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Cultura

I luoghi della Ciociaria ricordati da Dante Alighieri nella Divina Commedia

Il Sommo Poeta cita alcuni borghi della Provincia di Frosinone tra cui Anagni, Ceprano e l'Abbazia di Montecassino

Dante Alighieri, Sommo Poeta e padre della lingua italiana, nacque a Firenze nel 1265 e morì a Ravenna nel 1321. La sua fama è legata alla Divina Commedia, universalmente considerata la più grande opera scritta in lingua italiana ed uno dei maggiori capolavori della letteratura mondiale. Dante viaggia, come simbolo dell’intera umanità, tra Inferno, Purgatorio e Paradiso accompagnato, nell’ordine, dal poeta Virgilio e dalla sua amata Beatrice per purificare la sua anima.

Ma cosa accomuna Dante con la Ciociaria?

Dante Alighieri, durante questo suo simbolico viaggio, cita alcuni luoghi della Ciociaria collegandoli a personaggi storici di cui parlerà all'interno della Divina Commedia. Vediamo quali!

Ceprano

Il comune di Ceprano viene citato da Dante nell’Inferno, canto XVIII, “e l’altra il cui ossame ancor s’accoglie/ a Ceperan, là dove fu bugiardo/ ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo,/ dove senz’arme vinse il vecchio Alardo” (Inferno, XVIII, vv. 15-18). Qui il Poeta fa riferimento al trasferimento delle ossa di Manfredi, ultimo re svevo. Si narra, infatti, che i baroni locali tradirono Manfredi, permettendo all’esercito angioino di passare. Manfredi venne sconfitto a Benevento e venne deciso di seppellirlo in terra sconsacrata: la scelta ricadde su Ceprano. Questa storia verrà ricordata anche da Manfredi stesso, che Dante incontrerà nel Purgatorio.

Monte Cacume

Nel canto IV della seconda cantica, precisamente nell’Antipurgatorio Dante e Virgilio cominciano la faticosa ascesa al Purgatorio. La prima parte del canto è occupata dalla descrizione della fatica che i due poeti incontrano nello scalare la parete alquanto ripida del monte. Come spiega Virgilio, la difficoltà nel salire la montagna ricorda quanto non sia facile il percorso di redenzione e purificazione dell’anima. Nei versi d’apertura, Dante ricorda quattro luoghi faticosi per le loro salite e, tra questi, viene citato anche il Monte Cacume: “Vassi in Sanleo e discendesi in Noli, / montasi si in Bismantova e ‘n Cacume/con esso i piè: ma qui convien ch’om voli” (Purgatorio, IV, vv. 25-27). Il monte Cacume, nei Monti Lepini, si trova nel territorio del comune di Patrica e, ad oggi la famosa ripida salita, è oggetto di bellissime escursioni e passeggiate per ammirare il panorama sulla Valle Latina.

Anagni

Nella Divina Commedia la così detta Città dei Papi viene citata due volte: nel Purgatorio, XX v. 86, in riferimento al celebre episodio avvenutovi nel settembre 1303, più conosciuto come lo “Schiaffo d’Anagni”, l’epilogo del lungo dissidio sorto fra Bonifacio VIII e il re Filippo IV, detto Il Bello: Perché men paia il mal futuro e ‘l fatto, / veggio in Alagna intrar lo fiordaliso, / e nel vicario suo Cristo esser catto; (Purgatorio, XX, vv. 85-87).

Nel Paradiso, XXX 148, dove con la perifrasi “quel d’Alagna“, Dante indica sempre Bonifacio VIII. Il Sommo non aveva affatto una buona opionione del Pontefice: corrotto, senza scrupoli, temuto ed odiato, Bonifacio VIII viene infatti collocato da Dante nell’Inferno, tra i simoniaci, cioè tra coloro che erano soliti acquisire beni spirituali in cambio di denaro.

Aquino e San Tommaso

Dante cita anche la città di Aquino, ricordando San Tommaso. Il teologo dottore della Chiesa parla con il Sommo Poeta nel canto X del Paradiso, nel quarto Cielo, dove sono collocati gli Spiriti Sapienti: Questi che m’è a destra più vicino,/ frate e maestro fummi, ed esso Alberto/ è di Cologna, e io Thomas d’Aquino. (Paradiso, canto X, vv. 97-99). La figura di San Tommaso comparirà anche nei tre canti successivi della terza Cantica.

Il fiume Liri, il “Verde”

Dante cita il fiume Liri con il nome che era utilizzato ai suoi tempi, il Verde, e lo ricorda due volte. La prima volta nel Purgatorio nel canto III, nella spiaggia dell’Antipurgatorio, dove Dante incontra le anime degli scomunicati e dove parla con Manfredi, l’ultimo re di Svevia. Manfredi fa riferimento al tradimento e alla sua morte. Infatti dopo esser stato sconfitto a Benevento, l’arcivescovo di Cosenza venne incaricato da papa Clemente IV di disperdere le spoglie di Manfredi a Ceprano, lungo il Verde, il fiume Liri “Or le bagna la pioggia e move il vento/ di fuor dal Regno, quasi lungo ‘l Verde,/ dov’e’ trasmutò a lume spento” (Purgatorio, III, vv. 130-132).

IL Liri viene citato anche nel Paradiso, precisamente nel canto VIII “e quel corno d’Ausonia che s’imborga/di Bari e di Gaeta e di Catona,/ da ove Tronto e Verde in mare sgorga”.(Paradiso, VIII, vv. 61/63). A parlare è Carlo Martello, amico fraterno di Dante, che ricorda i territori sui quali avrebbe dovuto regnare per diritto di discendenza, essendo figlio di Carlo II d’Angiò e di Maria d’Ungheria, oltre che marito di Clemenza d’Asburgo.​

Montecassino

Nel Canto XXII, Settimo Cielo del Paradiso Dante viene esortato da Beatrice ad ammirare gli “assai illustri spiriti”: le anime dei Santi sono delle enormi sfere di luce, che si illuminano a vicenda. La più grande è quella di San Benedetto da Norcia, che prende la parola e cita l’Abbazia di Montecassino. Il Santo, fondatore dell’ordine dei benedettini, racconta a Dante di essere stato il primo a portare la parola del Cristo a Montecassino, prima abitato dai pagani “Quel monte a cui Cassino è nella costa/ fu frequentato già in sulla cima/ da la gente ingannata e mal disposta”. Paradiso, XII,  vv. 37-39.

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