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Elezioni regionali, D'Amato resiste con l'appoggio degli scontenti. Spunta il nome di Bray

Il sindaco di Fiumicino, Montino, continua ad attaccare Zingaretti e a definire l'assessore come il nome migliore per vincere nel Lazio. Intanto Boccia, Astorre e Letta lavorano al nome super-partes

Proseguono le schermaglie interne al Pd laziale, durante la complessa opera di costruzione dell'alleanza elettorale in vista del voto di febbraio, quando si saprà chi prenderà il posto, dopo 10 anni, di Nicola Zingaretti. Il goveratore uscente (dovrebbe dimettersi il 10 novembre) durante l'ultimo fine settimana c'è andato giù pesante nei confronti di chi continua a spingere per la candidatura dell'assessore Alessio D'Amato, definendoli "professionisti della sconfitta". Un'etichetta che non è piaciuta al sindaco di Fiumicino, Esterino Montino. 

Lo scontro a distanza tra Montino e Zingaretti sulla candidatura di D'Amato

Montino, marito dell'ex senatrice Monica Cirinnà - entrambi con il dente avvelenato per la composizione delle liste a Ferragosto prima del voto alle politiche - sabato 5 novembre aveva scritto su Facebook di essere "allibito" dal fatto che Zingaretti "non tenga conto che D'Amato non è un nome inventato da Calenda, ma in campo da luglio scorso e sostenuto da una parte autorevole di militanti e dirigenti del Pd romano, laziale e nazionale". Insomma, un endorsement netto da parte di un veterano del partito locale. Zingaretti, dal canto suo, non ha gradito. "Io non so a chi si riferisse Zingaretti con il suo post di ieri - ha ribattuto Montino il 7 novembre - , ma bollare come ipocriti coloro che la pensano diversamente da lui è davvero troppo. Forse gli ipocriti sono i tanti dirigenti del Pd che da giugno scorso fingono di non vedere e di non sentire". "I sondaggi  - aggiunge il primo cittadino di Fiumicino - ci confermano che D'Amato è il candidato più forte del centrosinistra e può fare la differenza in una fase senz'altro ancora più difficile del 2018 che ci ha visti vincere alla Regione grazie alla divisione del centrodestra".

Il fastidio dei notabili Pd nei confronti dell'assessore alla sanità uscente

Un'ennesima spinta che non farà piacere a chi sta, minuto dopo minuto, provando a chiudere una partita difficilissima con il M5S. Come scrivevamo giorni fa, nel Pd l'atteggiamento di D'Amato - e dei suoi supporters - non stava piacendo ai pezzi grossi. Prima di tutto a Francesco Boccia, responsabile organizzazione del Pd e interlocutore unico di Giuseppe Conte per ricucire i rapporti e portare a casa il campo largo nel Lazio e non solo. Poi anche a Zingaretti stesso, che insieme al suo vice Daniele Leodori ha plasmato il "modello Lazio" tirando dentro Roberta Lombardi e Valentina Corrado, dando stabilità a un governo regionale altrimenti traballante. 

Si prosegue nel lavoro per identificare un civico

Per questo, nonostante la pressione quotidiana che arriva da una parte del Pd - in particolare da Base Riformista, la corrente più penalizzata alle politiche secondo i suoi esponenti di spicco - e da un potenziale alleato come Carlo Calenda, la segreteria regionale del Pd e i vertici nazionali lavorano alla definizione di un accordo con il M5S. Accordo che passa per l'individuazione di un profilo civico super-partes che spazzi ogni velleità e che eviti le primarie interne al centrosinistra. Uno dei nomi sui quali confermano ci sia un certo fermento è Massimo Bray.

Chi è Massimo Bray

Leccese, 63 anni, nonostante sia stato eletto nel 2013 nelle fila del Pd non viene visto come uomo di partito. E' stato ministro dei Beni Culturali del governo Letta e assessore alla Cultura della Regione Puglia tra il 2020 e il 2021, dimettendosi per motivi personali. Professore di storia dell'editoria a Napoli, scrittore, editore, lasciò il Parlamento per tornare a lavorare in Treccani. Difficile pensare che possa andare in porto a breve, ma il tempo stringe e le dimissioni di Zingaretti daranno un'accelerata non indifferente. 

Il piano B: tornare alle primarie del centrosinistra

Nel frattempo, come detto, c'è chi preme per le primarie. "Lo dice chiaramente il nostro statuto" ha scritto Montino nella sua replica a Zingaretti, "con tutte quelle forze libere e progressiste che non intendono consegnare il Lazio alle destre". E chissà che non sarà questa la strada su cui tornare, qualora saltasse la ricerca di un civico e quindi l'alleanza con il M5S. A quel punto D'Amato con l'appoggio di Calenda e Base Riformista, Leodori con AreaDem, la capogruppo della Civica Zingaretti Marta Bonafoni per la sinistra ecologista e femminista extra Pd, magari anche Enrico Gasbarra con l'appoggio di Goffredo Bettini potrebbero essere i nomi che i militanti Pd troveranno sulle schede. 

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