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Roma, Il referendum e l'Economist: tornare all'austerity?

di Luigi Gentili L'Economist, in noto settimanale inglese, ieri si è schierato per il no al referendum del 4 dicembre. La motivazione ufficiale? L'Italia dovrebbe occuparsi principalmente delle riforme strutturali, come la giustizia e...

di Luigi Gentili

L'Economist, in noto settimanale inglese, ieri si è schierato per il no al referendum del 4 dicembre. La motivazione ufficiale? L'Italia dovrebbe occuparsi principalmente delle riforme strutturali, come la giustizia e l'istruzione. Prima lo fa e meglio è, per se stessa e per l'Europa.

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La riforma introduce inoltre l'uomo forte al governo, anche se eletto, in un paese vulnerabile al populismo montante. Il settimanale inglese critica l'attuale sistema elettorale, sostenendo che il premio di maggioranza dell'Italiscum è di stampo autoritario: consentirebbe a chiunque di governare grazie al consenso di una minoranza. Lo scenario che si aprirebbe è problematico, e l'Economist consiglia a Renzi di dimettersi qualora vincesse il no. Ciò non sarebbe una catastrofe, come molti giornali esteri hanno scritto. Il suo posto dovrebbe essere preso da un governo tecnico.

E' sorprendente che un giornale affermato come l'Economist si abbandoni a questi luoghi comuni. La riforma dovrebbe occuparsi di problemi strutturali, come se il superamento del bicameralismo perfetto, o la riforma del titolo V della Costituzione non lo fossero. Trasformare un parlamento lento e affannoso in una camera capace di funzionare non è una riforma strutturale? Le ripercussioni che si avrebbero nella politica e nell'economia non sono importanti per l'Europa, che godrebbe dei vantaggi di una nazione importante come l'Italia che finalmente torna a funzionare? Il fatto poi che l'autoritarismo abbia il sopravvento appare ancora più sconcertante. La riforma costituzionale amplia i poteri del premier? riduce quelli del presidente della repubblica, della corte costituzionale o della magistratura? La risposta è No. I contropoteri restano così come sono. Allora dov'è questo autoritarismo?

Lo stesso discorso vale per il governo tecnico. Ipotizzare un Monti bis, al posto di Renzi, è un'assurdità. Una tecnocrazia basata su tasse e austerity, in un momento come questo, sarebbe una vera catastrofe. Oltre che essere anticiclico, sul fronte economico, sarebbe anche antipopolare sul fronte politico. Le tasse in Italia sono già altissime, dobbiamo continuare ad aumentarle? In questo momento occorre una politica economica espansiva, capace di sostenere gli investimenti produttivi e abbattere la spesa improduttiva. La ricetta inglese in salsa tedesca, stile Merkel, è insostenibile. E' una contraddizione che va oltre la logica aristotelica. Oggi forse un governo tecnico sarebbe più utile all'Inghilterra, alle prese con il post Brexit .

Il nostro Paese ha bisogno di credibilità. E' questa che ci rende competitivi e accreditati. Se vincesse il no, i nostri Partner europei ci percepirebbero come deboli e inaffidabili. I mercati potrebbero prenderla male. Questo però sarebbe il male minore. Oggi l'Italia può finalmente crescere in Europa e sostituire l'Inghilterra che è uscita, ma per farlo deve essere autorevole. Non ci serve una tecnocrazia sterile, ma un governo in grado di funzionare e un parlamento che lo sostenga. La riforma costituzionale può permettere questo, contrariamente a quanto affermato semplicisticamente oltre la Manica.

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