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Piglio, 8 aprile una pagina da non dimenticare con la testimonianza diretta di Luciano Pacitti

Come Piglio visse la seconda guerra mondiale. I crateri prodotti dalle bombe sono ancora lì a testimoniare la storica data dell'8 Aprile 1944. La mattina di quel Sabato Santo di 72 anni fa il sole si oscurò: era la vigilia di Pasqua.

Come Piglio visse la seconda guerra mondiale. I crateri prodotti dalle bombe sono ancora lì a testimoniare la storica data dell'8 Aprile 1944. La mattina di quel Sabato Santo di 72 anni fa il sole si oscurò: era la vigilia di Pasqua.

Nella deflagrazione che interruppe i sacri riti, perirono molte persone nella Collegiata Santa Maria Assunta ed anche il numero dei feriti fu considerevole. Una lapide posta nella navata sinistra del Tempio ricorda l'episodio ai posteri. Il bombardamento di matrice tedesca provocò un forte esodo della popolazione verso paesi montani limitrofi ritenuti più sicuri come Vallepietra. Il Parroco di allora Mons. Pio Appetecchia all'epoca volle ringraziare il Signore per lo scampato pericolo con una solenne Messa. I guai per il popolo pigliese iniziarono 72 anni fa allorquando il 18 Marzo del '44 fu colpito a morte un soldato tedesco in località "Pompiano". La tanto sospirata grazia da parte del maresciallo Kesserling arrivò pochi istanti prima che il plotone di esecuzione si avviasse con dieci ostaggi e raggiungesse il luogo della esecuzione capitale grazie all'interessamento del compianto Mons Attilio Adinolfi vescovo di Anagni e del padre gesuita Hiemer, professore al Pontificio Collegio Leoniano di Anagni e di don Filippo Passa che si adoperarono presso quelle autorità negli alti comandi tedeschi di Roma a chiedere salvezza e strappare alla morte giovani innocenti. Il numero delle vittime fu ridotto a cinque, fucilati il 6 Aprile '44 in località Mole di Paliano quasi tutti membri della stessa famiglia Dell'Omo. I loro nominativi: Pietro, Romolo, Alfredo, Alessando Dell'Omo e Antonio Colavecchi. Successivamente, l'8 Aprile alle ore 10 in punto a seguito dell'incursione aerea,perdevano la vita:Angela Atturo, Maria De Santis, Adele Felli, Clorinda Felli, Alessandro e Mario Graziani, Colomba Loreti, Nazzarena Mapponi, Luigi Martucci, Matilde Neccia e Lina Tufi. Ma non finisce qui !

Una formazione di dodici aeroplani bombardieri americani, effettuavano il 12 Maggio 1944 alle ore 18,15 un violento bombardamento tra i conventi di San Giovanni e di San Lorenzo distruggendo case, chiese e conventi così come descritti nelle relazioni da padre Costantino Trionfera e da Padre Quirico Pignalberi superiori di allora. I pigliesi continuavano a vivere nell'incubo, nell'agitazione, nella paura dei bombardamenti e si rifugiavano nelle cantine. Intanto oscure nubi di imminenti calamità si addensavano ancora su Piglio che, secondo i tedeschi, doveva essere raso al suolo. Dopo la fine del fronte di Cassino, infatti, furono portati ed installati a Piglio due carri armati. La popolazione era annientata dal terrore. Un carro armato fu installato davanti la lapide di Garibaldi sopra ad un terrapieno che sprofondò, un altro venne messo nella parte alta del Paese sulla provinciale Piglio-Altipiani di Arcinazzo ed anche questo ultimo si rovesciò per una frana..Tutto incominciò la vigilia di San Giuseppe di 72 anni fa, con una lapide che ricorda l'eccidio del 6 Aprile 1944 in loc. "Mole" di Paliano, con i crateri prodotti dalle bombe che sono ancora lì a testimoniare la storica data dell' 8 Aprile 1944, mentre un residuato bellico, sito a due passi dal convento di San Lorenzo, ricorda ai posteri quella del 12 Maggio 1944.

Giungevano intanto buone notizie: gli Alleati entrarono a Roma nel Giugno 1944, mentre sull’Appennino i Tedeschi avevano predisposto la difensiva sulla linea gotica e il movimento partigiano si estendeva e si rafforzava.

Venne il 1945 e la speranza della liberazione diventò realtà. I Tedeschi si ritirarono, gli Alleati avanzavano, Mussolini veniva fucilato a Mulino di Mezzegra presso Como dai partigiani ed il 29 Aprile dello stesso anno e le forze germaniche operanti in Italia firmarono la resa.

Anche Piglio fu libero. Gli abitanti ripresero la calma fra le lacrime per la perdita di molte persone care, tanti erano gli orfani, tante le vedove, tante le salme, eppure si ricominciò a lavorare, a seminare i campi, a curare le vigne, a ricostruire, si ballava il “saltarello” nelle strade e nei vicoli al suono degli “organetti” in un’atmosfera popolare piena di calore, poiché la gente semplice come era non si poteva ancora immaginare quale fase di sconvolgimenti politici e sociali la Seconda Guerra Mondiale lasciava dietro di sé.

Si votò poi con il Referendum il 2 Giugno del 1946 e come Capo provvisorio venne nominato l’illustre giurista napoletano Enrico De Nicola.

Le bandiere d’Italia si inchinarono ai caduti, ai mutilati, ai superstiti che compirono il loro dovere. Una pagina di storia da non dimenticare.

LA TESTIMONIANZA DI LUCIANO NINNI PACITTI

A Piglio, a distanza di tanti anni, non si sa ancora la matrice del bombardamento dell’8 Aprile. Molti ritengono che fu opera degli alleati americani. Invece, una testimonianza di un anziano ferito ad una gamba, fa capire che il bombardamento dell’8 Aprile fu di matrice tedesca.

Ne riportiamo il testo:

Dopo tanti anni ho l’occasione di scrivere una testimonianza e non una storia falsata, di un evento che ha lasciato indelebile nel tempo una ferita di guerra sulla mia giovane persona; il bombardamento dell’8 aprile 1944. Vengo ai fatti:

alle ore 10 circa in chiesa Mons. Pio Appetecchia stava celebrando i riti del Sabato e noi bambini partecipavamo intensamente a tutti i riti della settimana santa che si completavano la mattina del sabato santo con lo “scioglimento” e il suono festoso delle campane. Ma quel giorno non fu cosi! Una squadriglia di caccia bombardieri apparve sul cielo di Piglio in direzione di “Via Nuova; in quel momento cominciarono a fischiare le bombe che avevano sganciato gli aerei! Dovevo restare sepolto sotto le macerie insieme ad altri meno fortunati ma mi sono salvato, pur restando comunque ferito, correndo verso casa a pochi metri dallo scoppio delle bombe, nel vicolo traverso tra le due piazze di Piglio. Piglio, fino alla vigilia di S. Giuseppe del 18 marzo 1944, era un Paese tranquillo; conviveva con una Compagnia tedesca e noi bambini assistevamo alle marce e alle esercitazioni che giornalmente faceva il reparto. Il Comando della Compagnia era in Piazza G. Marconi, fabbricato Scussa, l’infermeria in Via Maggiore, fabbricato sorelle Borgia, e le cucine da campo erano posizionate ai “due ponti” nello spiazzo prospiciente l’asilo comunale “Giuseppe ed Elvira Corbi”.

Il pomeriggio del 18 marzo il Paese piombò nel caos e nella paura; arrivò la notizia che era stato ucciso un maresciallo tedesco, che insieme a due commilitoni nella campagna di Piglio voleva acquistare delle uova per festeggiare il Suo onomastico, Giuseppe.

Un giovane del luogo lo uccise, i commilitoni fuggirono e diedero la notizia al Comando di Acuto, dove erano di stanza. Dalla Piazza della Collegiata vedevamo il fumo dell’incendio che i soldati tedeschi avevano appiccato alla campagna di Piglio sul luogo dell’eccidio; cominciarono nella zona i rastrellamenti di cittadini di Piglio e di Acuto che venivano portati al comando di Acuto, dove subirono sevizie e torture nell’edificio scolastico, con lo scopo di scoprire l’assassino.

Ma in mezzo a quegli ostaggi non c’era l’assassino come non c’erano cinque giorni dopo a Roma quelli di via Rasella!

Piglio ha pagato con la fucilazione di cinque Innocenti, di cui due non dovevano e non potevano essere fucilati data la giovanissima età. Questi due ragazzi, che allora avevano 16 anni circa, li rivedo seduti su una camionetta tedesca in Piazza G. Marconi a Piglio prima di essere trasferiti sul luogo dell’eccidio avvenuto alle ore 16.

Si doveva completare la rappresaglia con la fucilazione di altri ostaggi detenuti a Piglio, nei giorni successivi. Con il plotone di esecuzione pronto vicino la vecchia caserma dei Carabinieri, arrivò la Grazia, la fucilazione fu sospesa e una parte degli ostaggi fu rimessa in libertà, compreso mio fratello Francesco che doveva scavare la fossa a quelli che dovevano essere fucilati..

Ma i tedeschi, non avendo potuto completare la decimazione, non erano soddisfatti.

La rappresaglia vera fu il bombardamento! La sera precedente il bombardamento delle vecchiette piangevano e dicevano che un tedesco gli aveva detto che “domani tutti caput”. Difatti l’8 Aprile tutta la Guarnigione tedesca era fuori Piglio, agli Altipiani di Arcinazzo; a Piglio erano restati solo i soldati di guardia agli ostaggi relegati negli angusti locali di piazza G. Marconi, sopra il vecchio ufficio postale e un soldato tedesco che morì vittima di una scheggia nelle scale del bar trattoria allora di Flamini.

Ma questa non è la prova.

Durante il bombardamento una bomba sganciata sul pendio della collina non esplose, ruzzolando attraversò la strada provinciale arrivò a fondo valle, e si adagiò sul prato di proprietà del sig. Tito Felli.

La bomba diventò un centro di attrazione specialmente per i più grandi di età; tra questi c’era uno studente in legge, il quale dichiarò che i dati scritti sulla bomba erano in tedesco, lingua che lui conosceva.

Dopo aver piantonato la bomba i tedeschi, una quindicina di giorni dopo, la fecero brillare e i segni del cratere ancora esistono. Le poche famiglie che erano rimaste in paese vennero fatte allontanare dalle abitazioni per un raggio di 500 metri con l’ordine di lasciare le finestre aperte delle abitazioni; la mia famiglia si rifugiò in un fienile sulla Via Nuova.

Perché tutto questo zelo se già avevamo subito i danni di un bombardamento?

La testimonianza di questa bomba doveva scomparire.

Ecco la dimostrazione del teorema: il bombardamento dell’8 aprile 1944 è stato effettuato dai tedeschi!

Giorgio Alessandro Pacetti

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