Piglio, è un paese a rischio di frane e di alluvioni?
In Italia esistono ben 367 paesi che sono a rischio catastrofe di cui: 160 sono sotto l’incubo dell’alluvione ed altri 207 sono sotto l’emergenza frane.
In Italia esistono ben 367 paesi che sono a rischio catastrofe di cui: 160 sono sotto l’incubo dell’alluvione ed altri 207 sono sotto l’emergenza frane.
Il Lazio ne conta ben 35 arischio frane e ben 32 comuni a rischio alluvione. Lo aveva annunciato Edo Ronchi, ex ministro dell’Ambiente che aveva presentato dopo l’alluvione che colpì Sarno la mappa dell’Italia del dissesto idrogeologico elaborato dalla banca Avi (aree vulnerate italiane per alluvioni e frane).
Nell’annata eccezionale quale fu quella del 1901 e specialmente nel mese di Settembre le piogge torrenziali produssero non lievi danni. Di questi dovunque ne avvennero e sia sotto forma di frane, di spossamenti, di alluvioni, di avulsioni ecc. dappertutto con una certa gravità.
Ora quello che è successo a Piglio cento dodici anni fa (1901-2013) la stessa cosa potrebbe ripetersi nelle falde dello Scalambra e dintorni? E’ la domanda che si pone la popolazione pigliese.
E’ ancora viva a Piglio, infatti, la disastrosa alluvione degli inizi del secolo che portò dallo scoglio dello Scalambra una valanga di terriccio, alberi e materiale vario costituendo, quelle zone che ora rappresentano un rischio per la popolazione che incautamente vive come la collina Pier Fanali. Non per niente gli antichi avevano deciso di edificare il paese sulla collina prospiciente le attuali zone a rischio, arroccandosi attorno al castello medievale.
Il perito agrimensore Francesco Nardi venne incaricato dal Comune di Piglio a redigere una relazione da presentare al Ministero dell’Agricoltura per ricevere un sussidio per riparare i danni subiti in tutto il Paese, causati dalla alluvione del 2 Settembre 1901.
Ne riportiamo il testo:
“Nell’annata eccezionale quale fu quella del 1901 e specialmente nel Settembre le piogge torrenziali produssero non lievi guasti. Di questi dovunque ne avvennero e sia sotto forma di frane, di spossamenti, di alluvioni, di avulsioni ecc. dappertutto con una certa gravità.
Purtroppo il regime delle nostre acque montane è tale da far impensierire per l’avvenire di una parte del nostro splendido territorio! Le condizioni topografiche e altimetriche della regione montuosa aggravate dal perfetto e generale disboscamento sono tutto altro che favorevoli dal salvaguardarci dall’alluvioni e più che mai dai danni che derivano dalla formazione di torrenti impetuosi. La maggior disgrazia poi sta nel fatto naturale che le acque di centinaia di ettari di terreno si riuniscono in un solo torrente. E’ questo il torrente dell’Arringo che avendo origine nei pressi del monte Retafani, alimentato nel suo corso da altri torrenti di non lieve entità, spaventoso attraversa la migliore zona del nostro territorio arrecando dovunque guasti e danni immensi. E’ noto a tutti come questo mostro improvvisato nelle grandi piene costituisca oggetto di curiosità e meraviglia fino a che discende a precipizio dalla montagna, ma arrivato nella parte bassa del territorio (loc. Torretta e Civitella) dove è costretto da più basse e meno resistenti sponde, dove la pendenza del suo letto è di molto attenuata esso è di spavento e di desolazione apportatore temuto!”
Giorgio Alessandro Pacetti