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Roma, i No Inc di Albano “festeggiano” i 5 anni dell’autorizzazione per la costruzione dell’inceneritore

Mercoledì sera al Villaggio Ardeatino, nei pressi della mega discarica di Roncigliano di proprietà di Manlio Cerroni, il popolo No Inc di Albano Laziale ha spento 5 candeline. Sono passati cinque anni da quel 13 agosto 2009, data in cui fu

Mercoledì sera al Villaggio Ardeatino, nei pressi della mega discarica di Roncigliano di proprietà di Manlio Cerroni, il popolo No Inc di Albano Laziale ha spento 5 candeline. Sono passati cinque anni da quel 13 agosto 2009, data in cui fu

autorizzata la costruzione dell’Inceneritore più grande d’Europa proprio sul territorio dei Castelli romani da parte dell’allora Presidente della Regione Lazio e Commissario straordinario per i rifiuti Piero Marrazzo.

Da quel giorno le lotte dei cittadini non si sono mai fermate. Tra numerose vertenze, manifestazioni, proteste e processi, il cantiere è ancora fermo, ma lo stato d’allerta è comunque alto, perché il pericolo che possa essere attivato da un giorno all’altro continua ad incombere. L’autorizzazione per la costruzione è ancora valida, prorogata fino al mese di novembre del 2015 dall’ex Presidente della Regione Lazio Renata Polverini. Questa è la risposta istituzionale alle richieste dei cittadini che vivono in quel territorio e chiedono continuamente che la discarica di Roncigliano venga chiusa per sempre e sostituita da attività virtuose come la raccolta differenziata, il riuso e il riciclo dei rifiuti, a tutela della salute della popolazione, dell’ambiente e dell’economia di quei territori rinomati per la qualità dei prodotti agricoli.

Nonostante l’arresto di Manlio Cerroni avvenuto il 9 gennaio scorso, il 21 luglio un’ordinanza del Tar del Lazio ha stabilito che i fondi CIP/6, consistenti in mezzo miliardo di soldi pubblici che andrebbero a gravare sulle bollette di tutti, potrebbero essere destinati alla costruzione del grande forno che brucerebbe anche i rifiuti composti da materie prime perfettamente riciclabili, come plastica, carta e legno. L’incenerimento avverrebbe, quindi, senza criterio e senza riguardo alle tasche e alla salute dei cittadini che abitano a pochi metri dal sito in questione e che andrebbero a subire, in aggiunta alla puzza della discarica e all’inquinamento delle falde acquifere, anche i fumi dell’Inceneritore.

E’ scandaloso che un territorio come quello dei Castelli Romani, famoso nel mondo per la qualità dei suoi prodotti, possa essere gravemente danneggiato da un’opera mostruosa e obsoleta, quando esistono alternative valide come la raccolta differenziata porta a porta e gli impianti di produzione di energia verdi: pannelli solari, impianti eolici ed idroelettrici. E’ doveroso mettere in evidenza che quest’opera verrebbe costruita a pochi chilometri da Roma, Capitale d’Italia, culla dell’arte, della cultura e della civiltà, dimostrando la totale mancanza di rispetto per luoghi e territori che tutto il mondo ci invidia.

L’insofferenza dei cittadini che da anni combattono, investendo soldi ed energie in una lotta a difesa della salute, della vita e del futuro dei propri figli, non riesce a trovare riscontro da parte delle Istituzioni pubbliche. Il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, L’Assessore regionale ai rifiuti Michele Civita ed il sindaco di Albano Laziale Nicola Marini restano sordi alle richieste di revoca dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), nonostante abbiano il potere di intervenire e nonostante l’ordine di carcerazione dei funzionari regionali Luca Fegatelli e Raniero De Filippis che avevano redatto l’autorizzazione in questione.

Al raduno cittadino di ieri sera è intervenuto anche il deputato del Movimento 5 Stelle e membro della Commissione Ambiente Stefano Vignaroli che sul suo profilo Facebook denuncia: “In tutto questo caos tra legalità e illegalità la Commissione Parlamentare Ciclo Illecito Rifiuti viene tenuta ferma dalla maggioranza in lite tra poltrone e riforme. Gli interessi dei numerosi cittadini esasperati che mi contattano da ogni dove possono aspettare”.

Di Aleksandra Milosevic

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