Frosinone, proiezione del film "L'accusa"
VENERDI 4 MARZO 2022
SABATO 5 MARZO 2022
DOMENICA 6 MARZO 2022
orario proiezioni 18:00-20:30
ingresso € 3,00 tessera 2021/22 € 8,00
obbligatorio ingresso con GREEN-PASS e mascherina ffp2
Un film di Yvan Attal
Con Charlotte Gainsbourg, Mathieu Kassovitz, Pierre Arditi, Ben Attal.
Genere Drammatico
Durata 138 min.
Nazione Francia
Distribuzione Movies Inspired
UN FILM SULL'IMPOTENZA DELLA RAGIONE E SULLA NECESSITÀ DELLA GIUSTIZIA, ATTUALE MA NON PRETESTUOSO.
Recensione di Roberto Manassero
Studente d'ingegneria a Stanford, Alexandre torna a Parigi per partecipare a un'importante cerimonia in onore del padre, un celebre giornalista televisivo. Invitato a cena dalla madre, intellettuale femminista che ha da poco lasciato il marito, Alexandre fa la conoscenza di Mila, la figlia diciassettenne del nuovo compagno della madre. Quella stessa sera, Alexandre e Mila partecipano a una festa e il giorno dopo lui viene arrestato per stupro ai danni della ragazza: cos'è successo tra i due? Alexandre, persona impulsiva e capricciosa, ha approfittato della fragilità di Mila o Mila, come sostiene Alexandre, è sempre stata consenziente durante il rapporto che hanno avuto?
Un caso di violenza sessuale affrontato in tutte le sue implicazioni razionali, irrazionali, umane, giudiziarie. La domanda attorno a cui ruota il racconto non è tanto se c'è stato o meno uno stupro ai danni di una giovane donna, ma da dove nasce e come si sviluppa il desiderio; dove inizia la cultura maschile della prevaricazione; dove, ancora, la legge può intervenire per dirimere le "cose umane".
Le choses humaines è il titolo originale fin troppo esplicativo del film di Yann Attal: il più generico L'accusa, che traduce la versione internazionale The Accusation, sposta sul piano legale una vicenda che ha sì un risvolto giudiziario, ma riguarda prima di tutto la natura dei rapporti fra uomo e donna; gli impulsi, i pensieri, le azioni proprie degli umani che la legge è chiamata a regolare. Assolvere o accusare qualcuno di violenza sessuale, in casi in cui le versioni delle parti discordano - o meglio, come dice l'avvocato di Alexandre quando «non c'è una verità, ma due percezioni diverse della realtà» - non è una questione di morale: la giustizia deve andare oltre la morale, giudicare in base alla legge superando paradossalmente l'individualità dell'uomo e della donna.
È proprio questa individualità che il film si preoccupa di costruire nella sua lunga prima parte, in cui ogni gesto o parola è sottolineato per definire la morale dei personaggi (la visione maschile di predominio, la superiorità etica della donna colta e benestante, l'ingenuità della ragazzina spaventata da tutto...) e fare in modo che il caso di stupro metta ciascuno di fronte alle proprie responsabilità.
La sceneggiatura dello stesso Attal descrive in modo programmatico figure in contrasto per sesso, classe sociale e cultura, con il mondo altolocato e privilegiato di Alexandre (interpretato dal figlio del regista e della coprotagonista Charlotte Gainsbourg, Ben Attal) opposto a quello piccolo-borghese e ultrareligioso di Mila.
Ogni scena o particolare - per esempio, la relazione di Alexandre con una ex fidanzata, in cui il ragazzo mostra un atteggiamento possessivo e aggressivo - ritorna in fase processuale dando al racconto il medesimo principio della giustizia: se manca una verità condivisa, la sola forma di regola esistente diventa la verità giudiziaria o narrativa - la verità giudiziaria (come sottolineava già Storia di un matrimonio a proposito di un divorzio) è anch'essa una forma di narrazione, cerca cioè una traccia coerente, va a caccia di conferme credibili.
La parte processuale del film è dunque il fulcro della storia (il momento del presunto stupro è significativamente lasciato nell'ombra): Attal richiama tutti i personaggi coinvolti - l'accusato e la vittima, i genitori e gli amici di Alexandre, i periti di parte, gli avvocati, il pubblico ministero - e ha la finezza di concentrarsi sulle parole, come nel precedente film Quasi nemici, filmando le testimonianze senza sottolinearne l'effetto drammatico con piani di reazione o eccessivi stacchi di montaggio. Dove c'è solo la parola a testimoniare un crimine - «qui c'è la parola di una contro la parola dell'altro», dice ancora l'avvocato di Alexandre - il cinema ha il compito di non aggiungere altro, di non dare risposte e lasciare la soluzione del caso alla voce fuori campo.
L'accusa è per questo un'operazione fin troppo scritta a tavolino, figlio dei tempi che viviamo e attento a dare profondità alle situazioni per evitare di essere accusata di superficialità. Non ha però la pretestuosità gratuita di Una donna promettente, e per quanto sia chiaramente - e giustamente - dalla parte delle vittime (vittime di uomini che credono nell'impunità del proprio desiderio), è soprattutto un film sull'impotenza della ragione e sulla necessità della giustizia.