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Roma, blasfemia e liberta’ d’espressione: alberto melloni e un dibattito a piu' voci

di GIUSEPPE RUSCONI Alberto Melloni ha presentato lunedì sera in Senato l’antologia di saggi su “Blasfemia, diritti e libertà”, curata da lui, da Francesca Cadeddu e da Federica Meloni – Gli interventi della giurista Randazzo, della pastora...

di GIUSEPPE RUSCONI

Alberto Melloni ha presentato lunedì sera in Senato l’antologia di saggi su “Blasfemia, diritti e libertà”, curata da lui, da Francesca Cadeddu e da Federica Meloni – Gli interventi della giurista Randazzo, della pastora battista Maggi, del direttore di ‘Pagine ebraiche’ Guido Vitale – Il difficile equilibrio tra diritti fondamentali e il grande pluralismo delle interpretazioni nel caso del sanguinoso attentato al ‘Charlie Hebdo’.

A un anno dalla strage del ‘Charlie Hebdo’ (7 gennaio 2015) è sempre vivo – non solo tra gli studiosi - il dibattito sul concetto e sui limiti della blasfemia e della satira da essa connotata. Del resto lo stesso settimanale francese di satira radicalmente laicista (e visceralmente anticattolica) non fa nulla per stemperarlo, pubblicando ad esempio in copertina del numero speciale del 6 gennaio scorso una raffigurazione ‘cristiana’ di Dio, un “assassino” con un mitra a tracolla e la tunica sporca di sangue che continua ad aggirarsi nel nostro mondo. Insomma si potrebbe pensare, a proposito dell’atteggiamento ostinato di giornalisti e vignettisti, che historia NON est magistra vitae e la provocazione gratuita valga per loro di più della vita umana.

Nel dibattito di cui si diceva ben si inserisce un’antologia di saggi intitolata “Blasfemia, diritti e libertà”, edita dal ‘Mulino’di Bologna e curata dal professor Alberto Melloni e dalle sue collaboratrici Francesca Cadeddu e Federica Meloni. Il volume di circa 300 pagine – osserva nell’introduzione il noto storico cattolico ‘progressista’ - si propone di “fornire (…) conoscenze giuridiche, politiche, storiche o teologiche che servano a comprendere e giudicare fatti, atti, ragioni, sfondi”, in questo caso quello “così ambivalente della ‘blasfemia’ “. Obiettivo quanto mai ambizioso che l’antologia persegue raccogliendo saggi di provenienza e di opinione molto varia sull’argomento, così che il lettore possa in ogni caso farsi almeno un’idea della complessità del tema e delle buone ragioni che militano in favore dell’una o dell’altra tesi.

“Blasfemia, diritti e libertà” è stato presentato lunedì sera in Senato da Melloni e da personalità di diverso segno e provenienza culturale: la giurista Barbara Randazzo, la pastora battista Lidia Maggi e il direttore del mensile “Pagine ebraiche” Guido Vitale. Pochi i presenti nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani: tra loro comunque il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni e l’imam Sergio Yahya Pallavicini, oltre all’ex-presidente del Senato Franco Marini.

Prima di riferire sinteticamente del dibattito è forse opportuno rileggere quanto Melloni scrive nell’introduzione del libro sulle reazioni scatenate dall’attentato al ‘Charlie Hebdo’: “Non pochi – basta una rassegna stampa internazionale di quei giorni per ritrovare i riscontri puntuali di questo asserto – hanno pensato che fosse effettivamente ‘vero’ che ‘Charlie Hebdo’ praticava la blasfemia e che dunque fosse ‘comprensibile’ – non necessariamente giustificata – una reazione che non si era limitata alle vie giudiziarie (…) ma aveva preso i contorni del massacro. Per altro verso, molti hanno espresso la convinzione che un crimine di blasfemia si fosse consumato, ma nel senso opposto: chè era stata blasfema l’invocazione di Dio da parte degli assassini ed era blasfemo anche il sottrarsi a una identificazione enfatica con le vittime di quell’attacco”. Tra questi due poli par di capire che Melloni si situi in una via mediana, che tenta di bilanciare il diritto fondamentale a non essere offesi nel proprio sentimento religioso con quello altrettanto fondamentale della libertà di espressione. Un bilanciamento tutt’altro che facile su un terreno “molto scivoloso”, come ricorda lo stesso Melloni riandando a una risposta di papa Francesco, data il 15 gennaio 2015 sul volo verso Manila: “Papa Francesco sostenne che ciò che era accaduto poteva essere paragonato a una situazione nella quale qualcuno avesse insultato sua madre: quel tale, fosse anche stato ‘il dottor Gasbarri, grande amico’, avrebbe ricevuto un pugno. ‘E’ normale’, disse il Papa in quell’occasione: con un atteggiamento non dissimile da quello di coloro che, senza avallare in nulla le uccisioni, ritenevano che inquadrarle in una logica di azione-reazione facesse capire qualcosa di più”.

Che il tema della ‘blasfemia’ e dei suoi rapporti con la libertà d’espressione sia anche oggi molto controverso l’ha confermato la giurista Barbara Randazzo. Quale il rapporto in materia tra legislatori e giudici? Come si possono tutelare insieme il diritto dell’individuo a non essere offeso nei propri sentimenti intimi, quello dello stesso individuo a potersi esprimere in piena libertà ed anche quello dello Stato di garantire l’ordine pubblico di fronte alle reazioni scatenate dalla satira blasfema? La voce europea sull’argomento non è univoca, anche perché diversi Paesi ancora puniscono penalmente o amministrativamente la blasfemia. Non essendoci un consenso generale su come procedere, la corte europea riconosce sul tema a ogni Stato un adeguato margine di discrezionalità. E’ evidente che il conflitto è tra la tutela di diritti fondamentali: necessario dunque un bilanciamento tra di essi. Sorge qui un’altra domanda scomoda: chi deve bilanciare? Il giudice o il legislatore?

L’argomento è stato affrontato da un altro punto di vista, più sociologico e teologico, dalla pastora battista Lucia Maggi, che ha invitato subito a “uscire dalle reazioni emotive, evitando le generalizzazioni e affrontando la complessità del tema”. Non serve utilizzare schemi semplicisti, che non possono che aumentare l’ “analfabetismo religioso” con cui ormai da tempo siamo confrontati per “l’assenza di informazione religiosa, di cultura religiosa”, per l’incapacità delle “istituzioni religiose di formare una coscienza religiosa educata”. Per la pastora della comunità di Varese “ci si scandalizza della satira e non di quello che la satira attacca”. Quanto sarebbe utile per i nostri ragazzi avere una seria cultura biblica, che permetterebbe di possedere “un alfabeto interpretativo anche della satira! Per la pastora insomma “ci sentiremmo certo meno spiazzati dalla satira, se conoscessimo meglio la Bibbia”.

L’intellettuale Guido Vitale ha potuto osservare da vicino quel che è successo nel mondo ebraico nel 2015 anche a proposito delle reazioni agli attentati parigini. Il direttore di “Pagine ebraiche” ha subito evidenziato che il suo mondo non ha parlato sul tema a una voce sola; se possibile, “ancor meno che in altre occasioni”. E ha portato tre esempi significativi di dichiarazioni di rabbini autorevoli. Incominciamo da Riccardo Di Segni: “Dire che Charlie non piace agli ebrei, beh… bisogna vedere quali ebrei. Ce n’erano due quel giorno in redazione (Wolinski e Cayat) e sono stati uccisi. Gli ebrei a cui non piace (e io sono fra quelli) non si identificano nella sua scurrilità. Questione prima di tutto di buon gusto, prima che di divieti religiosi”. Ephraim Mirvis, Rabbino capo del Commonwealth (in relazione al numero commemorativo a un anno dalla strage): “I giornalisti e i disegnatori di ‘Charlie Hebdo’ hanno un diritto legale, ma non morale, di offendere ogni persona al mondo che crede in Dio caratterizzandolo come un assassino. Ma lo devono fare a condizione di comprendere quanto questo sia offensivo per milioni di persone. Così non pensiamo nemmeno per un momento che il loro contributo possa essere considerato virtuoso o meritevole di lodi. (…) La libertà di parola può essere un diritto, ma solo a condizione di usarla per fare il bene nel mondo”. Molto diversa invece l’opinione del Gran Rabbino di Francia, Haim Korsia: “Esiste una nozione di blasfemia per il credente, ma non possiamo proiettare le nostre interdizioni sugli altri. Se qualcosa è blasfema per me, la evito. Dire che Charlie Hebdo si è spinto troppo in là, significa cominciare a giustificare. Se si comincia a dire “la libertà di stampa, sì, ma’, questo ‘ma’ è colpevole. Non ci possono essere dei ‘ma’: la libertà d’espressione e la libertà di stampa sono i fondamenti della nostra democrazia”.

A mo’ di conclusione Alberto Melloni ha voluto evidenziare ancora una volta da una parte la delicatezza del tema in esame: “Basta pochissimo per sbandare”; dall’altra l’impreparazione dell’Italia ad affrontare l’argomento, considerato come “essa soffra per cinque piaghe”. Abbiamo allora pensato spontaneamente al Rosmini (che però si riferiva alla Chiesa) e abbiamo atteso con curiosità l’enunciazione di tali piaghe. Purtroppo per l’occasione Melloni, invece di snocciolarle con chiarezza una dopo l’altra, si è rivestito del linguaggio assai fumoso e pressappochista tipico degli intellettuali della sua parrocchia quando discettano nel loro cenacolo o si esprimono ex-cathedra. La conseguenza? Non siamo in grado di riferirne dignitosamente. Questo detto, il libro resta consigliabile per chi voglia evitare proprio il …. pressapochismo in materia di blasfemia e dintorni. Vi si ritrovano tra l'altro contributi di rilievo su "Blasfemie e Scritture" (riguardanti sia la Bibbia che il Corano) e di carattere storico ("La satira blasfema antiebraica", in cui c'è largo posto anche per Lutero). Vivace il "Piccolo manuale di blasfemia audiovisiva: dal 'Mistero buffo' televisivo a 'South Park' e indubbiamente interessante "Uno sguardo storico sulla caricatura religiosa in 'Charlie Hebdo'. Per chi ne volesse sapere di più andare su www.rossoporpora.org

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