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Ottaviani replica all’editorialista di Repubblica: “Ma se tu sei rimasto Merlo, la colpa è della Ciociaria?”

Contro il giornalista che ha accostato l'ex premier Conte a Teodosio definendolo "ciociaro" in maniera spregiativa, ecco il sarcasmo del sindaco di Frosinone: “Spero possa spiccare il volo in barba alle sue penne poco pregiate”

Il sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani replica a Francesco Merlo, editorialista de la Repubblica, che ha accostato Conte a Teodosio definendolo "ciociaro" in termini spregiativi. "Davvero credette - ha scritto nel suo articolo intitolato "Quel che resta di Conte" - di poter fare l'imperatore di Roma pur essendo un ispanico, un provinciale, un burino, un ciociaro". Così, prendendo spunto dal compianto direttore sportivo ciociaro Mario Iacobucci, il primo cittadino del Capoluogo ciociaro: "Ma se tu sei rimasto Merlo, la colpa è della Ciociaria?’, sperando che, prima o poi, possa spiccare il volo in barba alle sue penne, evidentemente poco pregiate". 

La replica di Ottaviani a Merlo

“Ancora una volta, sedicenti esponenti dei sottoprodotti culturali della editoria nazionale invocano, a sproposito, la terra di Ciociaria per accostarla a denigrazioni gratuite, effettuando voli pindarici che nulla hanno a che vedere, peraltro, con alcuna figura retorica e letteraria. Il buon – si fa per dire – Francesco Merlo, mostrando di essere digiuno di storiografia, avrebbe dovuto documentarsi prima di accostare le gesta dell’imperatore Teodosio a ‘…un provinciale, un burino, un ciociaro’, se non altro per scoprire che fu proprio la mano insanguinata dell’imperatore Teodosio che pose fine alla vita di papa Silverio, relegato a morte sull’isola di Palmarola, il quale poi sarebbe divenuto, insieme a papa Ormisda, uno dei due santi patroni del nostro capoluogo. E allora, per rispondere a Francesco Merlo, potrebbe invocarsi l’aneddoto di vita reale, che vide interprete, circa 30 anni fa, un altro ciociaro, noto in tutta Italia, per essere uno dei direttori sportivi maggiormente conosciuti, rispondente al nome di Mario Iacobucci. Ebbene, una sera in cui si trovava a cena in un albergo di Venezia, ove appunto ricopriva l’incarico di Ds calcistico, mentre chiedeva al cameriere di versargli altri mestoli di brodo caldo, veniva ripreso da quest’ultimo, che si rivolgeva a lui con la ricorrente espressione ‘va ben, terùn’. Dopo aver ricevuto, per la terza o quarta volta, l’irriguardosa attenzione del ‘va ben, terùn’, Mario Iacobucci afferrò al gomito l’addetto alla sala, rivolgendogli, di rimando, l’interrogativo ‘Senti un po’! Ma se tu sei nato cameriere, la colpa è la mia?’.

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