Ferentino, presentazione del libro "I limoni non possono entrare"
Il 25 Gennaio presso la Biblioteca Comunale di Ferentino, dalle ore 17:30, incontro particolarmente interessante con la presentazione del libro "I limoni non possono entrare" di Alessandra Caciolo e Stefania Zanda, che ci porterà dentro la vita di donne che vivono una realtà difficile, complessa e spesso incomprensibile per la maggior parte di noi.
Oggi solo il 4% della popolazione carceraria appartiene al sesso femminile. Le donne, di solito, sono ospitate in sezioni all’interno degli istituti maschili. Spesso, data l’esiguità dei numeri, queste vengono abbandonate a se stesse. Questo libro è il frutto di incontri settimanali, avvenuti nell’arco di un anno, nel carcere di Rebibbia. Tredici storie di donne, tredici storie di vita vera, raccolte e poi raccontate dalla voce di una narratrice immaginaria che snocciola i vissuti, i ricordi e le emozioni di anime ormai invisibili.
"I racconti sono scritti a quattro mani – spiegano le autrici nella premessa – ma ne abbiamo affidato simbolicamente la narrazione a Maria, in omaggio alla prima donna detenuta nel carcere di Sing Sing, condannata a morte e poi salvata. Una donna che rappresenta la speranza, capace di unire le nostre personalità ed i nostri punti di vista, capace di descrivere i luoghi, le persone, le emozioni perché conosce la carcerazione e l’importanza della libertà. Una donna nata due volte, che ha vissuto due vite, dentro e fuori dal carcere, due mondi opposti e paralleli ma che possono sfiorarsi per giungere a toccarsi. Il carcere è un luogo di attesa. Si attende sempre che qualcosa accada, si attende che un permesso venga accordato, l’ora d’aria concessa, il desiderato giorno del colloquio con i familiari. Per sanare l’attesa ci sono le attività che scandiscono le ore, si utilizza il tempo per una possibile rieducazione della detenuta. Il fare è un modo per evadere dalla solitudine e fondamentale è ruolo delle associazioni, del volontariato che tentano di portare il mondo esterno all’interno degli istituti in modo che, un domani, ogni donna possa riprendere in mano la propria vita. In cella si vive insieme ad altre, e quando il fare diminuisce, affiora il senso di colpa che solo con un filo è legato alle azioni commesse. Il dolore che annienta l’anima è la consapevolezza di aver disgregato una famiglia. Questa può essere quella di provenienza o quella che si ha con un compagno e figli. I legami con i propri cari vengono ridotti a sei colloqui mensili, di un’ora ciascuno. Gli affetti, gli abbracci, gli sguardi non possono più entrare nel regno della pena".
Un viaggio nelle umanità che devono ricostruire e riconciliare il loro rapporto con il mondo, dove anche chi giudica, deve cominciare a comprendere e, dove è possibile, perdonare, aiutare ed accogliere nuovamente.