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Giovedì, 28 Marzo 2024
Roma

Roma, Al Colosseo la Mostra Terrantica fino a ottobre

Terrantica. Volti, miti e immagini della terra nel mondo antico, che resta aperta al pubblico fino  all’11 ottobre 2015, si pone nell’alveo delle tematiche affrontate da Expo 2015, con una riflessione sulla forza della madre Terra, tra umano e...

Terrantica. Volti, miti e immagini della terra nel mondo antico, che resta aperta al pubblico fino all’11 ottobre 2015, si pone nell’alveo delle tematiche affrontate da Expo 2015, con una riflessione sulla forza della madre Terra, tra umano e divino, raccontata attraverso 75 opere tra antichi reperti (statue, vasi, rilievi), e fotografie contemporanee che evocano, insieme alla sua lunga storia, paesaggi naturali che parlano dell’antichità, della sacralità e della magia della Terra. La mostra è promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area archeologica di Roma, in collaborazione con Electa, ed è curata da Maurizio Bettini e Giuseppe Pucci. Le fotografie provengono dal Museo della Fotografia Contemporanea, con la cura di Roberta Valtorta. I temi della mostra : “Padre di tutti è il Cielo, dal quale la madre Terra nutrice accoglie le limpide gocce di pioggia, e da esse fecondata genera le splendide messi e gli alberi rigogliosi, la stirpe degli uomini e ogni specie di animali, poiché a tutti fornisce nutrimento per sostenersi, vivere la dolce vita e propagare i figli.” (Lucrezio, De rerum natura, 2, 992-997)

“Terra molteplice, Terra infinita. È da lei che ogni vita germoglia, essa è artefice di tutto così come di tutto segna la fine. Per questo, nella mitologia antica, alla Terra viene attribuito un ruolo che nessun’altra forza primordiale possiede. Origine del Cosmo e degli dèi, madre generatrice di ogni bontà e ricchezza ma, nello stesso tempo, spazio infero e buio, in cui il basso occupa il posto dell’alto, le tenebre quello della luce, la morte quello della vita”. Con queste parole Maurizio Bettini introduce a una vera e propria esplorazione della Terra, uno dei miti più arcaici e complessi della storia dell’umanità. Esplorare la Terra degli antichi significa muovere dalle enigmatiche statuette della preistoria. Ad aprire la rassegna è infatti una densa selezione di figurine in terracotta, marmo bianco, calcare, serpentino tra cui spiccano le cosiddette Venere del Trasimeno e Marmotta dalle forme arrotondate, e risalenti rispettivamente al paleolitico superiore e al neolitico antico, eccezionali prestiti dal Museo Pigorini di Roma. Altrettanto affascinanti i geometrici profili delle statuette femminili della collezione Goulandris, dal Museo dell’Arte Cicladica di Atene, e quelle dal Museo Archeologico Nazionale di Cagliari: tutte databili tra il 3200 e il 2300 a.C. Il percorso procede quindi con la contemplazione delle immagini che illustrano la genealogia degli dèi Greci. Proviene dall’Antikensammlungen di Monaco di Baviera il vaso attico a figure rosse firmato dal pittore Hermonax, in cui è raffigurata Atena che riceve Eretteo da Gaia. Si tratta di un capolavoro datato 470 a.C. e il riferimento è da ricercarsi nella Teogonia di Esiodo che, nel VII sec. a.C., ha raccontato la storia delle generazioni divine. Si seguono poi i vagabondaggi di Demetra, dea delle messi, di cui è esposta la bella statua in calcare di epoca gallo-romana che raffigura la dea madre con il grembo pieno di frutti, dal Museo di Alésia, in Francia. Bella anche la testa di Cerere dal Museo di Antichità di Torino. Dalla Terra solare e fruttifera si viaggia verso quella del sottosuolo. Rappresentata, quest’ultima, dal rilievo marmoreo proveniente dai Musei Capitolini dove si legge l’immagine di Ade, o dal lekythos dal delicato disegno su fondo bianco con l’immagine di Hermes, dall’Antikensammlungen di Monaco di Baviera. E ancora, si ripercorre la storia della misteriosa peregrinazione nel mondo sotterraneo riservato alle anime devote a Orfeo. Gli iniziati venivano sepolti assieme a laminette dorate, come quella preziosa che arriva in mostra dal museo archeologico di Vibo Valentia, datata alla fine del V, inizio IV sec. a.C. Queste lamine riportavano insieme ai testi rituali e alla descrizione dell’aldilà anche le istruzioni per il viaggio agli inferi. Ma la Terra è anche il sogno, come canta un coro della Ifigenia in Tauride di Euripide (V a. C.): un giorno Chthon, la Terra, per sottrarre ad Apollo il monopolio della divinazione, generò i fantasmi dei sogni, capaci di svelare all’uomo gli eventi passati, presenti, futuri. A illustrarlo il magnifico cratere apulo a volute del pittore di Baltimora che rappresenta Anfiarao, indovino della città di Argo, al cospetto di Ade. Il prestito, davvero eccezionale per fattura e ricchezza iconografica, è stato concesso dall’Antikenmuseen di Basilea. Dopo il viaggio nel sottosuolo si risale infine alla luce, sulla superficie terrestre. E un’ampia sezione della rassegna ricorda come a Roma la terra della Città sono gli uomini stessi a crearla, zolla su zolla, seguendo il solco dell’aratro condotto dal fondatore. Così scrive Plutarco ne La vita di Romolo: “Il fondatore scavò una fossa circolare e ciascuno vi gettò una porzione della terra da cui proveniva: dopo di che le mescolarono. Chiamano questa fossa con lo stesso nome che danno al cielo, cioè mundus. In seguito attaccò al suo aratro un vomere di bronzo, vi aggiogò un toro e una vacca, ed egli stesso li conduceva, tracciando un solco profondo secondo la linea dei termini. Era compito di quelli che lo seguivano spostare all’interno rispetto al solco le zolle che l’aratro sollevava e badare che nessuna restasse all’esterno di esso”. Ce lo racconta il bellissimo rilievo in marmo, proveniente dal Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, in cui è raffigurato proprio l’atto di tracciare il solco della fondazione della città. La mostra comprende anche una serie di grandi immagini fotografiche in bianco e nero e a colori di importanti autori italiani contemporanei: Marina Ballo Charmet, Gabriele Basilico, Nunzio Battaglia, Antonio Biasiucci, Luca Campigotto, Carlo Garzia, Mimmo Jodice, Gianni Leone, Raffaela Mariniello, Domingo Milella, Claudio Sabatino, Roberto Salbitani, Sandro Scalia, George Tatge. Sono immagini di paesaggi naturali totalmente privi di presenza umana che, poste accanto ai reperti archeologici, narrano l’antichità e la sacralità della terra e la magica importanza delle materie di cui essa si compone, dall’erba incolta dei prati alle rocce, dalle pietre alla lava del vulcano, dall’acqua del mare e dei fiumi all’ampio cielo, dal verde delle colline al legno degli alberi e dei cespugli. L’ampiezza degli ambienti naturali (un tipo di paesaggio al quale l’uomo urbano contemporaneo è ormai disabituato) fa immaginare la grandiosità e il mistero dello spazio fisico del mondo che l’uomo antico si è trovato ad abitare e sul quale si è interrogato, ricercando i suoi dèi e costruendo i suoi miti. Le fotografie non presentano, se non in misura quasi impercettibile, segni di antropizzazione, a significare l’aspetto della terra quando era pressoché disabitata, o ancora attendeva l’arrivo dell’uomo che con la sua continua azione l’avrebbe profondamente modificata. I molteplici volti della Terra, come anche l’atteggiamento spesso poco responsabile degli antichi verso di essa (abuso delle risorse naturali, inquinamento) e la diversa sensibilità verso l’ambiente e il paesaggio sono affrontati dai contributi di storici, archeologi, letterati e antropologi nel volume Electa, disegnando un panorama completo dei miti che hanno caratterizzato il mondo antico. I temi della rassegna vengono ripercorsi e approfonditi nel volume che l’accompagna, edito da Electa. Anfiteatro Flavio, piazza del Colosseo, 1 Roma.

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