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Roma, l’ambasciata Uruguayana ricorda lo scrittore-giornalista José Enrique Rodó

L’Ambasciata dell’Uruguay in Italia  presenta un’omaggio a José Enrique Rodó che si terrà il prossimo giovedì 6 aprile alle ore 18:00 presso l’Istituto Cervantes di Roma. Intervengono: Martha Canfield, Docente Università degli Studi di Firenze...

L’Ambasciata dell’Uruguay in Italia presenta un’omaggio a José Enrique Rodó che si terrà il prossimo giovedì 6 aprile alle ore 18:00 presso l’Istituto Cervantes di Roma. Intervengono: Martha Canfield, Docente Università degli Studi di Firenze.Diego Simini, Docente Università del Salento. Carmelo Andrea Spadola, Docente Università di Macerata.Coordina: Sylvia Irrazábal, Addetto Culturale Ambasciata dell’Uruguay in Italia.

José Enrique Rodó nasce a Montevideo il 15 luglio 1871 e presto dimostra la sua precocità: a quattro anni sa leggere e scrivere e si serve della biblioteca di suo padre. La sua poliedrica attività intellettuale si esprime già in gioventù come giornalista, pedagogo e scrittore. Nel 1895, con Víctor Pérez Petit e Carlos Martínez Vigil, fonda la «Revista Nacional de Literatura y Ciencias Sociales». Inizia un’intensa corrispondencia con Menéndez y Pelayo. Due anni più tardi pubblica La Vida Nueva, che contiene due saggi: El que vendrá e La novela nueva; poco dopo vince la cattedra di Letteratura dell'Università di Montevideo. Come collaboratore del giornale politico «El orden», commenta i fatti di attualità e l’intervento degli Stati Uniti nella guerra d’indipendenza di Cuba, che scatena in lui una reazione di netto rifiuto; comincia così a elaborare una visione critica della politica neocolonialista dei vicini del Nord, visione che completerà in Ariel (1900).

Nel 1899 esce un altro opuscolo della Serie La Vida Nueva, dedicato a Rubén Darío in cui lo elogia come poeta ma critica il suo disinteresse per le tematiche americane. Darío apprezza il testo di Rodó fino al punto di inserirlo come prefazione alla seconda edizione delle sue Prosas profanas (Parigi, 1901). Nel febbraio del 1900, ottiene con Ariel un successo straordinario e la seconda edizione esce pochi mesi dopo con prefazione di Leopoldo Alas, Clarín. Nello stesso anno è nominato Direttore della Biblioteca Nazionale di Montevideo.

Segue un periodo di concentrazione nell’attività politica uruguayana, all’interno del Partito "Colorado", e questa attività viene da lui considerata una vera missione nella prospettiva dell'unità del continente ispanoamericano. Nel 1916, la rivista argentina «Caras y caretas» lo nomina corrispondente letterario e con questo incarico Rodó riesce a partire per l’Europa dove intende rimanere a lungo. La cronaca di questo viaggio sarà raccolta nel suo libro postumo, El camino de Paros. A Madrid va a trovare Juan Ramón Jiménez, poi si reca a Barcellona per conoscere la terra dei suoi antenati e infine si concentra in Italia: Genova, Livorno, Pisa, Lucca, Pistoia, Firenze. Qui, stimolato dall’arte rinascimentale e dall’armonia tra classicismo e cristianesimo, scrive il Diálogo de bronce y mármol. Poi si reca a Bologna, a Parma, Modena, Milano e Torino; a dicembre si trova a Roma e a febbraio del 1917 a Napoli, dove scrive Nápoles la española. Il 3 aprile arriva a Palermo e si stabilisce presso il Grand Hotel et des Palmes. È già molto malato di febbre tifoidea e muore il 2 maggio 1917.

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