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Mercoledì, 24 Aprile 2024

VIDEO | Depuratore non in regola, tre arresti per inquinamento

A finire ai domiciliari anche il manager Riccardo Bianchi il presidente della A&A, la società che gestisce l'impianto di purificazione del Consorzio Cosilam. Le indagini dei Carabinieri Forestali partire nel 2018 e coordinate dal magistrato Emanuele De Franco

Inquinamento ambientale, arresti domiciliari per Riccardo Bianchi, presidente della A&A la società che si occupa della gestione del depuratore Cosilam nel Cassinate, l'ingegner Roberto Orasi, direttore area tecnica (difesi dagli avvocati Sandro Salera e Domenico Marzi) ed il tecnico Amedeo Rota difeso (dall'avvocato Giuseppe Igliozzi).

L'indagine del dottor De Franco

Tre le misure di custodia cautelare emesse dal Gip di Cassino su richiesta del magistrato Emanuele De Franco coordinato dal procuratore capo Luciano d'Emmanuele ed eseguite dai militari del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale (N.I.P.A.A.F.) del Gruppo Carabinieri Forestale di Frosinone. Sei le persone indagate. 

L’ordinanza di applicazione di misure cautelari reali e personali consiste in 3 arresti domiciliari, un obbligo di dimora e un divieto di dimora, nonché il sequestro del depuratore consortile nel Cassinate: agli indagati viene contestato il reato d’inquinamento ex art. 452 bis del codice penale. Sono in corso perquisizioni domiciliari. I fatti contestati risalgono al 2020 – 2021, derivanti da un fascicolo aperto nel 2018, e riguardano la società che gestisce il depuratore consortile che convoglia i reflui di alcune aziende e comuni del cassinate.

Ecco cosa è successo

Dall’odierna mattinata i militari del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale (N.I.P.A.A.F.) del Gruppo Carabinieri Forestale di Frosinone stanno eseguendo un’ordinanza di applicazione di misure cautelari reali e personali emanata dal GIP presso il Tribunale di Cassino, su richiesta della competente Procura della Repubblica di Cassino, e consistenti in 3 arresti domiciliari, un obbligo di dimora e un divieto di dimora, nonché il sequestro di depuratore consortile nel cassinate, per il reato d’inquinamento ex art. 452 bis del codice penale. Gli arresti domiciliari sono stati disposti per l’amministratore delegato, per il responsabile impiantistico e per il responsabile dell’area tecnica della società che gestisce il depuratore consortile.

L’obbligo di dimora è stato disposto per l’ex project manager e il divieto di dimora per l’ex responsabile dell’impianto di depurazione. I fatti contestati risalgono al 2020 – 2021 e riguardano la società che gestisce il depuratore consortile, che convoglia i reflui di alcune aziende e comuni del cassinate. In particolare sono stati svolti campionamenti sul corso d’acqua Rio Pioppeto, nel quale il depuratore scarica i propri reflui, sia presso lo scarico finale dell’impianto sia a monte e a valle di detto scarico. Dagli accertamenti svolti emerge innanzitutto la continua, e significativa, violazione dei limiti tabellari stabiliti per i reflui dello scarico finale del depuratore consortile; in secondo luogo i campionamenti a monte e a valle hanno rilevato fortissime differenze qualitative delle acque del Rio Pioppeto, proprio in riferimento ai parametri riscontrati nel reflui di detto scarico; infine, anche visivamente, lo stato del corso d’acqua si mostrava colmo di schiume e melme, spesso accompagnato da forti odori. 2 In particolare le analisi svolte da Arpa Lazio hanno restituito dei risultati allarmanti: nel punto di scarico sono stati ripetutamente superati i limiti dei parametri COD1 (in un caso superiore più di 20 volte il limite), BOD52 (in un caso superiore più di 50 volte il limite), Solidi sospesi3 (in un caso superiore più di 50 volte il limite), Alluminio4 (in un caso superiore più di tre volte il limite), Solfiti5 (superiore anche più di 9 volte il limite), Solfuri (superiore quasi 4 volte il limite). A valle dello scarico le analisi svolte da Arpa Lazio rilevano una qualità dell’acqua peggiore rispetto a quella a monte dello scarico: COD (in un caso superiore più di 2440 volte il valore a monte), BOD5 (in un caso superiore più di 2900 volte il valore a monte), Solidi sospesi ( in un caso superiore più di 1470 volte il valore a monte), Alluminio (in un caso superiore più di 1221 volte il valore a monte); inoltre, ci sono rilevanti differenze nei valori dei parametri Fosforo totale (in un caso superiore più di 344 volte il valore a monte), Boro (in un caso superiore più di 204 volte il valore a monte), Ferro (in un caso superiore più di 895 volte il valore a monte), Piombo (in un caso superiore di 9 volte il valore a monte), Zinco (in un caso superiore di 100 volte il valore a monte), Azoto ammoniacale (in un caso superiore più di 7 volte il valore a monte) e Rame (in un caso superiore 24 volte il valore a monte).

Le attività tecniche e le indagini degli operanti hanno dimostrato come la descritta situazione sia ben nota agli indagati, i quali non solo erano edotti circa il superamento dei limiti tabellari riguardo gli inquinanti immessi nel corpo recettore Rio Pioppeto, ma anche delle cause dovute alla provenienza di reflui in entrata presso l’impianto in quantità tali da arrecare criticità alla funzionalità del depuratore. In una occasione, infatti, il depuratore si presentava colmo di melme e fanghi, la cui provenienza era dovuta, secondo gli stessi indagati, ad un’azienda che scarica i propri reflui nella rete consortile.

In tale contesto si è registrata l’inerzia degli indagati sulle modalità necessarie per evitare che lo scarico dell’impianto inquinasse il fiume. Il GIP di Cassino ha così disposto non solo le misure cautelari personali citate, ma ha anche disposto il sequestro del depuratore consortile, affidando la gestione ad un amministratore giudiziario.

Il commento delle associazioni ambientaliste

"Il sequestro del depuratore Cosilam unitamente alle misure cautelari disposte, ci ripagano, come associazioni ambientali, di anni di duro lavoro. Eravamo certi che le nostre preoccupazioni e le nostre denunce avessero solide basi - spiega in una nota  Andrea Vizzaccaro - ma ciò nonostante, spesso, ci siamo scontrati con l’indifferenza, l’arroganza e a volte la maleducazione di coloro che erano stati chiamati, non per meriti o per competenze,  alla guida degli enti e delle società che gestiscono l’impianto in parola. Ricordo ancora quando nel corso di un acceso confronto, presso la sede del Cosilam, alla presenza delle associazioni di volontari, ilDirettore dell’AeA ci minacciò di denunciarci per procurato allarme, si proprio così, procurato allarme disse.

Eravamo e siamo forti delle nostre ragioni, gli sversamenti dei reflui industriali nei corsi fluviali adiacenti hanno rappresentato per anni un attentato all’ambiente circostante nonché alla salute di noi tutti. Ora attendiamo con fiducia, il corso della giustizia –un doveroso grazie da parte mia e di tutti i volontari agli inquirenti ed alle forze dell’ordine per il prezioso lavoro-, da parte nostra continueremo ad essere vigili, non consentiremo che gli interessi economici di alcuni prevalgano sui diritti costituzionalmente garantiti".

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