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"La mafia dimenticata": 150 anni di storia nel libro-dossier di Umberto Santino

L'autore del libro, fondatore insieme ad Anna Puglisi del Centro di documentazione Giuseppe Impastato, ha tenuto una lectio all'università di Cassino. Durante la presentazione ha raccontato dell'integerrimo questore Sangiorgi e degli equilibri politici che hanno caratterizzato l'ultimo secolo

La mafia dimenticata. La mafia che le nuove generazioni non possono conoscere perché parla di fatti risalenti ad oltre centocinquanta anni fa. Eppure le dinamiche, gli equilibri, il "modus operandi" di cosche e mandamenti era identico a quello che oggi leggiamo sui giornali ed ascoltiamo in tv. E anche a quel tempo, come avviene nel nostro secolo, c'erano gli uomini di Stato perbene e scomodi che cercavano in tutti i modi di fare chiarezza su estorsioni ed omicidi di una spietatezza infinita.

La "mafia dimenticata" è tutta raccontata nel libro-dossier di Umberto Santino, fondatore - unitamente ad Anna Puglisi - del Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato di Palermo. Edito da Melampo editore, in quasi settecento pagine affascinanti e storicamente precise, il volume è stato presentato all'università di Cassino, in provincia di Frosinone (Lazio) dove, il professor Santino, ha tenuto una lectio fortemente voluta dal direttore del dipartimento della facoltà di Giurisprudenza, il professor Giuseppe Recinto.

"Non bisogna credere che le mafie siano cosa di questi tempi, di questa società. Le mafie si tramando di generazione in generazione. Trovano attecchimento nel luogo in cui, per molto tempo, lo Stato e le Istituzioni sono stati assenti o con poche risorse. Le mafie silenti iniziano a reagire quanto comprendono che ci sono uomini di Stato o cittadini della società civile che vigilano, indagano, parlano di quanto accade nelle nostre città". Un lungo intervento che ha "rapito" gli oltre duecento studenti presenti.

Il professor Santino ha poi letto alcuni passaggi del suo saggio. Ha spiegato il ruolo dell'indimenticabile questore di Palermo Ermanno Sangiorgi che nel lontanissimo 1898 assegnò alla giustizia decine di mafiosi. Lui, uno scomodo funzionario della Polizia di origini romagnole che arriva in Sicilia ed inizia a raccontare tutto ai suoi superiori a Roma: "La mafia dominava la situazione ed era riuscita persino ad ammorbare l'ufficio di Pubblica Sicurezza". Rapporti e informative che iniziano a destabilizzare molti equilibri politici e che vedono l'intervento dei 'poteri forti' dell'epoca.

gazzettapalermo-2A cercare di bloccare l'operato dell'integerrimo Sangiorgi è un articolo della Gazzetta di Palermo. "Il 28 agosto del 1877 - scrive Umberto Santino a pagina 38 del suo libro - compare un articolo in cui viene fatto dire al sostituto procuratore generale Pesci che Sangiorgi è un protettore dei mafiosi. L'autore del pezzo è un giovinastro che Sangiorgi aveva fatto arrestare per 'oltraggio a pubblico ufficiale". Vi abbiamo dato cenno di uno dei tanti episodi che l'autore di 'La mafia dimenticata' riporta nel libro.

Fatti documentati e, come nel capitolo dedicato alla "bolla di componenda", praticamente sconosciuti ai più. La "bolla di componenda" spiega il rapporto tra chiesa e mafia. Si tratta di un documento con il quale la chiesa cattolica condonava i reati dietro versamento di una somma di danaro. La 'lectio' di Umberto Santino nell'aula magna dell'ateneo del Basso Lazio si è poi conclusa con la lettura da parte del professore palermitano di una frase del questore Ermanno Sangiorgi: "I caporioni della mafia stanno sotto la salvaguardia di senatori, deputati ed altri influenti personaggi che li proteggono e li difendono, per essere poi, alla lor volta, da essi protetti e difesi". Palermo Anno Domini 1898. Oggi, a distanza di centoventi anni dalla scrittura di quella relazione, le parole del questore Ermanno Sangiorgi risultano ancora fortemente e tristemente attuali. 

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