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Roma, allo Stadio di Domiziano grande successo per «Alda io»

La Dialuma Eventi ha presentato, presso il suggestivo Stadio di Domiziano,  sabato 3 ottobre per la serata «Identità e donna», uno spettacolo che ha tolto il respiro al vasto pubblico intervenuto: «Alda io». C’è una valigia verde che la signora...

La Dialuma Eventi ha presentato, presso il suggestivo Stadio di Domiziano, sabato 3 ottobre per la serata «Identità e donna», uno spettacolo che ha tolto il respiro al vasto pubblico intervenuto: «Alda io». C’è una valigia verde che la signora tiene ben stretta tra le mani. Verde, come le tante possibilità che la vita, a volte dà, a volte toglie. Come la speranza, verde come la bile, perché è proprio di questi ingredienti emozionali che l’essere, più o meno umano, necessita per una sua sperata resurrezione.

Alda muore. Alda grida. Alda ama. Tutti lo fanno, è vero, ma non come lei. Sgorgano i versi dal suo vivere, e per vivere occorre coraggio. Immersa nel fumo delle sue mille sigarette, scrive. La società, che l’ha obbligata alla vetrinizzazione, le ha poi scagliato addosso tutto il peso del pregiudizio, mandandole in frantumi l’anima. Ma Alda ha raccolto con folle pazienza, parola dopo parola, ogni singolo pezzetto, fino a riuscire, naturalmente, nel suo unico intento: ricomporre il suo io. Rossella Rocchi, artista dalla sensibilità spiccata mette in scena la sua «Alda io». Da lei scritta, diretta, metabolizzata, l’attrice attraversa sul suo corpo, su ogni centimetro del suo corpo e con ogni suo respiro, la poesia. La Rocchi con coscienza ha vestito i panni dell’Alda rinchiusa a forza in manicomio. Brividi fuori controllo, sono quelli che hanno avvolto il pubblico. Succede, quando personaggio e artista si uniscono nell’unico profondo canale del sacro e blasfemo credo. A Leana Palmieri, è spettato il compito di narrare la storia. I suoi umidi occhi carichi di luce sono stati la grazia che ha emozionato. Gianmarco Bellumori, si è sdoppiato, digrignando i denti si è trasfigurato dal violento e meschino infermiere che imponeva alla paziente l’ora del terribile «cavalluccio», al dolcissimo Piero, l’amore di Alda, che omaggiava la sua anima con rose bianche, bianche come il suo ingenuo candore. Il corpo fisico di questo terzetto d’attori è ben calibrato e batte all’unisono su ogni intenzione che si è andata a concretizzare nel pieno rispetto. Rispetto per una donna, Alda, che forse di questo ingrediente tanto raro ne ha ricevuto troppo poco. Palmieri e Bellumori, i prescelti dall’attenta regista per questo suo folle e riverente gioco di pagana preghiera sono due talenti di cui il teatro italiano può andare fiero. E questo la Rocchi, da grande artista qual è, lo ha subito intuito. È arte che chiama l’arte questo equilibrio che ha dato l’opportunità di assaporare il bello. 45 minuti. Non occorrono tante parole. «Il mio nome? Mi chiamo Alda, Alda e basta».

Veronica Meddi

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