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Terremoto, il video straordinario di solidarietà del viaggio dei cinesi verso Amatrice

  Il viaggio verso Amatrice comincia all’alba. I cinesi fanno colazione con il latte di soia. Picchia il sole sull’autostrada, luccica l’asfalto all’orizzonte. Sguardi seri tra i cinesi, silenzio pulsante di frenesia. Brama di arrivare. La...





Il viaggio verso Amatrice comincia all’alba. I cinesi fanno colazione con il latte di soia. Picchia il sole sull’autostrada, luccica l’asfalto all’orizzonte. Sguardi seri tra i cinesi, silenzio pulsante di frenesia. Brama di arrivare. La musica e i radiogiornali accompagnano il lungo viaggio: prima le canzoni per non addormentarsi, per dare la carica nella guida, poi il racconto live dei funerali di Stato. E infine silenzio, rispettoso silenzio quando le macerie non sono più racconto mediatico, ma sbucano all'improvviso dietro una curva.

L’idea del viaggio è venuta a Francesco Xia e Luca Zheng. Ci hanno riflettuto 10 minuti, poi hanno deciso. «Partiamo per Amatrice». In meno di quattro ore, hanno fatto tutto: mega spesa all’ingrosso, raccolta materassi e coperte tra le fabbriche cinesi di Campi Bisenzio e Osmannoro, noleggio furgoni. Poi hanno contattato la Misericordia della Toscana e preparato un mega striscione di solidarietà.





Quando i cinesi fanno le cose, le fanno in grande. E molto velocemente. Francesco, Liyuan, Shiyi, Giada, Mingwu, Luca. Eccoli gli asiatici di Firenze e Prato, stipati dentro 5 furgoni stracarichi di una tonnellata di viveri per gli sfollati di Amatrice. Indossano tutti una maglietta bianca con su scritto «Fiorentini cinesi per Amatrice. Pray for Amatrice». Partenza sabato mattina poco dopo l’alba da Piazzale Marconi all’Osmannoro, lo stesso piazzale dove si verificarono i violenti scontri con la polizia a fine giugno. Ieri piazza di guerriglia, oggi preludio di un cammino di pace: «Vogliamo dare un messaggio di solidarietà, dialogo, integrazione».





Traboccano i furgoni: pannolini, acqua, coperte, materassi, vestiti, pennarelli, matite, penne, giocattoli. E ancora: 100 chili di formaggi, 300 chili di patate, 100 chili di cipolle, 150 chili di carote, 30mila piatti di plastica, 30mila bicchieri, 30mila posate. E poi pacchi di tonno, fagioli, piselli, biscotti. «Quando ho visto in televisione il terremoto – racconta Giada Lin – ho provato una grande sofferenza, ma allo stesso tempo ci siamo chiesti come potevamo essere d’aiuto. Dovevamo fare qualcosa per aiutare i nostri connazionali». Connazionali, perché anche loro sono italiani, seppur con gli occhi a mandorla. «E vogliamo portare un sostegno ai nostri fratelli sfollati». Alcuni di loro sono arrivati in Italia da piccoli, al seguito dei genitori operai in fabbrica. Sanno cosa significa essere sfollati, l’hanno vissuto sulla propria pelle, dormendo in macchina, sui marciapiedi o nelle fabbriche dormitorio. Oggi sono integrati, lavorano. Tanti sono nati qui. E di fronte a questa tragedia, si sono sentiti in dovere di fare qualcosa. Sanno bene cosa significa il terremoto. Ricordano ancora il sisma cinese del 2008. Devastò il Sichuan, 69mila morti. Un'ecatombe che non dimenticano. Anche per questo sono qui, concentrati alla guida di questi furgoni verso i luoghi del disastro, scortati dalle auto delle Misericordie guidate dagli instancabili e generosi volontari toscani: Duccio, Gabriele, Alessio e Inigo.





È mezzogiorno quando i camion dei cinesi entrano lentamente nel Comune di Amatrice, tra posti di blocco e strade pericolanti. Frazione di San Lorenzo a Flaviano, frazione di Cossito, frazione di Saletta. Quelle macerie viste alla tv, oggi sono davanti ai loro occhi. E loro osservano, in religioso silenzio, continuando a guidare. Poi l’arrivo alla tendopoli, drammaticamente trionfale: cinque furgoni che sollevano polvere entrando adagio in questo campo di 110 sfollati. I residenti senza più case ringraziano i cinesi. E loro, i cinesi, non si fermano, operosi senza sosta sotto gli sguardi quasi increduli dei volontari, dell’esercito, della polizia, degli sfollati. E si continua a scaricare, fino all’ultimo pacco, fino alla fine, fino a questa mastodontica montagna di aiuti che prende vita tra una tenda e l’altra.



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