fare il nonno". 

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