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Un re allo sbando (King of the Belgians) in sala dal 9 febbraio. Recensione.

Re Nicolas III è una figura istituzionale e poco popolare. Per ravvivare la sua immagine il suo ufficio di comunicazione, gli affianca un regista inglese, ex videomaker di guerra votato ora ai ritratti di famiglie reali, il cui compito è quello di...

Re Nicolas III è una figura istituzionale e poco popolare. Per ravvivare la sua immagine il suo ufficio di comunicazione, gli affianca un regista inglese, ex videomaker di guerra votato ora ai ritratti di famiglie reali, il cui compito è quello di seguirlo nella sua visita di stato a Istanbul.

Apparentemente una cosa semplice, l'inaugurazione di un parco a tema dedicato all'Europa, nella cui Unione lo stato quasi Mediorientale vuole entrare da diversi anni, ma che, a causa di una tempesta solare, diventerà un'odissea, a cui si aggiunge l'annuncio improvviso della secessione della Vallonia, al grido di “Siamo stufi!”. Il re sarà costretto ad abbandonare il protocollo per tornare nel suo paese.

Presentato alla 73a edizione del Festival di Venezia, in concorso, King of the Belgians ha raccolto stupiti commenti elogiativi da quei giornalisti che sono riusciti a vederlo preferendolo alle altre pellicole altisonanti del programma.

In effetti i due registi, Jessica Woodworth e Pete Brossens ci avevano abituati a tempi più lunghi e meditativi e metafore filmiche marcate, come ne La quinta stagione, presentato anche a una Festa del cinema di Roma di qualche ano fa.

Un re allo sbando è invece una commedia: un po' folle, un po' documentaria, un po' poetica. Re Nicolas, che attraversa la Turchia, i Balcani e prende un barcone diretto in Italia, fa il percorso dei disperati che affrontavano nello prima dell'inasprimento dei controlli ai confini dello stato guidato da Erdogan, Nicolas rappresenta anche la metafora dell'Europa, che parla diverse lingue (nella versione non doppiata il re e gli altri personaggi passano senza soluzione di continuità dal fiammingo al francese all'inglese alla gestualità, è consigliata quindi la versione non doppiata) ma che in realtà non conosce tutte le storie che la compongono, a partire da quella, su cui ci si sofferma, dei Balcani.

Il dubbio di Nicolas, di non avere un'identità se non riesce a scrivere il suo discorso è il dubbio dell'Unione Europea, di non riuscire a trovare un equilibrio e una sua identità.

Se lo stesso Belgio è diviso, come può essere unita un'entità in cui i caratteri e le caratteristiche sono così dissimili?

Di grande godimento ironico sono le sequenze girate in Bulgaria, dove è stato girato buona parte del film, con alcuni costumi tipici e atteggiamenti tipici, più i mostri chiamati Kukeri, destinati ad allontanare gli spiriti maligni.

Il percorso liberatorio del re, che passa dal protocollo alla libertà è anche un road movie attraverso la varietà etnica e caratteriale del nostro continente.

Jessica Woodworth, durante la conferenza stampa tenutasi alla Casa del cinema di Roma ha sottolineato come il film sia stato realizzato con un'impronta da documentario, molto improvvisato: agli attori non sono stati consegnati i dialoghi fino al giorno stesso delle riprese e molte scene sono state adattate anche al caso: un gatto che passa, un sindaco senza scarpe ma con parole sagge.

In particolare, la scena in cui appaiono i Kukeri, è del tutto improvvisata e le reazioni, degli attori e di chi guarda, valgono la visione del film.

Un re allo sbando è distribuito da Ubu a partire dal 9 febbraio in versione doppiata e in originale in alcune sale.

Alice Vivona

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