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Colleferro, pericolo inquinamento da PM10, troppi gli sforamenti annui secondo Rifiuti Zero

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO: La lettura del “Rapporto 2013 sull’ambiente” a cura del Comune di Colleferro dal titolo “L’inquinamento è una brutta pagina della nostra storia. E’ ora di strapparla insieme” offre interessanti spunti di riflessione, il...

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO: La lettura del “Rapporto 2013 sull’ambiente” a cura del Comune di Colleferro dal titolo “L’inquinamento è una brutta pagina della nostra storia. E’ ora di strapparla insieme” offre interessanti spunti di riflessione, il più importante è l’ammissione stessa del problema. Il Rapporto si concentra sulla matrice primaria aria e sull’inquinante PM10 (particolato grossolano), escludendo acqua e suolo che completano le altre criticità ambientali del Comune. Le fonti d’inquinamento dell’aria, secondo il Rapporto, sono nel riscaldamento domestico e nel transito dei veicoli a motore, mentre, cementificio, inceneritore e discarica rimangono fuori persino dal ruolo di concause, l’emissione di particolato prodotte, si legge, sono sotto ai limiti normativi. Un dato estendibile anche ad ogni singola caldaia ed automobile di Colleferro, a trasformarle in causa, più corretto parlare di concausa è la loro concentrazione, il rispetto dei limiti normativi, dunque, attiene ad aspetti di legalità non di salubrità, inoltre, i valori limiti dipendono dai criteri adottati se variano, cambiano anche i valori. Per le PM10, infatti, il limite della media annua stabilita dall’Unione Europea (U.E.) è doppio rispetto a quello suggerito dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), mentre, i limiti della media giornaliera sono uguali ma, con l’OMS che non ammette sforamenti nell’anno e l’U.E. 35.

Proprio il numero degli sforamenti annui affliggono il Comune di Colleferro dal 2006 e nonostante un trend in calo, non rientrano nei valori soglia neanche rispetto alle più permissive disposizioni dell’U.E. ponendolo, a tutto il 2013, al di fuori della legalità e salubrità. La scelta di escludere alcuni impianti nella valutazione della qualità dell’aria appare inappropriata anche in base al registro europeo delle emissioni l’E-PRTR (prtr.ec.europa.eu/diffusesourcesair.aspx), strumento a disposizione di ogni cittadino europeo per conoscere la qualità dell’ambiente in cui vive, è disponibile in lingua italiana, individua per nome gl’impianti ed attraverso una scala cromatica di colori quantifica il carico d’inquinanti emessi, consultarlo sarebbe stato certamente utile. E’ sempre un dato U.E. l’incidenza del traffico veicolare sul particolato totale misurato, che mediamente risulta compreso tra il 35-40% e non è credibile che a Colleferro la percentuale residuale sia attribuibile alle sole caldaie, visto anche la stagionalità del loro funzionamento. Disattenzioni, omissioni e dimenticanze casuali? Forse. Di certo tra le righe del Rapporto è possibile coglierne l’approccio, quello del “danno inevitabile”.

Difenderci dal freddo o spostarci in auto inquina, ma anche altre azioni quotidiane hanno lo stesso effetto, quando mangiamo produciamo scarti, quando accendiamo la luce qualcuno deve aver prodotto energia e così via. Un invito a convivere con il danno usando argomenti apparentemente efficaci ed inconfutabili, invece, si tratta del solito e collaudato inganno da proporre nei territori a forte criticità ambientale, la differenza tra fonte del problema e sua possibile soluzione è sufficiente a smascherarlo. Inganno che si tenta di elevare a cultura, la stessa del caso Ilva, plastico esempio di conflitto tra occupazione e salute pubblica e calzante paragone con la conflittualità degl’impianti di casa nostra, per alzare l’asticella della sopportazione sociale sino al punto dell’accettazione passiva del danno. Unica prospettiva offerta è mitigare il danno, non evitarlo, neanche quando possibile. Il Rapporto persevera il modello che ha originato il problema, cerca lo stallo, giustifica l’inevitabilità del danno, un documento, perciò, irricevibile per chi ritiene necessario e possibile rovesciare il paradigma. Un minor impatto ambientale e sanitario senza sostanziali modifiche dello stile di vita è possibile, le soluzioni ci sono ma, per perseguire la salubrità occorre estendere la responsabilità anche alle attività industriali presenti sul territorio, andando oltre la semplice constatazione della legalità ed applicando anche per loro il principio della concentrazione. Percorso possibile con un preciso indirizzo del decisore politico che torni ad assumersi la responsabilità istituzionale di tutelare la salute pubblica, invece di esternalizzarla come scritto nel Rapporto, sugli stili di vita dell’intera collettività. Come si legge nel titolo esporre a rischio la salute è sempre una brutta storia, come per i libri, però, le pagine non si strappano specie se rappresentative una comunità, invece, si può provare a scrivere un nuovo libro all’insegna della sostenibilità.

Con immutato spirito collaborativo

Per Rifiuti Zero Bruno Ghigi

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