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Cronaca

Roma, incontro sui tumori. Ventanni di tempo per un ex fumatore per tornare a sperare

I tumori dell’apparato uro-genitale oggi compaiono ai primi cinque posti della classifica dei più diagnosticati nella popolazione italiana. Nella maggior parte dei casi sono silenti nei primi stadi ma c’è una buona notizia: sono sempre più...

I tumori dell’apparato uro-genitale oggi compaiono ai primi cinque posti della classifica dei più diagnosticati nella popolazione italiana. Nella maggior parte dei casi sono silenti nei primi stadi ma c’è una buona notizia: sono sempre più guaribili.

Le terapie e le armi della prevenzione di questi tumori sono al centro dell’intervento del Giovanni Alei, professore benemerito di Urologia, Iª Facoltà di Medicina e Chirurgia della "Sapienza" Università di Roma e Presidente della Società Italiana Chirurgia Genitale Maschile (SICGEM), nel corso del convegno organizzato oggi dall’Accademia Europea per le Relazioni Economiche e Culturali, presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Fra i primi cinque tumori diagnosticati più di frequente negli uomini, quelli dell’apparato uro-genitale guadagnano il primo e il quarto posto. Il cancro della prostata, infatti, con il suo 20% di incidenza, è in cima alle diagnosi mentre meno comune, ma non per questo da trascurare, è il tumore della vescica, presente nel 10% dei pazienti. Le percentuali sul totale della popolazione diminuiscono, declassando la prostata al terzo posto (11%) e la vescica al quinto (7%).

La differenza fra uomo e donna è lampante: i tumori urologici nei maschi si riscontrano nel 34,5% dei casi, nelle femmine la quota invece crolla al 5,4%. Il motivo sta nella concomitanza, più comune nei maschi, di svariati fattori di rischio, come: fumo, dieta, alcol, fattori ormonali ed esposizione ad agenti cancerogeni in ambienti di lavoro. A distanza di cinque anni dalla diagnosi, la sopravvivenza dei pazienti affetti da carcinoma prostatico è aumentata del 30%. E anche per gli altri tumori uro-genitali, sempre fra gli uomini, l’aspettativa è sicuramente migliorata, essendo oggi intorno al 10-15%. Stessa cosa vale per le donne che dagli anni ’90 in poi hanno visto una crescita positiva del dato anche per il rene e la vescica.

Tumore del rene. Fumo, obesità, ipertensione, familiarità ed agenti inquinanti sia alimentari sia atmosferici. Sono questi i fattori di rischio della neoplasia che colpisce i reni e ogni anno annovera 8.300 nuovi casi nei maschi e 4.300 nelle donne. La prevenzione primaria dovrebbe vedere anche in Italia un’accelerazione: la diagnosi precoce infatti ancora arranca, vista la natura silente del tumore. I sintomi sono l’ematuria (tracce di sangue nelle urine), una massa palpabile e un dolore localizzato. Difficilmente i tre si manifestano contemporaneamente ed è più solito accorgersi del tumore dopo una ecografia renale. «La tempistica fa la differenza – afferma il professor Alei - visto che la sopravvivenza a dieci anni, in caso di prognosi favorevole, al primo e al secondo stadio è pari all’80-100% mentre si dimezza (40-50%) se si interviene al terzo e al quarto stadio. Pertanto, anche se per motivi socioeconomici non è previsto dalle linee guida, l’ecografia renale una volta l’anno certamente permette di effettuare una diagnosi precoce».

Vescica. In questi casi, il primo fattore di rischio è il fumo. Il numero di sigarette e gli anni di vizio alle spalle del paziente sono elementi molto importanti. Basti pensare che un ex fumatore ha bisogno di 20 anni di sospensione per avere le stesse probabilità di non incorrere nel cancro di chi non hai mai acceso una bionda. L’incidenza aumenta con l’avanzare dell’età e negli anziani la mortalità è più elevata mentre nei giovani si osservano forme differenziate e meno aggressive. Anche per il tumore della vescica, i numeri sono a sfavore degli uomini: 19,4-24,6 nuovi casi l’anno ogni 100 mila abitanti fra i maschi, contro i 3,1-3,2 fra le femmine. Per la diagnosi, si procede con l’esame delle urine, l’ecografia vescicale e la citologia urinaria, un test delle urine compiuto nell’arco delle 24 ore capace di individuare le cellule tumorali.

Prostata. Un campanello d’allarme è il dosaggio del PSA. Il suo aumento però può indicare sia un carcinoma sia un’infiammazione prostatica. «La competenza dell’urologo che visita il paziente – spiega Alei - e l’aiuto di esami ecografici e radiologici permettono di distinguere le patologie infiammatorie dalle neoplasie. Il dosaggio annuale del PSA – aggiunge - e la visita urologica sono raccomandati a tutti gli uomini dai 50 anni in su ma per coloro in cui è presente uno dei fattori di rischio si raccomanda di cominciare dai 40 anni; è altresì consigliabile dopo i 65 effettuare il dosaggio dopo i 6 mesi».

Cure. Oggi l’efficacia della prostatectomia radicale, ovvero l’asportazione di prostata e vescicole seminali, è al primo posto per rimuovere completamente la malattia. L’intervento può essere fatto a cielo aperto per via addominale ma anche per via laparoscopica e robotica. «Il vantaggio della via addominale – illustra l’urologo - è che contemporaneamente alla prostata si possono rimuovere, affinché vengano analizzati, tutti i linfonodi in cui si potrebbe essere infiltrato il tumore. L’operazione chirurgica è assolutamente affidabile e ormai molto sicura. In una percentuale di casi si può avere come complicanza l’incontinenza e l’impotenza. All’incontinenza – continua - si ovvia agevolmente con l’impianto delle benderelle, denominate sling, che, comprimendo l’uretra, la risolvono. Per l’impotenza, abbastanza frequente, è fondamentale effettuare accertamenti strumentali che, valutando la funzionalità sia vascolare sia nervosa, consentono di ottimizzare le terapie farmacologiche riabilitative con grandi percentuali di successo. Nei casi in cui la terapia riabilitativa non risolva il problema, invece, si interviene con l’impianto di protesi peniene sia malleabili sia idrauliche. Fra queste ultime, quelle che consentono un intervento mininvasivo e un ridotto rischio d’infezione sono le idrauliche tricomponenti. In generale le protesi peniene garantiscono rigidità e comfort e quindi l’ottimizzazione della qualità di vita, laddove l’aspettativa di vita è stata già ottimizzata dalla prostatectomia».

Il nemico numero uno degli uomini. L’incidenza del tumore alla prostata dagli anni ’90 agli anni 2000 ha subito un’impennata. Merito della diffusione dell’esame del PSA e della maggiore attenzione che gli uomini danno alla propria salute. Dal 2004 però assistiamo a un calo della frequenza, insieme al tasso di mortalità. Questo non significa meno test di diagnosi ma sicuramente la sensibilità verso i fattori di rischio e l’efficacia della risposta alla terapia chirurgica.

Testicolo e pene. Se il cancro della prostata è tipico della terza età, quello al testicolo lo è dell’età riproduttiva, fra i 15 e i 39 anni. In questo caso l’autopalpazione regolare rimane il metodo più efficace ed economico per intercettare le neoplasie ad uno stadio iniziale. I pazienti ad alto rischio sono quelli che hanno un ridotto numero di spermatozoi, testicoli con un volume inferiore ai 12 ml, un valore elevato dell'ormone follicolo-stimolante (FSH) e una mancata discesa del testicolo. «A questi pazienti – suggerisce il professore - si consiglia di effettuare una ecografia testicolare. Il testicolo ritenuto va comunque portato in sede il prima possibile perché nel caso di neoplasia non essendo autopalpabile non permette la diagnosi precoce».

Quello del pene invece è un tumore meno frequente che vede fra i fattori di rischio: le condizioni infiammatorie croniche derivanti dal lichen scleroatrofico, le fimosi, il fumo, l’età, i condilomi, l’HIV e i trattamenti UV. La loro incidenza si riduce di 3-5 volte grazie alla attenta auto-osservazione e i controlli periodici da parte dell’urologo. Il rischio aumenta nella stessa misura se la storia del paziente parla di un numero elevato di partner e di un’età precoce del primo rapporto sessuale. Nel 50% dei pazienti affetti da tumori del pene, si riscontra anche la presenza di un’infezione da HPV.

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