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Il fatto / Arpino

Risarcimento milionario per i familiari di Enrico Battista, vittima della strage alla pirotecnica 'Cancelli'

L'operaio perse la vita nello scoppio delle casematte il 12 settembre del 2011. A morire anche il titolare della ditta, i due figli, un altro dipendente ed un cliente

Enrico Battista alle ore 15 di quel tragico 12 settembre del 2011 stava lavorando alla preparazione di materiale pirotecnico. Insieme ai suoi datori di lavoro ed un altro operaio. Improvvisamente, in pochi istanti, una violenta esplosione distrutte i sogni, le speranza ed i sacrifici di sei persone. La strage di Carnello ad Arpino (Frosinone) è ancora viva negli occhi di cui, suo malgrado, si è ritrovato a prestare i primi soccorsi oppure a vivere poco lontano dalla sede della fabbrica. 

Oggi, a distanza di dieci anni da un evento terribile e devastante, si è conclusa la vicenda giudiziaria tra gli eredi di Enrico Battista e la Pirotecnica Arpinate convenuta in giudizio congiuntamente alla ASL di Frosinone, al Comune di Arpino, alla Regione Lazio, al Ministero dell’Interno e alla Prefettura di Frosinone.

Dieci anni di battaglia legale alla quale ha posto la parola fine la dodicesima sezione civile del Tribunale di Roma che ha dichiarato l’esclusiva responsabilità della morte di Enrico Battista alla società Pirotecnica Arpinate, condannando la stessa a pagare, in solido con le Generali S.p.A. (sino a concorrenza del massimale di polizza), un risarcimento danni milionario. 

A seguire l'intera vicenda in questi anni è stata l'avvocato Riccardo Lutrario al quale i familiari superstiti di Enrico Battista hanno espresso profonda gratitudine.

Quel nefasto giorno di settembre oltre che ad Enrico Battista a perdere la vita furono il titolare della fabbrica, Claudio Cancelli, 65 anni, i figli Gianni e Giuseppe, 42 e 45 anni, l'operaio Franceso Lorini, 33 anni e un dipendente di un'altra ditta, la "Pirotecnica laziale Veroli", Guido Campoli, 35 anni, che stava caricando su un furgone fuochi d'artificio appena acquistati.

La "Cancelli", con 200 anni di attività sulle spalle ed era considerata una delle imprese più scrupolose e sicure del settore, un'attività dove il rischio è perennemente in agguato. La "Pirotecnica arpinate" si trovava alla fine di una strada sterrata, via Sant'Altissimo, e come tutte le fabbriche del settore, per motivi di sicurezza era divisa in sei bunker, scatole di cemento isolate per le diverse fasi della lavorazione che avrebbero dovuto diminuire i rischi in caso di esplosioni. La deflagrazione devastò completamente due bunker, danneggiato gli altri quattro, distrutto tre auto. Una scena apocalittica.

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