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Palestrina e Baden Baden ossia Praeneste e Aquae

E' stato recentemente pubblicato dall'Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale, con sede in Anagni, il 31° volume della Rivista di studi storici Latium. Il primo articolo è di Jörg Martin Merz, Professore di Storia dell'Arte...

E' stato recentemente pubblicato dall'Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale, con sede in Anagni, il 31° volume della Rivista di studi storici Latium. Il primo articolo è di Jörg Martin Merz, Professore di Storia dell'Arte all'Università di Münster (Germania), ed è intitolato: “Palestrina e Baden-Baden ossia Praeneste e Aquae. Osservazioni a proposito di una ricostruzione ideale di Baden-Baden ai tempi dei Romani” (pp. 5-35).

Palestrina e Baden-Baden! Cosa ha in comune la cittadina prenestina situata sulle pendici del Monte Ginestro con la città tedesca nella valle dell’Oos, circondata dai monti della Foresta Nera?

A prima vista potrebbe sembrare niente, eppure Merz, uno dei più grandi esperti di Pietro da Cortona, è riuscito a trovare un legame tra le due cittadine.

Al tempo dei Romani, Palestrina era Praeneste, famosa per il grandioso tempio della Fortuna Primigenia, mentre Baden-Baden era Aquae Aureliae, famosa per le terme costruite da Marco Aurelio Antonio detto Caracalla. In seguito ambedue ospitarono signori feudali, Palestrina i Colonna e i Barberini, Baden-Baden i marchesi, poi granduchi di Baden.

«In Baden-Baden, come in Palestrina – scrive Merz – l’idea di immaginare il luogo nell’antichità è nata dalla ricerca della tradizione antica. I pochi ruderi, però, non forniscono sufficienti punti di riferimento per l’illustrazione perfetta, e così la fantasia architettonica compensava la scarsezza dei dati empirici. Come vedremo, su questo livello dell’immaginazione dell’antico la città tedesca si è ispirata a quella italiana».

L’ispirazione non sarebbe stata possibile se non esistessero molte ricostruzioni di Praeneste e del suo grandioso tempio della Fortuna. Già nel Rinascimento gli architetti italiani hanno cominciato a studiarlo, ricostruendone la struttura. Merz cita Palladio e Pietro da Cortona. Nell’Ottocento le ricerche aumentarono con i borsisti dell’Accademia di Francia in Roma e dei numerosi architetti che si recavano a Palestrina per fare disegni e ricostruzioni più accurati.

Anche a Baden-Baden, intorno all’800, l’interesse archeologico spinse molti architetti a ricostruire la città nell’antichità. In un volume pubblicato nel 1807 (Baden presso Rastatt secondo le vie e camere sotterranee del castello e secondo i più recenti e futuri, nonché gli antichi romani edifici e complessi della città), J. Ludwig Klüber in appendice al volume allegava quattro tavole tra cui la n° 3 presentava un “Prospetto immaginato ai tempi dei Romani”, e su questa tavola è incentrata la ricerca di Merz. L’acquaforte rappresenta un complesso architettonico simmetrico e piramidale su cinque terrazze, sormontato da un tempio esastile. In essa l’incisore intendeva raffigurare il Monte Mercurio, dov’era l’antico tempio del dio, il vecchio castello gotico di Hohenbaden, i tempietti situati sopra le camere sotterranee dello stesso, le arcate esistenti nel cosiddetto Giardino della Lumaca, davanti al castello, il grande edificio che ospita le terme pubbliche, la porta e le mura verso la valle.

Nelle ricerche successive, la tavola fu molto contestata riguardo l’esattezza topografica, perché le ricerche archeologiche, basandosi sui resti dei monumenti non corrispondono al prospetto ideale. La conclusione è che l’immagine di Baden al tempo dei Romani non è basata su precise indicazioni ricavate dal luogo stesso, ma piuttosto immaginate da un modello ideale: una delle tante ricostruzioni del tempio prenestino, concepito con la stessa struttura assiale a terrazze, collegate con scale e rampe, e con edifici disposti simmetricamente nel complesso architettonico.

Per Merz il prospetto di Baden-Baden è molto simile ai disegni di Palladio, sia rispetto alla struttura in generale, sia relativamente ai dettagli degli edifici e delle scale ortogonali ai fianchi. Egli ha anche notato la rassomiglianza della disposizione generale, in particolare la configurazione del tempio in alto affiancato da altri due tempietti, con uno schizzo del tempio prenestino fatto dall’inglese Joseph Michael Gandy in una lettera spedita al suo maestro John Soane il 23 febbraio 1813, dove spiega che è un ricordo di una sua visita a Palestrina nel 1790.

Angelo Pinci

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