Sanità pubblica, Zingaretti libera le esternalizzazioni. Ugl sul piede di guerra
Secondo il sindacato le attività mediche non possono essere affidate a soggetti esterni diversi da quelli destinatari dell'autorizzazione all'esercizio e dell'accreditamento istituzionale
Zingaretti libera le esternalizzazioni, il sindacato Ugl sul piede di guerra. "Le attività mediche delle strutture sanitarie - scrive la presidente Ugl Rosa Roccatani in una nota - ,non possono essere esternalizzate o comunque affidate a soggetti esterni (persone fisiche o giuridiche) diversi da quelli destinatari dell’autorizzazione all’esercizio e dell’accreditamento istituzionale.
Conseguentemente, possono essere esternalizzate o comunque affidate a soggetti esterni (persone fisiche o giuridiche) le sole attività di servizi generali di supporto (servizi: cucina, lavanderia, sterilizzazione, disinfezione) nonché quelli di trasporto infermi e frigo emoteca”; Revoca anche il punto che entra nel merito alla “Gestione delle risorse umane”, dispone: “E' indispensabile che tutti i ruoli e le posizioni funzionali siano ricoperti da personale in possesso dei titoli previsti dalla normativa vigente.
Fatti salvi i casi diversamente disciplinati dal presente provvedimento, tutti i ruoli e le posizioni funzionali previsti nelle strutture sanitarie devono essere ricoperti da personale proprio della struttura, in possesso dei titoli previsti dalla normativa vigente, escludendo il ricorso all’esternalizzazione o comunque all’affidamento dell’attività o parti di essa a soggetti esterni (persone fisiche o giuridiche) Con tale provvedimento, se bene interpretato dalla UGL sanità, cessano obblighi e regole disciplinanti il SSR e la sanità pubblica assume definitivamente connotato privatistico. A significare, liberalizzazione all’esternalizzazione del servizio sanitario pubblico – liberalizzazione di tutti i ruoli e delle posizioni funzionali previste. A significare che, la revoca delle citate norme, abrogano l’ultimo tassello che garantiva stabilità lavorativa e diritti dei lavoratori professionisti. A significare un salto indietro di almeno 60 anni, forsanche di più, quando il posto di lavoro lo assicurava il politico di turno, in cambio della rinuncia della libertà politica ideologica.