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Genazzano, bilancio e poesia :intervista al sindaco Fabio Ascenzi

2009-2015:Fabio Ascenzi è da  sei anni da sindaco di Genazzano. Un bilancio? Abbiamo provato a dare il nostro contributo di idee e progetti. Una cosa è certa: è molto difficile amministrare un comune in un momento storico come questo.

2009-2015:Fabio Ascenzi è da sei anni da sindaco di Genazzano. Un bilancio? Abbiamo provato a dare il nostro contributo di idee e progetti. Una cosa è certa: è molto difficile amministrare un comune in un momento storico come questo.

Sempre a lamentarsi, gli enti locali…

So che è la lagnanza di tutti i sindaci, ma questo dovrebbe far riflettere. In questo, non esiste centro-destra o centro-sinistra: quando noi sindaci del territorio ci incontriamo, abbiamo tutti gli stessi problemi.

La crisi, però, non c’è solo per gli enti locali…

… ed è la peggiore che si ricordi. Quando sono stato eletto sei anni fa, francamente la situazione non era così critica. I comuni sono il primo feedback per i cittadini. Tutti si rivolgono al sindaco, al municipio, anche per competenze che non sarebbero loro. Voglio dire che ci siamo noi, in prima fila. E quando vediamo cittadini in difficoltà, è frustrante non avere le risorse per dare le risposte adeguate.

È soltanto un problema economico?

Nei miei sei anni, ho subìto più di un milione e mezzo di euro di tagli, di cosiddetti “trasferimenti”: ovvero, soldi liquidi di cui il comune disponeva ma che, di anno in anno, diminuivano. Per un comune come Genazzano, il cui bilancio complessivo è di circa cinque milioni di euro, voi capite cosa significa tagliarne uno e mezzo.

In questi casi ci si consola dicendo che “è una sfida”…

Certamente. Ci si è dovuti “ripensare”, stabilire un approccio diverso alle cose. Scherzando con i miei assessori, dico loro: “Se avessimo avuto tutti quei soldi, beh, sarebbe stato troppo facile amministrare…!”.

Le attività culturali di Genazzano hanno lunga tradizione. Ne hanno risentito?

Pensate soltanto che il Castello venne completamente restaurato con i fondi del Giubileo dell’anno 2000. Solo a Genazzano arrivarono, in quegli anni, circa dodici-tredici miliardi delle vecchie lire.

E per il prossimo Giubileo?

Quello sarà diverso: non ha una scadenza naturale, ad esempio. Io so soltanto che adesso il problema è racimolare i soldi per chiudere le buche nelle strade di Roma…

A parte il Castello, come procedono le attività culturali in genere?

La cultura è quella che ha avuto maggiori penalizzazioni nei tagli. Personalmente, non la penso come quell’ex-ministro secondo il quale “con la cultura non si mangia”. La cultura nutre altre parti del nostro corpo, come il nostro cervello, la nostra anima. È un po’, se vogliamo, l’idea alla base del Concorso di Poesia.

All’interno del Castello avete creato il Ciac, il Centro Internazionale di Arte Contemporanea…

Il 10 ottobre inaugureremo una mostra che vedrà anche una installazione di un artista israeliano sul tema dell’albero della cuccagna. È un’iniziativa ideata da Achille Bonito Oliva per Expo 2015, e Genazzano è uno dei pochi piccoli centri che vi partecipa.

Genazzano è provincia di Roma, ma è uno dei comuni più lontani dalla Capitale. Come vivete questa “lontananza”?

Siamo il comune di cerniera tra le provincie di Roma e di Frosinone. E’ impossibile una competizione con la Capitale. Genazzano ha tutte le caratteristiche di un paese di grande interesse turistico, ma bisogna stare con i piedi per terra. Secondo i dati diffusi da Assoalberghi, la permanenza media del turista a Roma non supera i tre giorni. Figuriamoci se, con così poco tempo, possono venire a visitare i centri della provincia.

Su cosa puntate, allora?

Sul turismo di piccolo e medio raggio. Il nostro ha carattere artistico-culturale, eno-gastronomico, a volte è legato a iniziative ricorrenti come l’Infiorata, oppure episodiche come il concerto di domenica sera di Cristiano De Andrè, con un pubblico di migliaia di persone.

Insomma: Roma vi mette soggezione?

È sicuramente un freno, un limite, ma anche un’opportunità. Pensiamo di nuovo al Ciac. Progettato a metà anni ‘90, avrebbe dovuto essere l’unico centro internazionale di arte contemporanea della provincia, sul modello, per intenderci, del Castello di Rivoli per Torino. Poi, nel ’98, viene bandito a Roma il concorso per realizzare il Maxxi, e contemporaneamente il Macro. A quel punto, sarebbe stato sciocco pensare di entrare in competizione. Abbiamo così modificato la destinazione, trasformandolo in un luogo di arte sperimentale, aperto ai giovani.

Il concorso di poesia è giunto ormai al secondo anno. C’è il suo impegno per continuarlo?

Assolutamente sì. Grazie all’impegno di Paola Bosca e della sua Associazione Rumori dell’Anima, ha avuto un ottimo riscontro di pubblico, con la partecipazione di poeti e scrittori da tutta Italia.

Lo scorso anno la povertà, quest’anno la droga. Continuerà ad essere un concorso a tema?

Direi proprio di sì. Condividiamo del tutto la scelta delle tematiche e lo scopo che si propongono: la poesia può aiutare in situazioni delicatissime.

Quindi la pratica della poesia (scriverle, leggerle, farle leggere) può essere d’aiuto, in particolare, nel percorso di riabilitazione delle dipendenze?

Qui torniamo alla cultura che non farebbe mangiare: altro che, invece, se fa mangiare. Nutre parti del nostro animo, soprattutto in situazioni problematiche come quelle della tossicodipendenza. Parlare di poesia è garanzia di un impegno civico, al servizio di un grave problema sociale.

Lei ha mai scritto poesie?

Certo, come tutti, credo. In epoca liceale ero uno scrittore assiduo, anche se acerbo.

I preferiti?

Soprattutto i moderni: Pessoa, Neruda. Ma anche i classici.

Ovviamente legge di meno, da quando è sindaco…

Ovviamente… Purtroppo.

Cinzia Baldazzi

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