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Il processo / Cassino

Trenta minuti di atroce agonia, Serena Mollicone poteva essere salvata

Anche le perizie medico legali della difesa degli imputati parlano chiaro: la studentessa di Arce non è morta per il colpo alla testa contro la porta ma soffocata dal nastro adesivo che chiudeva bocca e naso

Trenta minuti di lenta agonia, con la bocca e il naso chiusi da un nastro adesivo e con la testa infilata in un sacchetto. E' morta così Serena Mollicone, la studentessa di Arce (Frosinone) assassinata nel giugno del 2001. E' morta soffocata e non a causa del violento colpo ricevuto alla tempia sinistra, dopo il probabile urto contro una porta di un alloggio situato nella caserma dei Carabinieri di Arce.

Serena Mollicone avrebbe potuto essere ancora in vita se l'assassino o gli assassini avessero avuto un briciolo di umanità e di rispetto verso il prossimo. Una giornata cruciale, quella di ieri, per un processo che si avvia alla conclusione e che vede imputate cinque persone: l'ex comandante della Caserma dei Carabinieri di Arce, Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio di questi ultimo, Marco; sotto processo anche due carabinieri all'epoca dei fatti in servizio presso la struttura militare, il vice comandante Vincenzo Quatrale e l'appuntato Francesco Suprano. 

A fugare ogni dubbio, sulla dinamica di uno degli omicidi più crudeli ed efferrati che si ricordi in Italia, sono stati i tutti gli autorevoli medici legali che ieri hanno deposto dinanzi alla Corte d'Assise del tribunale di Cassino. Pubblica accusa e difesa, rappresentanti dalla scienziata Cristina Cattaneo, andropologa di fama mondiale e dal professor Giorgio Bolino (che rappresentava i tre componenti della famiglia Mottola) in un coro unanime, hanno riferito al presidente Massimo Capurso che l'arma del delitto non è stata la porta contro la quale la diciottenne potrebbe aver battuto il capo ma quanto poi applicato sul suo volto da mani ignote. 

Nessuna pietà, nessun senso di protezione verso una ragazzina indifesa che nulla ha potuto per sfuggire a tanta violenza. Chi l'ha aggredita in un impeto d'ira, molto probabilmente non intendeva ucciderla ma chi l'ha lasciata soffocare dopo aver immobilizzato mani e piedi con nastro adesivo e fil di ferro, era ben consapevole di quanto sarebbe poi accaduto.

L'udienza ha visto protagonisti anche i periti di parte di Vincenzo Quatrale che hanno escluso che l'uomo possa aver 'istigato' con il suo comportamento, il suicidio del brigadiere Santino Tuzi morto l'11 aprile del 2008 poco giorno dopo aver riferito agli inquirenti della Procura di Cassino di aver visto Serena Mollicone entrare nella caserma dei carabinieri di Arce, quella maledetta mattina dal 1° giugno del 2001. Incalzanti le domande degli avvocati della parte civile rappresentanti da Sandro Salera ed Antony Iafrate per Consuelo Mollicone, sorella di Serena, Dario De Santis per Antonio Mollicone, zio della giovane uccisa e fratello di Guglielmo, Federica Nardoni per Armida Mollicone, zia di Serena e sorella di Guglielmo, Elisa Castelucci, difensore di Maria Tuzi, figlia del brigadiere Santino. 

Il dibattimento proseguirà con le udienze del 22 e del 24 giugno e che vedranno sfilare alcuni testimoni ed ex ufficiali dell'Arma dei Carabinieri mentre il 29 giugno avrà inizio la discussione. La sentenza è prevista per il 15 luglio prossimo. 

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