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Roma, una città in "decrescita"

di Luigi Gentili Il declino di Roma sembra ormai inarrestabile. La città scivola al n.88 tra i luoghi dove si vive peggio. E' quanto emerge dall'ultima classifica annuale sulla qualità della vita di Italia Oggi e dell'Università La Sapienza.

di Luigi Gentili

Il declino di Roma sembra ormai inarrestabile. La città scivola al n.88 tra i luoghi dove si vive peggio. E' quanto emerge dall'ultima classifica annuale sulla qualità della vita di Italia Oggi e dell'Università La Sapienza.

La ricerca si prefigge di tracciare un quadro delle migliori località per affari e lavoro, ambiente, criminalità, disagio sociale, popolazione, servizi finanziari e scolastici, salute, tempo libero e tenore di vita. Il primato va a Mantova, seguita da Trento e Belluno. Crotone invece è la città dove si vive peggio, sebbene il tenore di vita viene ritenuto accettabile. Il livello della qualità della vita, secondo l'indagine, è insufficiente nel sud e nelle isole, anche se tutte le grandi aree urbane indietreggiano, ad eccezione di Torino. Anche se Milano e Napoli perdono colpi, cedendo rispettivamente 7 e 5 posizioni, la prestazione peggiore spetta però a Roma.

In un anno la Capitale perde 19 punti. Ambiente e criminalità sono i lati più negativi, ma Roma peggiora anche nel disagio sociale, servizi scolastici, sistema salute e tenore di vita. La Capitale finisce, per la prima volta, accanto alle provincie del Mezzogiorno. Una crescente vulnerabilità, quindi, causata da varianti di natura economica, quali la carenza di una politica in grado di affrontare la ristrutturazione produttiva in atto e problemi strutturali, tutt'ora irrisolti. A Roma gli investimenti produttivi si sono fermati, già da tempo, e il sistema economico sembra avviato verso la declino.

La proposta di Bilancio di Previsione 2017-2019, presentato dalla giunta capitolina, sembra assecondare questo trend. Non esiste un piano di investimenti produttivi. Ad eccezione dei trasporti, metropolitana in primis, non c'è traccia di stanziamenti per il mondo produttivo. In più vengono tagliati i fondi per la cultura, la scuola e l'ambiente, tre asset centrali su cui si fonda la competitività dell'economia romana. La politica della decrescita, in una fase di declino economico, può danneggiare profondamente la città. Mentre vengono sbandierati i principi della "trasparenza" e della "partecipazione", i valori della "crescita" e dello "sviluppo" sono totalmente assenti.

Senza una politica di investimenti produttivi, Roma rischia di ripiegarsi su se stessa. Lo sviluppo di una città passa attraverso la riqualificazione dell'esistente. E' assolutamente indispensabile incentivare la crescita dei poli produttivi, delle filiere industriali e commerciali, dei servizi avanzati ma anche il recupero delle aree economiche dismesse e abbandonate. Roma ha un immenso patrimonio pubblico in disuso che occorre valorizzare.

Se ciò non avviene, è il degrado a regnare. In questi giorni si è parlato molto della "volgarità" del centro storico, un tempo salotto di Roma e oggi suk con negozi di souvenir, pizzerie a taglio, mini market e friggitorie. Il commercio di basso livello sta uccidendo il patrimonio artigianale delle strade più belle e dei vicoli dei bottegai. I locali di mescita e di ristoro, negli ultimi anni, sono saliti da 1.400 a quattromila. E' un degrado che abbruttisce anche le aree monumentali, da piazza Navona a Borgo Pio, da Fontana di Trevi a Trastevere. Che fare? Indubbiamente si tratta di un effetto della decrescita economica di Roma, e per questo sono utili le richieste di regolamentazione sul decoro della città. Queste da sole, però, non bastano, sarebbero solo un palliativo se contemporaneamente non si torna a parlare di strategia economica e di un piano industriale diffuso e sostenibile. Questa è una delle sfide più importanti che Roma dovrà affrontare.

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